di Anna Musacchio

SAVOIA DI LUCANIA - (Potenza) - Non basterebbe essere cattolici, condurre una vita conforme ai dettami della fede, aver compiuto i sedici anni ed essere in possesso di tutti gli altri requisiti richiesti dal diritto canonico per essere ammessi all’incarico di padrino o madrina, nel comune potentino di Savoia di Lucania, a fare la differenza sarebbero le tessere che si custodiscono nel portafogli.

Su questo il parroco don Pompeo Monaco sarebbe stato chiaro «se sei iscritto all’Arcigay non puoi fare da padrino o madrina». Lo avrebbe detto sabato scorso ai genitori ed ai ragazzi nel corso di un incontro di preparazione al sacramento della Confermazione che verrà impartito il prossimo mese di novembre. Un veto che è da subito suonato assurdo alle orecchie della vice presidente dell’Arcigay di Basilicata Antonella Giosa, che a Savoia di Lucania vive con la sua famiglia e che, quella sera, era presente alla riunione in veste di genitore. La Giosa, nel corso dell’incontro, prova subito a chiedere spiegazioni al parroco «è questa - chiede - la Chiesa che include ed accoglie? Quella che vuole Papa Francesco?». Ma niente da fare, il divieto di don Pompeo è perentorio, così arrivata a casa decide di denunciare tutto in un post su Facebook «non per avere solidarietà dai compaesani, che non c’è mai stata, né per far capire al parroco che ha detto un mucchio di sciocchezze, la cosa che mi fa soffrire - scrive la Giosa - è che abbia pronunciato simili parole alla presenza di adolescenti che hanno preso per buone simili amenità».

Un atto discriminatorio vero e proprio che «non deve essere taciuto», a parere della Giosa che lancia un appello a «non smettere di indignarsi» perché ne va del futuro di un’intera comunità. «Non sta scritto da nessuna parte che i tesserati dell’Arcigay, tra i quali si contano anche tanti etero che credono nei valori dell’uguaglianza e della giustizia sociale, non possano fare da padrini a battesimi e cresime – precisa alla Gazzetta la vicepresidente della sezione lucana che porta il nome di don Marco Bisceglia, prete lucano omosessuale fondatore dell’Arcigay nazionale - e invito chiunque sia in grado, se ha i modi ed i mezzi per poterlo fare, di smentirmi. Se sono nel torto vorrei che mi venisse detto. Ad ogni modo credo che nessuno si debba sentire escluso perché appartiene ad un’associazione, qualunque essa sia, ed utilizzare l’Arcigay come una discriminante non è accettabile». Dalla rappresentante dell’associazione lucana arriva poi l’invito al confronto leale ed al dialogo.

«Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a queste dichiarazioni e per questo siamo pronti come Arcigay ad un contraddittorio libero ed aperto con lo stesso vescovo della diocesi di Potenza, monsignor Salvatore Ligorio – ha concluso la Giosa – e finanche con Papa Francesco». Intanto dalla canonica di Savoia nessuna replica, don Pompeo raggiunto telefonicamente taglia corto. «Di questa vicenda non so nulla e non voglio rilasciare dichiarazioni».

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