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CULTURA ITALIANA NEL MONDO - ITALIA/BRASILE -IL NEOCONCRETISMO DI LYGIA PAPE ALLA FONDAZIONE CARRIERO DI MILANO

(2019-03-28)

Dal 28 marzo al 21 luglio 2019 la Fondazione Carriero presenta - a Milano, Fondazione Carriero Via Cino del Duca 4 - Lygia Pape, a cura di Francesco Stocchi, prima mostra personale mai dedicata da un’istituzione italiana a una delle maggiori esponenti del Neoconcretismo in Brasile, organizzata in stretta collaborazione con Projeto Lygia Pape.

A quindici anni dalla scomparsa di Lygia Pape (Rio de Janeiro, 1927-2004), la Fondazione Carriero intende raccontare e approfondire il percorso dell’artista brasiliana sottolineandone in particolare l’eclettismo e la poliedricità. Nell’arco dei quarantacinque anni della sua carriera, Pape si è confrontata con una molteplicità di linguaggi – dal disegno alla scultura, dal video al balletto, sconfinando nell’installazione e nella fotografia – facendo propria la lezione del modernismo europeo per poi fonderlo con le istanze della cultura del suo Paese, fino ad arrivare a una personalissima sintesi tra le pratiche artistiche. Seguendo l’architettura della Fondazione, la mostra rappresenta un vero e proprio viaggio nel mondo dell’artista, che si articola in diversi ambienti, ciascuno deputato all’approfondimento di un aspetto del suo lavoro attraverso la presentazione di nuclei di opere realizzate tra il 1952 e il 2000. La mostra propone un’occasione di conoscenza, analisi e confronto con un’artista la cui pratica contiene alcune delle ricerche chiave dell’arte del secondo dopoguerra.

Il lavoro di Lygia Pape presenta una particolare declinazione del modernismo, dove la figura umana acquisisce centralità e il linguaggio si apre alla sensualità, in una sorta di sincretismo artistico che riesce ad attrarre e far convivere mondi diametralmente opposti. Il rapporto con la sua terra natale, il Brasile, si fonde con lo studio delle istanze del costruttivismo russo, assorbito e riformulato in un linguaggio multiforme e originale. Mentre il modernismo europeo propone il superamento del passato tramite un sistema organizzato di teoria e metodo, di rigore e razionalità, la proposta modernista di Lygia Pape si nutre della sua cultura d’origine e riesce a muoversi e trasformarsi più liberamente traendo ispirazione dalla natura e dall’uomo. Il risultato di questo processo dà vita a un corpus di opere che, alchemicamente, miscela diversi mezzi espressivi, stimolando tutti i canali percettivi fino a reinventare il rapporto tra opera e spettatore in un’ottica fortemente contemporanea, per cui il percorso verso il futuro è veicolato dall’istinto e dall’assenza di un processo preordinato.

La mostra Lygia Pape offre ai visitatori l’occasione di avvicinarsi alla produzione dell’artista e osservarla da molteplici punti di vista, a partire dall’analisi della sua ricerca, una sintesi tra invenzione e contaminazione, da cui emergono colore, gioia e sensualità. Il pieno e il vuoto, la presenza e l’assenza convivono ponendo in risalto la figura di Pape e la sua continua sperimentazione, supportata dalla capacità di fondere in maniera inedita materiali e tecniche mediante l’utilizzo di modalità espressive e linguaggi non convenzionali. Il complesso della sua produzione evidenzia infatti come ogni nuova ricerca nasca e si sviluppi come naturale evoluzione delle precedenti. Queste connessioni sono messe in risalto dall’allestimento delle opere in mostra, che si articolano negli ambienti della Fondazione e rimangono legate a una radice comune; il filo conduttore trova la sua origine nell’osservazione della natura e nella sua traduzione in segno.

Tra le opere esposte troviamo ad esempio Livro Noite e Dia e Livro da Criação, alcuni dei suoi principali lavori, libri intesi come oggetti con cui entrare in relazione che condensano esperienze mentali e sensoriali. I Tecelares, la serie di incisioni su legno in cui si fondono tradizione popolare brasiliana e ricerche costruttiviste di origine europea. E ancora, Tteia1, la celebre installazione che racchiude tutta l’indagine di Lygia Pape sui materiali, la tridimensionalità e la costante propensione all’innovazione e reinterpretazione del suo linguaggio.

Ancora oggi il suo lavoro offre interessanti strumenti per interpretare le istanze del nostro presente con un approccio meno intriso di regole e più orientato alla spontaneità, che già l’artista aveva adottato come chiave di lettura per rappresentare il mondo che ci circonda.

Lygia Pape si inserisce coerentemente nel percorso iniziato dalla Fondazione Carriero con imaginarii (settembre 2015), FONTANA • LEONCILLO Forma della materia (aprile 2016), FASI LUNARI (ottobre 2016), PASCALI SCIAMANO (marzo 2017), Sol Lewitt. Between the Lines (novembre 2017-giugno 2018, co-curata con Rem Koolhaas) e Giulio Paolini. del Bello ideale mostre curate da Francesco Stocchi il cui punto cardine è l’approccio dialogico e la tensione costante verso ricerca e sperimentazione.
La mostra è resa possibile grazie alla stretta collaborazione con Projeto Lygia Pape e a prestiti provenienti da prestigiose istituzioni pubbliche e importanti collezioni private.

