Procuratore Salvatore Vitello: “Vi racconto qual è la forza di Lamezia”

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Lamezia Terme – Alla guida della procura lametina per tre anni, dal 2009 al 2012, poi vice capo gabinetto al Ministero della Giustizia, attualmente Procuratore capo a Siena, Salvatore Vitello che si sente legato da un vincolo d’affetto alla città di Lamezia. Anche per questo ha voluto dedicare un commento sulla situazione che vive in questo momento Lamezia, “una città che sente come sua". Nei tre anni alla guida della Procura cittadina ha ottenuto importanti risultati, portando a segno, tra l'altro, numerose operazioni contro la criminalità, ma anche contro le truffe ai danni delle comunità europea e dei fondi pubblici.

“Nei giorni scorsi l’Associazione “I Popolari” ha organizzato a Caltagirone, la città di Luigi Sturzo, un convegno, nel novantanovesimo anniversario dell’appello “Ai liberi e forti”. Sturzo, un uomo politico ancora attualissimo, miniera di riflessioni e suggestioni, interessanti anche per questo nostro tempo, pur senza trascurare che i cambiamenti intervenuti nella storia del mondo e l’adozione da parte della politica di nuovi paradigmi impongono pensieri nuovi anche per corrispondere alle diverse sensibilità.

Ecco una sua suggestione: “C’è chi pensa che la politica sia un’arte che si apprende senza preparazione, si esercita senza competenza, si attua con furberia. È anche opinione diffusa che alla politica non si applichi la morale comune e si parla spesso di due morali, quella dei rapporti privati, e l’altra (che non sarebbe morale né moralizzabile) della vita pubblica. La mia esperienza lunga e penosa mi fa concepire la politica come satura di eticità, ispirata all’amore del prossimo, resa nobile dalla finalità del bene comune. Per entrare in tale convinzione, occorre essere educato al senso di responsabilità, avere forte carattere pur con le più gentili maniere, e non cedere mai alle pressioni indebite e alle suadenti lusinghe di essere indotto a operare contro coscienza”. 

“Sento come mia questa città

“La finalità del bene comune...”. La cultura che appare dominante, sembra, invece, cullare il bene di chi riesce a prevalere sull'altro. Si può dire questo di Lamezia, della nostra Lamezia, perché sento come mia questa città cui ho dato tre anni della mia vita è per la quale ho lottato anche da fuori. Ne parlo non quale persona investita di una funzione pubblica, ma come cittadino legato da un vincolo di affetto a questa città, dove ha intessuto importanti relazioni anche di natura affettiva, che condivide il comune sentire e la medesima tensione verso una società più vivibile, in cui il valore della persona ricominci ad essere il fulcro e l’orizzonte di ogni sana condotta. Io penso di no.

“La Lamezia che conta davvero ha una tensione profonda verso la legalità”

La stragrande maggioranza della popolazione lametina, la Lamezia che conta davvero, ma che non riesce a mostrarsi in tutta la sua forza, ha un senso alto delle istituzioni e una tensione profonda verso la legalità. Essa però non riesce a prevalere e in talune occasioni si ha l'impressione che a prevalere siano la corruzione, l'incompetenza e la bugia. Sicuramente si incontrano anche situazioni di questo tipo, ma siamo nella media. Lamezia non è superiore in questo ad altre città del meridione e forse anche del centro-nord. Ciò che la città soffre di più è il peso della criminalità organizzata e la latitanza dei servizi. Ogni giorno per un cittadino che ha bisogno è un calvario. È impedito peraltro l'ingresso alle nuove generazioni (su cui è riposto il futuro della città) mentre ormai il ceto medio è stritolato dalla pressione fiscale e dalla burocrazia, oltreché da un modo clientelare e provinciale che impedisce di fare squadra e di creare circolarità nella scelta della classe dirigente, da sempre in mano alle stesse persone. Continuano a prevalere metodi mafiosi e scorretti, con buona pace di chi vorrebbe emancipare la città da una cultura e da una mentalità clientelare e servile. Forse Lamezia è la metafora di un Paese ed è l'Italia a essere in queste condizioni...

In parte è così ma Lamezia sembra soffrire di un quid in più ed è la difficoltà al cambiamento. Le incredibili vicissitudini della città, con violenze di ogni tipo e lutti inenarrabili, sembrano non aver portato a nulla.  Ognuno di noi avrebbe il dovere di risvegliare e potenziare il potere straordinario di crescita e consapevolezza. Davvero non c'è spiegazione razionale a ché si debba implodere nelle secche della paura e dell'omertà.

"Tutti, finché siamo giovani, cinguettiamo come passeri sopra un mucchio di letame. A vent’anni possiamo tutto, ci buttiamo in qualsiasi impresa. Verso i trenta siamo già stanchi, è come dopo una sbornia. A quarant’anni poi siamo già vecchi e pensiamo alla morte. Ma che razza di eroi siamo? Io vorrei solo dire alla gente, in tutta onestà, guardate come vivete male, in che maniera noiosa. E se lo comprenderanno inventeranno sicuramente una vita diversa, una vita migliore, una vita che io non so immaginare” (Anton Čechov). Le possibilità non mancano. Tutti conosciamo le potenzialità della città, collocata al centro della Calabria.

Lamezia ha tutto. I suoi abitanti hanno una voglia di vivere e una generosità straordinarie e contagianti. Io ne sono rimasto pienamente e felicemente contagiato. Lamezia mi ha dato di ritrovare un’armonia positiva, superando ogni tentazione di nichilismo. Lamezia mi ha dato la possibilità di comprendere il valore vero ed autentico della vita che si basa sui sentimenti.

