BARI - Duecento euro per un pezzo di marciapiede da «battere» ogni giorno che Dio manda in terra. Poi la ronda dei «papponi» che a bordo di un’auto berlina di marca svedese fanno salire le ragazze alla fine del turno e le riportano a casa. E poi quell’amore a pagamento, a prezzi modici, non è l’unica merce in vendita. «Se vuoi coca, se vuoi erba, amore, dimmelo pure. Ho i contatti giusti. Roba di prima qualità. Tutto sicuro». In viale Pasteur, la sera, non si vende solo sesso. Al business dello sfruttamento della prostituzione, si aggiunge quello dello spaccio a volte veicolato dalle stesse donne che offrono ai clienti un servizio in più. Tutto questo avviene sotto gli sguardi irritati della gente che in quella strada vive e che assiste impotente e infastidita allo struscio di belle ragazze seminude, alla processione dei clienti. Alla presenza vigile ma discreta degli sfruttatori.

E qualcuno non si limita ad osservare dal balcone di casa ciò che avviene per strada. «Ho chiesto ad una di queste ragazze se le fosse possibile per lei e le amiche spostarsi, andare altrove e mi sono sentito rispondere “No signore, io per stare qui pago 200 euro e devo guadagnare se no sono guai”» ha raccontato alla «Gazzetta» un residente. Lo sfruttamento funziona anche così: tu paghi e io ti cedo un pezzo di strada. Una specie di tassa criminale per l’occupazione del suolo pubblico.

Schiava, passeggiatrice, sex worker, escort. La prostituzione ha molte facce. Dietro ogni prostituta c'è un mondo. Una donna con i suoi trascorsi, i suoi guai, in molti casi la sua schiavitù. Parlare di prostituzione in un'ottica di genere significa partire da questo presupposto, analizzando le condizioni sociali e psicologiche di partenza che conducono, ancora oggi, decine e decine di donne a Bari a vendere il proprio corpo per denaro.

A Bari sono soprattutto vittime di tratta, non prostitute. La maggior parte delle donne che si prostituisce si trova alle dipendenze di uno sfruttatore. È qui che entra in gioco la prima importante distinzione, queste donne non sono prostitute ma «prostituite».

Quello che più inquieta è che intorno alla presenza delle prostituite si vanno sviluppando a Bari dinamiche «aziendali» economiche e sociali. Sta crescendo un indotto composto da appartamenti ceduti con regolare contratto di locazione in cui trovano ospitalità le ragazze; attività di assistenza e accudimento, previo compenso. Servizi catering a domicilio, trasporto e assistenza logistica. Una realtà che muovi interessi economici destinati non solo a riempire le tasche di chi muove le fila di questo mercato ma anche dei baresi «insospettabili» disposti ad offrire beni e servizi. Aumenta il numero delle prostitute «on the road» e in particolare di quelle di nazionalità romena.

A Bari i romeni hanno soppiantato gli albanesi, una volta padroni incontrastati delle piazze del meretricio. Anzi, in base a un dossier del Ministero dell’Interno, le bande di romeni e nomadi «sembrano ripercorrere, in modo più rapido, le tappe evolutive che hanno caratterizzato l'escalation della malavita albanese». Alcune delle loro specialità: sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù.

Alcune di queste ragazze, si legge in una relazione investigativa, sono minorenni, vengono comprate per 300-400 euro in Romania e picchiate dai loro protettori se non guadagnano abbastanza E la periferia barese, lentamente si sta avvicinando al centro. Japigia. Madonnella, San Giorgio, Stanic, Libertà, Picone hanno le loro strade a luci rosse gestite soprattutto dalla malavita nigeriana, romena e albanese. Le donne romene occupano poco meno del 40% del «mercato», poi ci sono le nigeriane, 30%. Il resto sono albanesi, bulgare, ucraine e italiane. Sì per strada sono tornate anche loro, le italiane. Cinesi, sudamericane e ancora italiane appartengono a quel 35% che riceve i clienti in casa (il restante 65% consuma viceversa gli incontri all’aperto).

Gli sfruttatori romeni sono spesso molto ben inseriti, alcuni hanno lavori «regolari», molti agganci.

I clienti? Soprattutto italiani. Quelli stranieri, peggio se romeni o albanesi, spesso non vogliono pagare, le derubano. E basta poco perché diventino violenti. Venti, trenta euro per dieci minuti, 50 euro per venti. Niente perversioni e sesso protetto. Le donne cercano di stare insieme, in zone possibilmente non troppo isolate. Per strada si incontra di tutto, ubriachi, drogati, malviventi, gente fuori di testa. Viale Pasteur con i suoi palazzi che svettano guardando in tutte le direzioni è più protetta. Difficile fare brutti incontri.

Nuove indagini e controlli da parte delle forze dell’ordine sullo sfruttamento stanno interessando quella specie di grande bordello a cielo aperto che comprende lo stadio San Nicola, le complanari della Statale 16, e poi ancora la zona di Carbonara. I luoghi del sesso a pagamento, come già detto, si stanno lentamente espandendo, fagocitando nuove zone come l’area compresa tra via Matarrese, via Tatarella, via Bellomo e via Bitritto, le proprietà ed i terreni compresi tra strada Santa Caterina e via Bruno Buozzi. Qui si compra e si vende sesso a cielo aperto. La notte prende il posto del giorno e cambiano i volti, le storie. Qui vivono le donne in vecchie villette e casolari, presi in fitto dai loro sfruttatori.

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