«La prossima legislatura si deve porre il problema di una clausola di supremazia, una legge per superare i veti degli enti locali di fronte ad interessi strategici nazionali, come in Germania». A dirlo è il ministro Sviluppo Carlo Calenda, intervistato dal Corriere della Sera, in apertura, partendo dal caso Ilva.

Torna a scagliarsi ancora contro il governatore della Puglia: "Emiliano ha fatto ricorso su tutto: dai vaccini al Tap, all’Ilva stessa. Per fortuna li ha persi. Oggi però il rischio è che Mittal ritenga impossibile gestire l’acciaieria più grande della Ue con Comune e Regione che vogliono cacciarlo», «viene da pensare che non abbia consapevolezza di quello che fa, quello che stiamo vedendo è inaccettabile": «Se l’Ilva chiude andiamo a comprare l’acciaio in Germania e perdiamo un punto di Pil. Con il Tap diversifichiamo rispetto al gas russo. Di fronte a tutto questo Emiliano dice che la questione riguarda solo la Puglia». Il silenzio del Pd le pesa? «Il silenzio - risponde - non è solo del Pd, ma della classe dirigente italiana. Anche negli altri partiti non populisti e nella società civile. Ed è sconcertante».

Ieri, il governatore pugliese aveva definito il governo in un "cul de sac" e che ora deve far vedere le carte in attesa del pronunciamento dei giudici. Per Emiliano il ricorso serve «a conoscere moltissimi atti che sono ancora segreti, per esempio il piano industriale che nessuno conosce ancora». Tesi smentita dal ministro secondo il quale «Il piano industriale ed il piano ambientale sono stati presentati al Governatore della Puglia ed a quello della Liguria insieme a molti sindaci, non a quello di Taranto che non si è presentato all’ultimo minuto pur avendo richiesto l'incontro, da Mittal nell’ambito del tavolo istituzionale». «Nello stesso tavolo - ha proseguito Calenda - si era deciso di convocare due incontri separati per Taranto e per Genova per approfondire le tematiche ambientali e industriali. All’uscita dalla riunione Emiliano dichiarava alla stampa la sua soddisfazione per la convocazione del tavolo Taranto salvo qualche giorno dopo presentare ricorso al Tar contro il Dpcm ambientale. Da quel momento Emiliano ha dichiarato tutto e il contrario di tutto: che il ricorso era uno come un altro, che in caso di accoglimento della sospensiva l’Ilva non rischia la chiusura, che il ricorso serve a conoscere carte segrete quali il piano industriale. Si tratta di affermazioni non rispondenti al vero».

Poi il ministro ribadisce il timore «che l’investitore, constatata l’ostilità delle Istituzioni locali, scappi, a prescindere dall’esito del ricorso lasciando sulle spalle del Governo, e non certo di Emiliano, che sino ad ora nulla di concreto ha fatto a questo proposito, il destino di 20000 persone e i costi delle bonifiche».

MONS. SANTORO: FARE IL BENE DELLA GENTE - Sulla questione Ilva «non sta a me entrare nella disputa tra Governo ed enti locali ma desidero ribadire, circa la vertenza che si è aperta in questi giorni nella città di Taranto, che il mio unico interesse è il bene della gente e la rinascita del nostro territorio, spesso lasciato nell’incertezza circa il suo presente ed il futuro». Lo afferma l’arcivescovo di Taranto Filippo Santoro, nel suo intervento al meeting «Emigrazione, accoglienza, integrazione, cittadinanza», che si sta svolgendo nella Basilica San Martino di Martina Franca e a cui partecipa il ministro dell’Interno Marco Minniti.

