La transizione cinese passa dal Nord-Est

La transizione cinese passa dal Nord-Est

FOCUS – È l’ora delle riforme in Manciuria

Imprese di stato improduttive, indebitamento, ingerenze politiche e falsificazione di dati statistici hanno caratterizzato l’andamento economico del Nord –Est cinese negli ultimi anni. Le tre province di quella regione, storicamente chiamata Manciuria, hanno rappresentato l’avanguardia dell’industrializzazione nazionale in due occasioni: nella prima metà del Novecento e negli anni ’50-’60 quando il paese cercava il rilancio dopo un secolo di divisioni. Liaoning, Jilin e Heilongjiang sono oggetto di attenzione da parte della politica con l’obiettivo di rilanciare una zona che in passato aveva costituito una delle eccellenze dell’economia nazionale. Nel 1978, infatti, all’alba della riforma verso il mercato, il solo Liaoning rappresentava quasi il 10% della produzione industriale cinese ed era la terza economia provinciale più grande, dopo le molto più popolose Shandong e Jiangsu. Continua a leggere →
di Filippo Fasulo

 

SUDCOREA – La “nuova mappa” di Seoul per rilanciare il Dongbei

La regione del Nord–Est della Cina (Dongbei) è storicamente un’area di intensi scambi con la penisola coreana date la vicinanza, le affinità linguistiche e culturali, l’abbondanza di risorse naturali e la concentrazione di infrastrutture manifatturiere e di trasporto. Continua a leggere →
di Francesca Frassineti
 

 

RUSSIA – Due corridoi e un ponte per giocare la carta di OBOR

Tra gli attori esterni maggiormente coinvolti nel rilancio del Nord–Est spicca la Russia, con cui la Cina condivide un confine di oltre 4.000 km, interessata a sua volta ad attrarre gli investimenti cinesi da destinare alla Siberia e alle province dell’Estremo Oriente russo. La crisi in Crimea ha spinto Mosca a focalizzare l’attenzione verso Est, quindi coinvolgendo nei suoi progetti anche le tre province cinesi del Dongbei. La legge sul porto franco di Vladivostok firmata dal presidente russo nel 2015 ha come obiettivo quello di aumentare il giro d’affari con i paesi dell’Asia–Pacifico, per esempio attraverso due corridoi di trasporto internazionali Primorye-1 e Primorye-2 che dovrebbero portare circa 1,7 miliardi di dollari all’anno nelle casse di Mosca entro il 2030. Nel lungo periodo i ricavi per Pechino saranno ancora maggiori, perché le province dell’Heilongjiang e del Jilin, senza sbocco sul mare, saranno connesse al Mar del Giappone: Primorye-1 andrà da Harbin (Heilongjiang) verso i porti russi di Vladivostok, Nakhodka e Vostochny mentre Primorye-2 collegherà Changchun (Jilin) con il porto russo di Zarubino. Questo permetterà alle merci provenienti dalle due province cinesi di non dipendere più da un unico canale, quello di Bohai Bay, per essere esportate, riducendo così i costi e i tempi e fungendo inoltre da valvola di sfogo per la capacità produttiva in eccesso del Dongbei. Una volta collegato attraverso il Mar del Giappone ai principali porti meridionali della Cina, il Nord–Est cinese potrà integrarsi nella One Belt, One Road (OBOR) e aprirsi a un mercato estero molto più ampio. Oltre ai piani sul lungo–medio termine, le possibilità di interconnessione fra il Nord–Est cinese e il Far East russo – un’area dove la presenza delle comunità cinesi all’estero è molto forte – potrebbero presto avere un’accelerazione grazie all’inaugurazione di un ponte sul fiume Amur il prossimo giugno, dopo che tentennamenti da parte russa avevano causato ritardi. Questo ponte rappresenterebbe l’unico valico del suo genere lungo il confine orientale tra Russia e Cina.

 

HEILONGJIANG – Il lungo inverno del carbone

Il difficile bilanciamento tra la promozione della transizione verso un’economia più verde, tecnologica e sostenibile e la necessità di mantenere un tasso di crescita del Pil adeguato alle condizioni economiche locali e alla produzione di energia per il riscaldamento sta portando benefici alla provincia dell’Heilongjiang. La Banca Asiatica d’investimento, infatti, ha accordato un prestito di 310 milioni di dollari a quattro città – Hegang, Jixi, Qitaihe e Shuangyashan – che hanno tradizionalmente basato la loro economia sull’attività estrattiva del carbone e che negli ultimi anni hanno pagato le scelte ambientali di Pechino che hanno causato la perdita di 100.000 posti di lavoro. I fondi verranno utilizzati per promuovere lo sviluppo delle piccole e medie imprese e per contrastare i danni ambientali causati da decenni di attività estrattive. A questo progetto collaboreranno anche la Banca europea degli investimenti con 220 milioni di dollari e attori finanziari e istituzionali con ulteriori 491 milioni di dollari. Tuttavia la volontà cinese di ridurre l’utilizzo del carbone – sia per venire incontro ai propositi di riduzione delle emissioni concordati a Parigi, sia per contrastare l’inquinamento atmosferico – deve confrontarsi con le scarse riserve di gas naturale e con la necessità di combattere il freddo invernale. La scelta di passare rapidamente da impianti a carbone a impianti a gas ha causato gravi disagi alla popolazione del nord della Cina e porterà le autorità a rivedere i tempi di transizione da un sistema all’altro, dando respiro all’industria carbonifera su cui ancora si basano molti posti di lavoro.

 

 

L’IMPRESA – Eldor: “Con innovazione e auto ibrida vinciamo nel Liaoning”

“Focus Cina” intervista in ogni numero un imprenditore italiano che ha avviato un’attività nelle province cinesi. Dopo una precedente chiacchierata nel 2015 abbiamo contattato il Board member e Corporate Supply Chain Director di Eldor Corporation Luca Forte per chiedergli come è evoluto lo scenario regionale alla luce delle dinamiche della politica locale e internazionale, e dell’avvio del piano di riqualificazione industriale Made in China 2025. Proprio in quest’ottica, l’esperienza di Eldor è cruciale per capire come sia possibile combinare con successo la competenza tecnologica italiana con la domanda di prodotti avanzati in Cina. Leggi l’intervista →
 

PREVISIONI SACE – L’automotive nel motore dell’export italiano in Cina

I primi dieci mesi del 2017 hanno segnato un +7,7% per l’export italiano nel mondo. Tra i mercati di destinazione che maggiormente hanno trainato questa performance positiva troviamo la Cina, paese in cui le imprese italiane hanno esportato tra gennaio e ottobre circa 11,1 miliardi di euro di beni, segnando un +24,2% rispetto allo stesso periodo del 2016. Di questi 2,1 miliardi di incremento, 815 milioni provengono dal solo settore dell’automotive che ha segnato quasi un raddoppio delle vendite (+80%) diventando il secondo settore per importanza (precedentemente lo erano i prodotti della moda che, dopo la meccanica strumentale, rappresentavano i prodotti italiani più esportati in Cina). Continua a leggere →
di Giovanni Salinaro
 

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