Don Tonino santo a furor di popolo? Non sarà così, non proprio così: per la Chiesa non basta, anche se questo «moto dal basso» - come lo ha definito ieri mons. Galantino, segretario generale della Cei - è sicuramente una spallata a quanti continuano a considerarlo invece un vescovo scomodo, confondendo però la sua ostinazione per la pace come un banale pacifismo.
Per la gente don Tonino è già santo. La causa di canonizzazione, dopo la fase diocesana, è aperta ora in Vaticano e ieri il vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, mons. Luigi Angiuli, non a caso ha precisato davanti al Papa che è «auspicio ardente» che la santità venga riconosciuta dalla Chiesa. La risposta? La stessa visita di Bergoglio pellegrino nei luoghi di don Tonino è una risposta chiara, netta ed eloquente.
Ma il Papa è andato ben oltre. Il primo gesto di legittimazione e di riconoscimento di questa santità è dato da Francesco raccolto in preghiera solitaria sulla tomba ad Alessano e poi ancora in preghiera liturgica a Molfetta, con i vescovi della Puglia e non solo e oltre quarantamila fedeli stipati tutt’intorno al porto sotto un sole già estivo.

Il Papa non sarebbe venuto in Puglia per la seconda volta in un mese dopo la visita al santo Padre Pio, se non ci fosse stato don Tonino; e non ci sarebbe stata neppure tutta quella mobilitazione, quella partecipazione così assorta e devota, senza la presenza tuttora palpabile dell’insegnamento semplice di don Tonino.
Papa Francesco ha tuttavia colto l’occasione per approfondire i temi della sua ultima esortazione apostolica, la Gaudete et exsultate, segnalando don Tonino come modello e testimone potente della Chiesa fatta di «santi della porta accanto». Se la gente invoca don Tonino santo subito, il Papa ne restituisce ai fedeli l’insegnamento: tutti possono essere santi nelle occupazioni di ogni giorno, nelle proprie case o sul posto di lavoro, nei rapporti interpersonali: sempre. La santità non è appannaggio di singoli, non è un premio per pochi, ma l’impegno per tutti.

Per sei volte il Papa ha citato testualmente don Tonino nella sua omelia durante la messa solenne celebrata a Molfetta. Sei volte. E tutto il suo discorso ad Alessano è stato un ricamo attraverso le riflessioni di questo vescovo «profeta di speranza», «pastore fattosi popolo» che con il suo esempio richiama tutti a essere «sempre e dovunque costruttori di pace».
Più volte è risuonata ieri ad Alessano e a Molfetta l’invocazione a vivere la «Chiesa del grembiule», cioè fatta di servitori mai indifferenti alle povertà, alle guerre, alle sofferenze degli ultimi. Citando don Tonino, Bergoglio ha chiesto una Chiesa «non mondana, ma al servizio del mondo». Singolare e subito applaudito il suo appello ad affiggere sulle porte delle chiese diocesane di Molfetta un avviso con il «marchio di fabbrica del cristiano», lo ha chiamato così. Sulle porte delle chiese il Papa chiede di scrivere un monito: «Vivere per gli altri».

E poi le parole che risuonano come canonizzazione già acclarata: «don Tonino davanti al tabernacolo imparava a farsi mangiare dalla gente». Così come ad Alessano, insistendo sull’urgenza dei poveri «ricchezza della Chiesa», si è rivolto direttamente a lui, il vescovo di cui ieri ricorreva il giubileo del dies natalis, osannando: «Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda».
Ecco: il pontefice ha dato ieri una dimensione planetaria alla predicazione umile di un vescovo di provincia, non a caso perciò acclamato dallo stesso Papa come «profeta di speranza». Tanto è vero che all’impegno infaticabile di questo prete di frontiera, minuscolo eppure gigantesco, poi diventato pastore di una diocesi affacciata sul mare, il Papa ha agganciato il monito rivolto ai potenti. Apprezzando quel mare, a venti metri dal palco, ha benedetto il Mediterraneo: questo «storico bacino di civiltà, non sia mai un arco di guerra teso, ma un’arca di pace accogliente».

I luoghi di don Tonino, peraltro, costituiscono la traccia del suo insegnamento pastorale. Il Papa, onorandoli, li ha consacrati omaggiando l’intera Puglia: «Una vocazione di pace appartiene a questa meravigliosa terra di frontiera». I luoghi, dunque: il Salento, ieri ventoso come sempre, territorio di confine, finestra su quel mare benedetto; e poi Molfetta, sede del pontificio seminario regionale, culla delle vocazioni della Chiesa pugliese.
Partendo da don Tonino, Bergoglio ha spronato ad essere come lui «sorgenti di speranza, di gioia, di pace». Questa è insomma la santità di don Tonino.

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