Il mito della caverna di Platone in salsa social

Il mito della caverna di Platone in salsa social

Editoriali - Mala tempora currunt. Tempi di intolleranza, di maleducazione, di guerra aperta al diverso. Un male che contamina tutto e tutti, anche i casti e puri. Forse e soprattutto i casti e puri, o perlomeno coloro che pensano di essere tali. Ognuno ha la sua realtà e guai a turbarla.

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Mala tempora currunt. Tempi di intolleranza, di maleducazione, di guerra aperta al diverso. Un male che contamina tutto e tutti, anche i casti e puri. Forse e soprattutto i casti e puri, o perlomeno coloro che pensano di essere tali. Ognuno ha la sua realtà e guai a turbarla.

Il rischio è di finire come l’uomo che cerca di raccontare le cose ai vicini sul fondo della caverna. Questi alla fine lo prendono e lo fanno a pezzi. Come appunto racconta bene il mito della caverna di Platone. In questi giorni su La Fune abbiamo riportato notizie di cronaca che riguardano cittadini provenienti da Paesi dell’Africa o del Sud America, che purtroppo si sono resi protagonisti di gesti di violenza verso altre persone. Ci siamo resi conti di un fenomeno che ci ha lasciato perplessi e che ci ha spinto ad aprire una riflessione interna.

In pratica diversi lettori de La Fune hanno iniziato a criticare la pubblicazione di queste notizie. Alcuni in maniera educata, altri partendo in quinta con la forza (dei deboli) dell’insulto, della messa in discussione professionale della scelta. Tutti professori di giornalismo, esperti di comunicazione, media, etica e chi più ne ha più ne metta. Gente preparatissima, non lo mettiamo in dubbio, e che di sicuro se avesse allenato la Nazionale quest’anno in Russia la Coppa del Mondo l’avremmo vinta noi.

Abbiamo cercato di capire le ragioni di questa ostilità. Abbiamo quindi visionato i profili Facebook di chi provava rifiuto e avversione, in diversi casi anche aggressiva, verso il gesto di pubblicare simili notizie e ci siamo resi conti che queste menti “critiche” condividono tutte una stessa visione del mondo sulla questione migranti.

Ora però c’è un ulteriore scatto. Come si arriva, quale passaggio logico scatta, nella mente di chi ritenendo l’accoglienza un valore e bene sommo (posizione politicamente legittima) inizia a insultare o mettere in discussione la credibilità (qualche fenomeno particolarmente illuminato, al limite della folgorazione, ha parlato anche di strategia sbagliata e di omologazione de La Fune ai giornali viterbesi) di un giornale che pubblica una notizia di cronaca?

Perché quelle notizie non andavano pubblicate? Perché accusare chi lo fa di non essere un giornalista? Tentare di screditarlo pubblicamente? Abbiamo tentato di darci una risposta a questo fastidio. Tendiamo sempre più a circondarci di cose e informazioni assonanti con la nostra visione delle cose e i social, Facebook in primis, ci assecondano in questo. Così uno di Casapound visualizza quando apre Facebook tutti post contro “l’invasione degli immigrati” e uno dei centri sociali tutti post che parlano di “quanto sono razzisti quelli che non accolgono, etc”. I social come la caverna di cui parla Platone. Ed è qui, in quest’abitudine, in questa gabbia cognitiva, si sviluppa il germe dell’intolleranza.

Intolleranza che non è solo quella verso il diverso ma anche contro chi pensa diversamente, contro chi riporta cose che rischiano di minare la nostra visione del mondo perfettina. In tutto questo naturalmente non c’è realismo e il rischio è di non confrontarsi più ma scontrarsi. Di dividere il mondo in “brave persone” e “cattive persone”, “intelligenti” e “stupidi”. E pensare sempre che i bravi e gli intelligenti sono quelli identici a noi, allineati, e gli stupidi e cattivi gli altri. Insomma c’è del marcio un po’ ovunque e c’è sempre del marcio in chi insulta o cerca di screditare un giornale per le cose che racconta. A patto che queste, naturalmente, rispondano a fatti realmente accaduti.

Foto Fisioterapy Center

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