L’associazione Telefono Donna ha fatto richiesta di costituzione di parte civile, stamani nel Tribunale di Potenza, nel corso della prima udienza preliminare sulla vicenda che ha riguardato un farmacista del capoluogo lucano, accusato all’inizio del 2017 di violenza sessuale aggravata e continuata, di pedopornografia e di illecita interferenza nella vita privata delle vittime «con l’aggravante che questi reati sono avvenuti nel suo ruolo di farmacista e all’interno della farmacia stessa».

Lo ha reso noto, in un comunicato, la stessa associazione, con l’obiettivo di essere «presente nel processo - ha spiegato la presidente, Cinzia Marroccoli - a nome di tutte le donne che da questa vicenda si sentono lese nella loro dignità e attraverso la nostra presenza intendono essere vicine e dare così maggior forza alle donne costituitesi nel processo. La giovane donna che con la sua denuncia ha dato l’avvio alle indagini, dopo pochi giorni che aveva subito la violenza, si è rivolta al Telefono Donna, dove lei e in seguito i suoi familiari hanno trovato sostegno psicologico e legale».

«La sua personale decisione - secondo la presidente - presa non a cuor leggero trattandosi, tra l’altro, di un amico di famiglia, è stata sostenuta fin dal primo momento dall’Associazione, che ha condiviso la sua volontà di andare avanti per sé stessa innanzitutto, per le donne che con tutta probabilità avevano subito violenza prima di lei e per quelle che avrebbero potuto subirla in futuro se il farmacista non fosse stato fermato».

Secondo quanto emerse dalle indagini, successive alla denuncia, il farmacista avrebbe «consigliato» alle vittime (almeno sei), di utilizzare al posto della «pillola del giorno dopo» una crema spermicida per evitare la gravidanza, da spalmare «sulla parte» attraverso atti di autoerotismo, tutti registrati da una piccola webcam all’interno della farmacia: il farmacista è stato prima sospeso per quattro mesi dal giudice e in seguito anche posto agli arresti domiciliari.

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