Pamela Giufrè

I volontari di Peacelink a rapporto sull’Ilva di Taranto dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Una delegazione di otto persone, rappresentata dal coordinatore del movimento ambientalista, Alessandro Marescotti, e dall’avvocato Roberta Greco, e composta da Annamaria Moschetti, Luciano Manna, Fulvia Gravame, Piero Motolese, Beatrice Ruscio e Lidia Giannotti, ha raggiunto nel primo pomeriggio di ieri la sede del dicastero, a Roma. Al ministro Costa, il gruppo tarantino ha consegnato due documenti che attestano la possibilità di fermare gli impianti fuori norma dell’Ilva e di attuare la messa in sicurezza di emergenza delle aree contaminate. Nello specifico, Peacelink ha portato a Roma il dossier di 48 pagine sulle criticità ambientali e sanitarie di Taranto e sugli strumenti legislativi di cui il governo dispone per chiudere le fonti inquinanti; il report su «Il disastro ambientale dell’Ilva di Taranto e la violazione dei diritti umani»; oltre che il libro di Beatrice Ruscio: «Legami di Ferro».

Al governo gli ambientalisti, i quali ieri hanno anche proiettato alcune diapositive sui livelli di inquinamento territoriali, chiedono l’abrogazione del Dpcm, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, del 29 settembre 2017, che fa slittare al 2023 l’applicazione delle prescrizioni previste dall’Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale, garantendo di conseguenza l’immunità penale ai proprietari dell’Ilva. «Con l’abrogazione di questo decreto - spiega Marescotti - scatterebbe automaticamente l’applicazione dell’articolo 29 del cosiddetto Codice ambientale, il decreto legislativo 152 del 2006-Sanzioni Aia, imponendo di conseguenza la chiusura dell’impianto in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni previste, con la diffida, ed in caso di reiterate violazioni che determino situazioni di pericolo e di danno per l’ambiente. Il ministro è rimasto fortemente colpito da queste osservazioni e ci ha riferito che, di certo, a questo incontro, prettamente tecnico, dovrà seguirne presto un altro».

Peacelink ha precisato a Sergio Costa, che «l’Italia dovrà rispondere alla Corte dei diritti dell’uomo, della violazione di diversi diritti come quello alla vita, alla salute e alla vita famigliare dei tarantini e, soprattutto, dovrà difendersi dall’accusa di aver con pervicacia nociuto ai cittadini con diversi decreti». L’Obiettivo di Peacelink resta dunque quello della sospensione delle attività produttive dell’Ilva.

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