La mostra è  accompagnata da un catalogo (italiano e inglese), edito da Koenig Books, curato da Francesco Stocchi, che raccoglie testi critici, materiale di archivio e immagini delle opere allestite negli spazi della Fondazione Carriero.

Estratto dal testo in catalogo di Francesco Stocchi:

"La mostra mira a rappresentare l'elasticità e la flessibilità del pensiero di Lygia Pape, presentando una selezione di opere che benché copra l’arco di tutta la sua carriera, non vuole rappresentare uno studio retrospettivo. La selezione evita esplicitamente l'intreccio di Pape con il Cinema e, nello specifico, la collaborazione con il Cinema Novo, i suoi Oggetti di Seduzione, così come il rapporto tra didattica e il suo lavoro. Gli spazi della Fondazione contribuiscono all'assegnazione delle opere, suggerendo una suddivisione per ambienti e alimentando ogni stanza con un carattere proprio e autonomo. La selezione di opere dimostra come il suo lavoro si intrecci in uno schema atemporale e permetta allo spettatore di confrontarsi esperienzialmente con il "salto fenomenologico" presente nel suo lavoro: dalle prime xilografie, i Tecelares - che Pape non considera incisioni ma "spazio di tessitura del filato"- agli interventi nello spazio reale, dalle superfici piatte al movimento, dal piano all'oggetto quali rappresentazioni dell'aumento dei sensi. Estremamente ricco ed eclettico, il gesto rimane della massima importanza: il gesto non meccanico dei Tecelares alla ricerca della luce, il gesto performativo allegorico e simbolico in O Ovo e Divisor, in contrasto con la "Manipolazione" conoscenza-gesto dello spettatore che interagisce con i Libri (do Tiempo, do Criaçao, da Noite e Dia). La fluidità con cui Lygia Pape si sposta da un medium all'altro, il fatto che lavorasse sempre con due o più medium contemporaneamente, e la proposta del Tteia che viene considerato come l'epitome del suo linguaggio artistico (il primo Tteia, fu concepito nel 1979) mostrano che anche la cronologia delle sue opere potrebbe presentare letture plausibili diverse da quella consequenziale. Pape afferma: "Non faccio mai un lavoro legato a un particolare periodo, ma piuttosto a una specifica forma di conoscenza che cerco di materializzare".

L’opera di Lygia Pape può essere percepita al meglio nella sua condizione fluttuante, ed è nel passaggio tra segno e apparizione che si rivela il pensiero di un’artista curiosa, impaziente, capace di offrire sintesi inedite a contrapposizioni mai veramente risolte, quali il rapporto tra linguaggio e forma, tra logica preordinata e sensibile, tra pensiero e corpo. L’apparente semplicità di forme, il ricorso a un’economia di mezzi, l’opera collettiva senza l’autore costituiscono l’assenza di cui la sua composizione si fa veicolo. Pape strattona lo spettatore, lo scuote rendendolo partecipe in un’orchestrazione dal carattere ambivalente, che trascende i limiti offerti dalla descrizione. Queste oscillazioni verso il vuoto, inteso come vibrazione di significato, spiegano la passione di Pape nei confronti dell’Aiku, veicolo della sua fascinazione verso l’Oriente.

Il desiderio di fare incontrare sia gli opposti che i distanti, la propulsione a conferire all’assenza eguale valore che alla presenza, si rivolge alla concezione stessa di Pape verso l’atto creativo e il ruolo che questo ricopre. Nel non riconoscersi nel termine “artista” (“non mi piace essere chiamata artista, il mio è un lavoro senza nome”), si libera di ogni possibile etichetta che possa ostacolare il libero arbitrio, nella ricerca di un linguaggio inedito, che informa, non comunica. Tale propulsione nei confronti del nuovo, della costruzione più in generale, è da iscriversi nel panorama artistico brasiliano degli anni ’50. Come in altre parti del Sud America quali Argentina e Venezuela, in Brasile si diede voce a una percezione altra, quella derivante da una "crisi dei medium e della rappresentazione" che promosse sia innovazioni formali che nuove concezioni dell'oggetto artistico, del suo osservatore e della loro relazione reciproca.
La consapevolezza di vivere in un contesto subordinato non rappresentava una ragione per cui Pape si sentisse intimidita. Al contrario, le dava la forza dell'interpretazione originale, non limitandosi a un linguaggio di reazione. Piuttosto che proporre una corrente esotica o aderire a una nuova visione del modernismo o del canone occidentale più in generale, Pape riesce a proporre un linguaggio altamente personale e innovativo: cooperazione e mutualità tra apparenti opposti, non solo nel suo lavoro o nel discorso artistico del tempo, ma in una più ampia concezione dell’arte come condotta vitale.

L’impulso di sovrastare il rispetto verso le strutture rigide è presto manifesto nella serie Tecelar (1956-58), xilografie che recuperano lo studio percettivo di Albers intrapreso nel suo ritorno alla stampa durante gli anni del Black Mountain College.  Pape si concentra sull’esplorazione della percezione ottica dello spettatore, sulle linee e i piani e il modo in cui lavorano le une con gli altri. Il controllo e l’accuratezza dell’esecuzione della linea incisa nella materia portano a far emergere la porosità e vibrazione del legno nelle aree non lavorate, che diventano forma. Una geometria viva che, volta a liberarsi dalla sistematizzazione del pensiero, trova nell'ambivalenza della relazione tra figura e sfondo, nel sensoriale che sostituisce il ragionato e la parola come forma, i principi che porteranno all’ investigazione del pensiero neo-concreto." (28/03/2019-ITL/ITNET)

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