Sono stato colpito, è vero, da fatti cruenti e feroci. Da storie umane che hanno gettato una grande ombra su quello che noi continuiamo a chiamare civiltà. Dalla pervasività e malvagità delle cosche mafiose. Dal cinismo di una zona grigia indifferente alla prepotenza e all'abuso dei criminali mafiosi. Ho vissuto uno smarrimento personale e sentito un analogo sentimento collettivo. Ma, oltre lo smarrimento, ho sentito la voglia di reagire, senza fingere, per non restare sempre uguali a se stessi.

È necessario e urgente abbassare ogni monte dell'orgoglio e ogni colle di superbia, riempire ogni burrone dell'indifferenza e pregiudizio e raddrizzare le strade della solidarietà, in una società dove purtroppo prevale la paura. Parafrasando la pubblicità di una nota marca di orologi per cui i suoi prodotti non si posseggono mai completamente, ma si custodiscono e si tramandano, anche i valori di dignità, di umanità, di senso della giustizia sociale, non si posseggono mai completamente ma, con tutti i nostri limiti umani, si custodiscono nel nostro animo e si tramandano. Del resto la perfezione non è elemento costitutivo della natura umana.

Lamezia e i suoi abitanti convivono con innumerevoli contrasti, ma la storia della città è nel segno di una grande umanità, profondamente vicina all'esperienza di vita della gente comune, come in genere lo sono gran parte delle esperienze della gente del popolo. Si tratta di una storia bella, esempio di sacrificio e di volontà a raggiungere, partendo da una posizione di svantaggio, le mete volute. Questo dimostra che, nonostante le ingiustizie che hanno segnato la società del tempo, sia stato possibile riuscire ad andare avanti, con tutti i limiti che conosciamo ma con le sole proprie forze.

Spesso dimenticati da un potere centrale che ha volutamente guardato dall'altra parte ed ha visto Lamezia e la Calabria solo come una questione di ordine pubblico. Anche oggi, dove le ingiustizie permangono, pur nella diversità di forme e di sostanza, il sacrificio, la competenza e la tenacia nell'impegno devono essere gli elementi su cui fondare il desiderio di realizzare le nostre aspirazioni, senza svendere la nostra dignità per un piatto di lenticchie. Con il coraggio di contrastare il sopruso, la prepotenza e l'illegalità in tutte le sue forme, anche a costo di rimetterci. I giovani attendono da noi testimonianze affidabili ed esempi credibili e noi abbiamo il dovere di fornirglieli. Da anziani ci si illude talvolta di fermare il tempo aggrappandosi all'affetto dei più giovani, venendo spesso da questi ultimi ridicolizzati.

Avendo superato la soglia dei sessant'anni, mi sento di poter trarre dall'esperienza lametina, a cui tanto ho dato ma molto di più ho ricevuto, questo insegnamento: bisogna sforzarsi di invecchiare bene, traendo spunti dalle antiche sapienze che in genere sono presenti a gente della mia età, anche se spesso non seguite. Bisogna sapersi conoscere in spirito di verità e convincersi che, per quanto in concreto possa essere difficile, è sempre possibile rifiutare una tentazione e, innanzi tutto, quella più forte di tutte le persone che mantengono un potere nella società, vale a dire quella di usare gli altri per perseguire i nostri interessi personali.

Ogni lametino, testimone del suo tempo, in coerenza ai valori ricevuti da una città coraggiosa ma vilipesa ed offesa da una minoranza criminale, ha il dovere di proporsi nell'esercizio della carica pubblica con sobrietà e senza clamore, quale servizio pubblico nell'interesse di tutti. So bene che si tratta di un impegno che reca una grande fatica, impone sacrifici e talvolta porta dolore. È successo a tanti lametini per bene che sono rimasti molto provati da questo impegno per la città. Tuttavia non si può prescindere da esso.

“Mettersi a disposizione del bene comune”

Se si vuole dare un senso alla vita bisogna metterla a disposizione del bene comune. La fatica e lo sforzo che questo comporta, anche se sul momento non sembra pagare, alla lunga saranno riconosciuti. In ogni caso, mi rivolgo a chi ha vissuto o sta vivendo momenti di dispiacere: non esiste una felicità di per sé ma la felicità - sempre relativa - si trova nella consapevolezza di aver fatto qualcosa per gli altri, anche se gli altri non sempre sanno apprezzarlo. Ma questo è da mettere in conto e perciò la delusione non va vista come un impedimento ma semmai come motivo per un impegno rafforzato.

La città e i suoi abitanti hanno bisogno di sentire una sorta di generatività degli onesti. Una generatività che si esprima con un'inedita "marcia dei volenterosi" da contrapporre alla mediocrità del quotidiano e ad un modo di vivere rassegnato al basso profilo, alla mafiosità dei modi. Una generatività da contrapporre alle consorterie criminali e alla cultura della illegalità. Una “marcia” trasversale ad ogni colore politico, superiore a faziosità e divisioni, che proponga un'idea di futuro condivisa, capace di dare ripresa alla città e vigore ai giovani. Un’idea incentrata sull'impegno, che rafforzi il desiderio per la città e ispiri le nuove ma anche le vecchie generazioni ad una partecipazione consapevole ed attiva, nel segno del cambiamento, quale premessa necessaria per un progresso sociale ed economico e quale antidoto al declino morale. Io sono sicuro che questo avverrà e la città saprà ritrovare la grandezza sociale, economica e morale che la storia gli ha dato”.

Salvatore Vitello

Procuratore capo a Siena

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