Fra i tanti problemi creati dalla consultazione del 4 marzo, c’è però un aspetto positivo ed è la spinta a guardarci intorno, a considerare come e quanto sia cambiata quest’Italia di cui siamo parte. È una verifica non più rinviabile se si vuole capire non solo quel che è accaduto, ma anche quali prospettive si aprono, quali sono i bisogni di una società che è mutata a sua insaputa. Qualcuno, analizzando i risultati elettorali, ha detto che 5Stelle e Lega hanno intercettato le paure degli italiani e non i loro bisogni. Può darsi, giacché da sempre l’uomo vive combattendo la sua insecuritas. Però questo non è coerente con il fascino esercitato dal reddito di dignità; non è coerente con la composizione dei gruppi sociali che hanno fatto pendere la bilancia dalla parte dei due partiti vincitori.
Non è coerente con la scomparsa della sinistra, i cui elettori sono protagonisti di una diaspora silenziosa che ne ha decretato il tramonto.
In maniera altrettanto silenziosa sono scomparsi dalla scena politica, e quindi anche dal dibattito pubblico, i cattolici, intesi non come credenti soltanto, ma come politici animati da una forte identità religiosa e a questa ispirati. Il flop elettorale di tutti i candidati di questa provenienza è stato più che evidente.

Alla vigilia del voto il cardinale Camillo Ruini, fine mente politica della Chiesa, aveva paventato il rischio di una «irrilevanza dei cattolici». Ed è ciò che è avvenuto: all’apertura delle urne la sera del 4 marzo, fra le molte istantanee fornite dallo spoglio dei voti, c’era anche l’immagine di una presenza sbiadita del popolo credente. Cosa non da poco per un Paese - almeno sulla carta - profondamente cattolico, osannante nei confronti di un Papa pur arrivato dall’altra parte del mondo, devoto a una quantità industriale di Santi e con più ore di feste patronali che di lezioni scolastiche. Perché i cattolici sono stati fatti fuori dalla scena politica, che pure avevano dominato per un cinquantennio? Solo perché è venuto meno l’appoggio esplicito delle gerarchie ecclesiastiche? Con uno di quei singolari paradossi che la Storia sa creare, in ottobre sarà proclamato santo Paolo VI, il Papa che sancì la fine del collateralismo e che morì portandosi nella tomba il dolore per la morte di Aldo Moro.

In un’analisi del voto fatta dalla Radio Vaticana, quello dei «cattolici osservanti, quelli che vanno a messa una volta a settimana, tende ad assomigliare al voto generale degli italiani», ha spiegato Luca Comodo, direttore del dipartimento Politico Sociale dell’Ipsos. «Nel segmento del voto cattolico, rimangono prevalenti i movimenti definiti di carattere populista, dunque il M5S è il primo partito col 31% ovvero due punti circa sotto il livello nazionale. E un ottimo risultato lo ottiene anche la Lega, col 15,7%», conclude Comodo. La «irrilevanza» paventata dal card. Ruini è originata dunque dal venir meno di un gruppo sociale distinguibile, caratterizzato dalla pratica spirituale. La fede, il proprio credo religioso non sarebbero più caratteristiche identitarie di consistenti gruppi di persone. Anche se questa analisi sembra scontrarsi con l’effetto Lega al Nord e con il plateale gesto di Salvini che in piazza a Milano ha «giurato» da premier sul Vangelo. Ma qui occorre distinguere, senza cadere nella trappola leghista della religione sbandierata come valore irrinunciabile, ma in realtà finalizzata a mascherare le tendenze xenofobe. Perché se così non fosse, le chiese del Settentrione dovrebbero essere più piene di quelle del resto del Paese, fenomeno che nella realtà si verifica esattamente al contrario.

Se prendiamo per buona la definizione di società liquida coniata da Zygmunt Bauman, dobbiamo dire che anche la religione è ormai liquida. Non solo dal punto di vista della pratica (sacramenti, messa, ecc) ma soprattutto dal punto di vista dei contenuti. Ciascuno sembra avere ormai un cattolicesimo fai da te, adattabile su misura a quello che si è o ci si sente in quel momento. Un fenomeno spinto dalla diffusione della logica dell’attualità propagata da Internet e anche dalle numerose aperture in materia dottrinale arrivate grazie al cosiddetto «metodo Francesco». La tendenza al fai da te, al mettere sullo stesso piano qualsiasi opinione è figlia della mentalità immanente del web. Non è un caso se Internet in questa campagna elettorale sia stato lo strumento principe della propaganda, massicciamente e cinicamente utilizzato proprio dai due partiti vincitori. Gli spazi elettorali desolatamente vuoti, quando in passato era stato necessario fare leggi per sanzionare le affissioni selvagge, la dice lunga sul ruolo svolto dalla Rete e su quanto lo spirito generato da questi strumenti abbia permeato e cambiato la nostra società. Sarebbe stato strano se in un contesto siffatto i «cattolici» avessero avuto una rilevanza. Anche la Chiesa, come i partiti, dovrebbe prendere atto che c’è un Paese in gran parte nuovo e sconosciuto che sta emergendo e cercando spazio.

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