di PASQUALE DORIA 

MATERA - Ecco la tipica offerta che non è possibile rifiutare. La chiesa di Santa Maria della Valle è in vendita. Senza aggiungere chissà quale enfasi al discorso, prove alla mano, si tratta di una delle realtà rupestri più importanti di Matera. Sul valore artistico non si discute, ma c’è un problema. Una questione antica che ha sostanzialmente reso non semplice la sua più completa e giusta valorizzazione. Benché sia uno tra i grandi momenti architettonici e religiosi, che impreziosisce il territorio materano, è di proprietà privata. La novità c’è, però. Se vogliamo, è possibile aggiungere che gli addetti ai lavori sanno benissimo da tempo, che è maturata una decisione importante tra i proprietari di questo luogo di culto scavato nel tufo a alla periferia estrema della città, a poco più di tre chilometri dal centro. La chiesa rupestre e gli altri locali annessi, che costituiscono dei quattro più antichi e prestigiosi monasteri della città, è davvero in vendita.

Ne abbiamo parlato con uno dei quattro eredi diretti, ma nel conto bisogna tenere in considerazione anche vari nipoti. «Considerato l’indubbio valore del sito - commenta Paolo Lisanti - non stiamo chiedendo la luna nel pozzo. Non ci interessa speculare. Si tratta di 500mila euro. A Matera, lo sappiamo, ci sono situazioni abitative particolari che comportano spese proiettate ben oltre questa cifra».

Mettere un bene in vendita significa entrare con i piedi e tutte le scarpe nel mercato, che è notoriamente libero. «Ma se devo dirla tutta - aggiunge Lisanti - con estrema sincerità, preferirei che fosse un ente pubblico a farsi avanti. La ragione di una simile preferenza è nella recondita speranza che questo patrimonio possa diventare condiviso e di tutta la comunità dei materani. Noi non abbiamo la forza economica di condurre un restauro filologico del sito e neppure le possibilità per agire a livello di valorizzazione finalizzata a una più ampia fruizione. Questo, tuttavia, mi sembra il momento giusto per investire in cultura, in un bene che viene da lontano è che ha la chiarissima possibilità di andare oltre le nostre previsioni quale patrimonio inalienabile della città di Matera».

Ma non vengono scartate a priori altre ipotesi. «Se dovesse farsi avanti qualche privato - aggiunge Lisanti - non chiuderemo certo la porta. Da parte nostra, per quanto siamo legati a questo monumento della memoria locale, chiederemmo una sola cosa: la possibilità di rendere fruibile più possibile questa grande opera dell’ingegno umano. Ad ogni modo, credo che possa essere considerata una richiesta superflua, chi dovesse essere intenzionato a rilevarla non lo farà certamente per tenere tutto chiuso sotto chiave, mi sembra pacifico».

Difficile dargli torto. Oggi più che mai, le due ipotesi appaiono dettate dal buon senso e molto probabilmente percorribili. Si tratta di capire, adesso, quale volontà pervade soprattutto l’Amministrazione comunale che, tutto sommato, potrebbe essere l’ente più interessato insieme all’ente Parco della Murgia - nel cui perimetro la chiesa ricade - ad acquisire un tassello, una testimonianza importane delle vicende di una città che ha da raccontare una storia lunghissima e straordinaria.

Non bisogna dimenticare, infatti, che in passato, proprio da via Moro sono partite ipotesi di recupero e valorizzazione, mai andate in porto. Difficile dimenticare un convegno che si svolse dentro una delle tre navate della chiesa in un freddissimo giorno di dicembre alla vigilia di Natale del 2011. Si disse che era cosa fatta e che erano disponibili risorse pari a 500mila euro per partire. Ma si rivelò solo una falsa partenza.

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