ROMA - Continuare a trattare con Am InvestCo, «ma non a tutti i costi». Questa la linea del Governo espressa dal ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda al Question Time alla Camera. Mentre il ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti smentisce l’esistenza di un piano «B» per l'Ilva. «Il Governo vuole fare quello che ha fatto, mantenere il negoziato con la cordata che investe 4 miliardi in Ilva, ma continuare a richiamarla al rispetto dei propri obblighi, tenere il filo negoziale ma non tutti i costi». Queste le parole di Calenda che il 9 ottobre, mentre gli operai dell’Ilva scioperavano e manifestavano per le strade di Genova e Taranto, ha fermato il tavolo richiamando Arcelor Mittal a mantenere l'impegno preso sui livelli retributivi e occupazionali.

Per la riapertura della trattativa si stanno impegnando in questi giorni i Commissari Straordinari dell’Ilva. L’obiettivo è quello di convincere il gruppo Franco-Indiano, titolare dell’85% di Am InvestCo, a tornare a Tavolo partendo da quanto previsto dall’accordo siglato a giugno, concretamente a metter sul tavolo più soldi di quelli previsti dal loro piano economico. «Per quanto riguarda la procedura di cessione degli asset aziendali, speriamo in tempi brevi di poter trasferire l’attività d’impresa» ha detto il commissario Enrico Laghi. Mentre il ministro per il Mezzogiorno Claudio De Vincenti ha ribadito il punto: «Per noi è fondamentale che il nuovo investitore rispetti gli impegni che ha preso con il governo in modo formale a giugno con la presentazione dell’offerta, cioè almeno 10mila occupati con salario invariato» smentendo però l’esistenza di un «Piano B» nel caso Am InvesCo lasciasse la partita.

In attesa che le posizioni si avvicinino, Calenda teme quella che sull'Ilva è sempre stata una costante nefasta, l’incombere del clima da campagna elettorale: «Vi esorto a non trascinare una vicenda così delicata in un preludio di campagna elettorale" ha detto ai deputati di SI e Mdp che gli chiedevano cosa succederà adesso che il Tavolo è saltato, ricevendo poca soddisfazione.
Lasciare il primo gruppo siderurgico italiano nello stallo dell’Amministrazione Straordinaria è un problema nazionale, lo è per i lavoratori certamente, ma soprattutto per le tante aziende manifatturiere italiane che stanno avviandosi verso la ripresa e vivono di acciaio. Si legge così l’intervento del presidente di Federacciai Antonio Gozzi a favore del sindacato: «Il Governo deve prima di tutto creare un ambiente favorevole al fatto che ArcelorMittal e il sindacato si parlino: è chiaro che non si può pensare a una ripartenza dell’Ilva contro il sindacato. Non esiste e credo che non ci pensi neppure Mittal» ha detto auspicando «un accordo che tuteli i lavoratori e consenta contemporaneamente alla siderurgia di ripartire».

Preoccupati per i destini della siderurgia italiana (di cui l'Ilva è il gigante) anche i sindacati: «Non si può lasciare un’azienda così per 5 anni in amministrazione straordinaria. Nessun’altra aziende avrebbe retto. La verità è che stiamo perdendo mercato e se Taranto non riparte altro mercato perderemo». Ha detto il segretario della Uilm Rocco Palombella in audizione al Senato. Mentre Francesca Re David chiede al ministro Calenda di fornire ai sindacati «gli elementi di analisi necessari per poter portare avanti il tavolo» dal piano industriale di Am InvestCo a «eventuali accordi» siglati dal Governo.

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