MARILENA PASTORE

ANDRIA - «Finalmente riabbracceremo nostro fratello. Non ci sembra possibile che questa tragedia sia capitata alla nostra famiglia. Stentiamo ancora a credere che Mario sia morto così».

Angoscia e dolore nelle parole di Paky Simone, fratello di Mario ex carabiniere in congedo di 51 anni ferito mortalmente in una rapina, in circostanze ancora tutte da chiarire, in Brasile il 17 novembre scorso a Igarapè-Miri (Regione del Parà). L’arrivo della salma in Italia è previsto per domani sera; le esequie, invece, giovedì 14 dicembre alle ore 10 nella chiesa SS. Trinità. Ad occuparsi della vicenda è stata l’ambasciata italiana in Brasile e la Farnesina. Tantissime le difficoltà burocratiche per il rimpatrio della salma che la famiglia di origine di Mario ha dovuto affrontare. Nelle scorse settimane aveva anche incontrato la stampa per denunciare la mancanza di supporto da parte delle istituzioni. E invece, grazie poi all’interessamento di alcuni esponenti politici prima locali e poi nazionali la situazione sembra essersi risolta, almeno per il rientro della salma. Prudenza manifesta però il fratello Paky: la speranza è che una volta atterrato a Roma non ci sia un ulteriore stop da parte degli organi inquirenti. Lo stesso ci dice che la procura della repubblica di Roma ha avviato le indagini per questo caso ancora avvolto nel mistero. In particolare si sta cercando di appurare le cause reali della morte di Mario: le ferite inferte o la precaria assistenza sanitaria che gli è stata riservata?

Il decesso sembra sia dovuto a setticemia, secondo quanto riferisce Packy Simone. L’agguato è avvenuto il 17 novembre, la morte è sopraggiunta dopo una settimana di agonia in ospedale, all’Hospital metropolitano di Alameda BR. Assieme alla salma tornerà in Italia anche l’altro fratello Rino, luogotenente dei carabinieri in Toscana, che è andato di persona in Brasile appena giunta la notizia del mortale agguato. «Mario era un cittadino italiano che si era trasferito lontano per fare una vita dignitosa- ribadisce Paky Simone - Faceva i suoi lavori, proteggeva le persone più deboli, aveva una compagna e proteggeva i due figli piccoli di lei che aveva tolto dalla strada. Avevano progettato di andare via da lì e trasferirsi in Argentina. Ma non ce l’hanno fatta. Mio fratello aveva denunciato più volte le situazioni di pericolo in cui si era trovato. Il nostro dolore è anche per loro adesso rimasti soli lì, senza alcuna protezione».

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