FRANCESCO CASULA

Prenderà il via il 20 marzo prossimo l’udienza preliminare nei confronti dei 75 imputati coinvolti nell’inchiesta antimafia denominata antimafia denominata a «Impresa» e messa a segno all’alba il 4 luglio dalla Squadra Mobile di Taranto e dagli agenti del Commissariato di Manduria che vede coinvolti gli uomini che secondo il pm Alessio Coccioli hanno fatto parte di un unico clan mafioso diviso in tre gruppi. Del primo che operava sull’asse San Giorgio Jonico-Manduria, avrebbero fatto parte Daniele Lorusso, con il ruolo di luogotenente di Campeggio, Agostino De Pasquale, Oronzo Soloperto, Luciano Carpentiere, Daniele D’amore, Leonardo Trombacca, Fabrizio Monte e l’ex assessore di Manduria Massimiliano Rossano.

La seconda articolazione, attiva a Manduria e contigua a Pietro Tondo, già detenuto per un’altra inchiesta, sarebbe stata diretta Vito e Gianpiero Mazza con il supporto degli affiliati Cosimo Mazza, Davide Biasi, Simone De Valerio e Maurizio Ciccarone. Il terzo gruppo, in azione a Sava, era guidato da Giuseppe Buccoliero che si avvaleva di Cataldo Panariti, Cosimo Storino, Cosimo Merolla e Cosimo Damiano Pichierri.

Estorsione, riciclaggio di merce rubata, scambio elettorale-mafioso, acquisizione diretta ed indiretta della gestione e controllo di attività economiche. Sono numerosi i reati contestati dagli inquirenti, in particolare in quest’ultimo punto: secondo l’accusa il gruppo criminale avrebbe allungato le mani nel settore dei lavori pubblici, del movimento terra, della ristorazione e persino delle associazioni del servizio 118 di Manduria, Avetrana, Faggiano, Pulsano e San Giorgio Jonico. Avrebbe inoltre procurato voti nelle amministrative di Manduria del 2013.

Nell’inchiesta, infatti, sono coinvolti anche alcuni pezzi della politica messapica. Come l’ex assessore di Manduria Massimiliano Rossano, difeso dall’avvocato Lorenzo Bullo, accusato di associazione mafiosa e tentata estorsione ai danni degli organizzatori della Fiera Pessima del 2013. O il sindaco di Avetrana Antonio Minò, difeso dal legale Nicola Marseglia, anche lui accusato di concorso esterno e tentata estorsione. O l’ex presidente del consiglio comunale di Manduria difeso dall’avvocato Franz Pesare, che dovrà difendersi dall’accusa di voto di scambio politico-mafioso. Infine anche il consigliere regionale Luigi Morgante, accusato di favoreggiamento, per aver negato la richiesta di un «cavallo di ritorno» quando gli fu sottratta l’auto.
Tutti dopo il blitz provarono a spiegare la loro versione dei fatti, ma non è servito a far cambiare idea al pm Coccioli che ha chiesto il loro rinvio a giudizio. L’operazione coinvolse anche politici del brindisino (il sindaco di Erchie, Giuseppe Antonio Salvatore Margheriti e il suo ex vice Domenico Margheriti), accusati di aver ottenuto una tangente da 110 mila euro: il primo, difeso dall’avvocato Raffaele Missere, scelse il silenzio all’interrogatorio, mentre il secondo negò ogni accusa e si dimise da consigliere comunale. Agli interrogatori di garanzia si avvalsero della facoltà di non rispondere i tre capimafia dell’inchiesta: Antonio Campeggio di Manduria, difeso dai legali Gaetano Vitale e Lorenzo Bullo, Franco D’amore di San Giorgio Jonico assistito dagli avvocati Vitale e Luigi Danucci, e Giuseppe Buccoliero di Sava, difeso dall’avvocato Antonio Liagi.

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