«Il primo problema - aggiunge mons. Santoro - è porre fine alla devastazione ambientale e che sia seriamente preso in considerazione da parte del Governo e del nuovo acquirente il danno sanitario. In secondo luogo, che sia rispettato e garantito il lavoro dei dipendenti dell’azienda e delle ditte che lavorano nell’indotto». Inoltre, l’arcivescovo di Taranto auspica «che, come segno di concreto di una risposta forte all’impatto inquinante, si dia inizio a partire dai primi di gennaio 2018 alla copertura dei parchi minerali. Gli allarmi Wind days sono indegni di un paese civile, inaccettabili, non possiamo tollerarli oltre». 
Che «tutte le parti in causa - ammonisce il presule - si siedano intorno a un tavolo lasciandosi alle spalle orgoglio e strategie e lavorino nell’interesse esclusivo della città, degli operai, dei residenti tutti. Ci sono già stati 12 decreti; non farebbe male un intervento governativo questa volta condiviso dalla popolazione. Io - conclude mons Santoro - continuo ad avere fiducia perché le persone di buona volontà, possano ritrovarsi, unirsi, per essere costruttori di bene e di bello».

SINDACO MELUCCI: RICORRONO CONFERMA FABBRICA - «Il ricorso del Comune di Taranto al Tar di Lecce non sospende l’aggiudicazione dell’Ilva a AM Investco Italy e non c'è rischio alcuno di fermo o chiusura della fabbrica». Lo scrive il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, in una lettera aperta al ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Dieci punti per ricordare «quello - sottolinea Melucci - che il ministro non dice». Il ricorso, secondo il primo cittadino, «non blocca né ritarda la copertura dei parchi minerali, che in realtà potevano essere coperti già da anni. Chiunque dichiari il contrario, contribuendo a creare agitazione tra lavoratori e cittadini, dimostra un grave deficit di competenze».

L’unico «vero rischio - sostiene ancora il sindaco di Taranto - deriva proprio dall’azione del Governo che consente lo slittamento al 2023 di diversi interventi urgenti e improcrastinabili per la tutela della salute. Lo dice l’Unione Europea». Al Comune di Taranto «non è stato notificato - si fa presente - ancora alcun atto formale a garanzia dell’avvio dei lavori di bonifica e messa in sicurezza dei parchi. Non ci si può accontentare di promesse e annunci, sotto la pressione del ricatto occupazionale». E il ministro Calenda «non vuole - attacca Melucci - l’istituzione di un tavolo esclusivo per Taranto e non è in grado di rispondere nel merito alle proposte della città di Taranto: la comunità non cederà al ricatto (immorale e forse illecito) del ritiro preventivo del ricorso». 

Il primo cittadino fa rilevare che "il Comune di Taranto ha fatto precise proposte sulla rimodulazione di tempi e tecnologie per mettere in sicurezza lo stabilimento: i ministri Calenda e Galletti non hanno mai preso in considerazione le osservazioni degli enti locali. Il ministro Calenda, oltre che sulla valutazione del rischio sanitario, è muto rispetto alla definizione delle pendenze dell’indotto locale. Evidentemente è più sensibile alle esigenze di lobby e multinazionali che a quelle delle imprese pugliesi».
Per il sindaco «il ministro Calenda sorvola sul fatto che il Comune di Taranto chiede l’avvio immediato delle bonifiche e l'aggiornamento dei protocolli di ristoro ambientale» e «difende i commissari che non hanno costruito alcun utile rapporto con la città; il Comune di Taranto, per lo stesso motivo, chiede avvicendamento immediato». Infine, il ministro Calenda «a tutt'oggi - insiste il sindaco - non è in grado di fornire agli enti locali la documentazione di dettaglio relativa al piano industriale, fattispecie ampiamente prevista dalla procedura di legge. Il Comune di Taranto non rinuncia al dialogo costruttivo, per il quale resta disponibilità piena e immediata. Un dialogo che coinvolga finanche le procedure giudiziali avviate».
Ma «nessuno - conclude Melucci - può pretendere che l'amministrazione chiuda gli occhi e tradisca i cittadini sulla madre delle questioni, la loro salute, la loro qualità della vita. Dopo una dozzina di decreti salva Ilva, ora il Governo fornisca garanzie serie su un decreto salva Taranto e tarantini».(

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