Le famiglie arcobaleno? Non esistono. Aveva esordito così, in un’intervista al Corriere della Sera, il neo ministro per la Famiglia e le Disabilità – nonché vicesegretario federale della Lega – Lorenzo Fontana. La dichiarazione, com’era prevedibile, aveva suscitato un mare di polemiche e di reazioni critiche, tanto da indurre il vice premier Matteo Salvini ad un intervento immediato e rassicurante per chiarire che si trattava di opinioni personali del ministro e che non essendo il tema delle unioni civili ricompreso tra quelli del “contratto di governo” non vi era all’orizzonte alcuna revisione dello status quo.
Questione risolta? Assolutamente no.

Ieri, nel corso di un’audizione alla Commissione Affari sociali della Camera – questa volta, dunque, in una sede istituzionale – Fontana ha rincarato la dose, affermando che le norme vigenti vietano il riconoscimento della genitorialità ai fini dell’iscrizione nei registri di stato civile di bambini concepiti all’estero da figli di coppie dello stesso e che pertanto il Governo si attiverà per vietare tali iscrizioni. Questa volta Salvini è intervenuto tempestivamente – in un question time al Senato – per confermare tale volontà, aggiungendo di aver chiesto un parere all’Avvocatura dello Stato prima di emanare una circolare restrittiva destinata a tutte le prefetture.

La vicenda, in realtà, è tutt’altro che pacifica, almeno sul piano giuridico.
Alla base, bisogna ricordarlo, c’è una legge monca, orfana come molti ricorderanno della stepchild adoption. Una legge che non si occupa della sorte di eventuali bambini adottati dalle coppie arcobaleno. Non un divieto, dunque, ma un’assenza di regolamentazione su un profilo fondamentale della vita di coppia che ha ingenerato – inevitabilmente – un’attività di supplenza della magistratura. Vari tribunali, difatti, hanno autorizzato la trascrizione. Non tutti, tanto che pende innanzi alla Consulta un giudizio di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 2 (diritti inviolabili), 3 (eguaglianza dei cittadini), 24 (diritto di agire in giudizio), 30 (dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio) e 117 Cost. (rispetto degli obblighi internazionali derivanti dalla Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo). Sarà quindi la Corte costituzionale, piuttosto che le iniziative – estemporanee o programmate che siano – degli uomini di governo, a fare chiarezza sul punto; quella stessa Corte secondo la quale il concetto di famiglia è duttile e risente dell’evoluzione della società e dei costumi (Corte cost., sentenza 138/2010). Salvo che, naturalmente, non si voglia rimettere mano alla pur imperfetta legge sulle unioni civili.

Sul piano politico, peraltro, c’è da riscontrare un non inedito atteggiamento double face nell’attuale maggioranza. Se da un lato, infatti, la Lega sembra attestarsi fondamentalmente su una linea passatista, quando non omofoba, dall’altro i Cinque Stelle offrono un ventaglio di posizioni che vanno dall’atteggiamento apertamente volto a tutelare le coppie omosessuali – è il caso dei sindaci di Roma e Torino, Virginia Raggi e l’“apripista” Chiara Appendino (che ha sottolineato ieri sera di essere orgogliosa della scelta fatta e che continuerà nelle registrazioni) – a quello di Luigi Di Maio, senza dubbio più cauto, contraddetto sempre ieri dalla netta presa di posizione del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega alle Pari opportunità Vincenzo Spadafora, con il perentorio invito a «fermare la propaganda» rivolto al suo collega di governo Fontana. All’epoca dell’approvazione della legge Cirinnà, del resto, fu indetta una consultazione on line che vide prevalere il sì all’intero impianto del provvedimento sulle unioni civili, stepchild adoption compresa. Grillo e Di Maio, tuttavia, in quella circostanza preferirono lasciare libertà di coscienza ai singoli parlamentari.

Si tratta, è vero, di questioni etiche e di per sé divisive. Tuttavia, siamo di fronte in questo caso ad una polifonia dissonante che stenta a trovare una sintesi, a divenire armonica come l’azione di governo richiede. Da qui dichiarazioni contraddittorie – molto probabilmente ne arriveranno altre a mitigare o a smentire le prese di posizione di Fontana e Salvini nelle prossime ore e nei prossimi giorni – rispetto a un tema nodale nell’ambito delle competenze attribuite al dicastero per la Famiglia. E che non rientri nel “contratto di governo” poco importa.

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