Ilva, su Comune di Taranto e Regione Puglia un pressing esagerato e senza precedenti

È un pressing esagerato e senza precedenti quello che sta subendo l’intera città di Taranto in questi giorni: governo, sindacati e poteri economici uniti nel contrastare con tutti i mezzi le iniziative che il governatore Emiliano e il sindaco Melucci hanno assunto per difendere il diritto alla salute dei cittadini.

Neanche nel 2012, in pieno sequestro degli impianti, vi fu una presa di posizione così marchiana e partigiana in difesa dell’Ilva. In quel caso, probabilmente, le mosse della magistratura facevano meno paura dell’attuale ricorso al TAR da parte degli amministratori locali.

La capitolazione dei Riva e le conseguenti problematiche di gestione dell’acciaieria vennero risolte con un primo decreto salva Ilva che aprì la strada ad un modus operandi del governo andato avanti per anni che non trovò alcun ostacolo efficace a contrastarlo da parte di chi amministrava la città e la Regione.

Dal 2012 ad oggi tantissimo denaro pubblico bruciato negli altiforni e un piano di risanamento ambientale e di ammodernamento degli impianti riscritto più volte, senza che gran parte degli interventi ritenuti essenziali (copertura parchi minerali, interventi sulla falda, bonifiche amianto) venissero portati a termine o addirittura iniziati.

E, in una città con un’amministrazione locale sonnacchiosa e tentennante, non potevano certo bastare le proteste dei pur numerosi cittadini stufi di subire inquinamento e danno sanitario, a fermare i piani di un governo determinato nel voler salvare la grande acciaieria.

È bastato però che un sindaco e un presidente di Regione cominciassero ad agire concretamente a tutela dei cittadini che rappresentano perché all’improvviso venissero a galla in modo netto e inconfutabile tutte le debolezze di un piano industriale ed ambientale che evidentemente fa acqua da tutte le parti, tanto da rischiare una bocciatura in sede di Tribunale Amministrativo Regionale.

Non si spiega altrimenti la grande preoccupazione del ministro Calenda e dei sindacati più vicini ai piani del governo nell’affrontare il giudizio di una corte che certamente non è formata da ambientalisti integralisti e sfascisti di professione.

Se il piano ambientale concordato con AM Investco Italy e indicato nell’ultimo decreto è stato scritto così bene, come Calenda afferma, certamente il TAR rigetterà il ricorso di Melucci ed Emiliano e quindi si potrà procedere nel passaggio dell’Ilva alla nuova gestione senza alcuna interferenza.

Ma se per caso la il Tribunale Regionale dovesse accogliere anche solo in parte il ricorso, tutti i nodi verrebbero al pettine: non si potrebbe più far finta di nulla e tutte le problematiche legate alla convivenza di un’industria come Ilva affianco alla città di Taranto andrebbero affrontate davvero.

Certamente questo sarebbe un problema enorme da affrontare da parte del governo. Il TAR potrebbe per esempio imporre tempi più brevi per l’attuazione del piano ambientale, oppure potrebbe imporre future riduzioni di produzione in base al danno sanitario accertato o previsto.

Nel caso più estremo si potrebbe arrivare alla chiusura degli impianti, ma questa è una ipotesi che nessuno crede possibile, considerando la proverbiale prudenza dei Tribunali Amministrativi. In ogni caso, una eventuale interferenza dei giudici, potrebbe scoraggiare il gruppo Mittal e basta già questo rischio a rendere nervosi ministri e sindacalisti.

Ma fino a che punto è lecito un pressing istituzionale che si fa quasi ricatto verso un’intera città e chi la rappresenta? Taranto fino a che punto deve sacrificarsi per il bene della nazione? Siamo quindi destinati a subire perennemente danno ambientale e sanitario senza poterci difendere con tutti i mezzi legali a disposizione?

Bene hanno fatto Melucci ed Emiliano a presentare il ricorso: finalmente sono state palesate tutte le debolezze e le incongruità di un piano ambientale forse inadeguato. Invece di minacciare crisi occupazionale, fuga degli investitori, tragedie nazionali, il governo entri nel merito delle criticità ripetutamente denunciate in questi anni e decida se affrontarle davvero con l’intenzione di risolverle definitivamente, anche a costo di modificare completamente i piani industriali nazionali.