"Presidenti", tre grandi del calcio vittime dell'antisemitismo

Il libro del giornalista fiorentino Adam Smulevich ripercorre la storia dei fondatori di Casale, Napoli e Roma. Lunedì 23 ottobre la presentazione al Gabinetto Vieusseux

Un particolare della copertina di "Presidenti"

Un particolare della copertina di "Presidenti"

Firenze, 22 ottobre 2017 - Raffaele Jaffe, Giorgio Ascarelli, Renato Sacerdoti: tre personaggi uniti dalla passione per il calcio e dall'aver scritto pagine importanti della storia di questo sport così popolari.  Questo, però, non basterebbe a fare dei tre i protagonisti di un libro, portatori di una storia in comune che va, purtroppo, al di là del calcio. Seppur in modo diverso, infatti, Jaffe, Ascarelli e Sacerdoti, tutti e tre di origine ebraica, sono vittime delle leggi razziali, della brutale follia antisemita del fascismo e del nazismo.

A raccontare la loro storia sotto vari punti di vista (il calcio, la biografia personale e la repressione)  è "Presidenti. Le storie scomode  dei fondatori delle squadre di calcio di Casale, Napoli e Roma" (Giuntina) scritto dal giornalista fiorentino Adam Smulevich e che sarà presentato a Firenze lunedì 23 ottobre alle 17.30 al Gabinetto Vieusseux, in Palazzo Strozzi, su iniziativa dell'Associazione Italia-Israele. 

 Si tratta di un racconto affascinante che unisce le vicende di tre "pionieri" del calcio, accomunati anche da grandi intuizioni, capacità organizzativa e manageriale associate a un grande entusiasmo. 

Jaffe (professore in scienze naturali e chimiche all'istituto Tecnico Leardi di Casale Monferrato) fonda il Casale Football Club e vince lo scudetto nel 1914.  Ascarelli (imprenditore tessile) fa nascere il Napoli, lo porta a buoni livelli e regala alla città uno stadio moderno (per l'epoca ovviamente), mostrando di capire già negli anni '20/'30 quanto fosse importante il tema dello stadio di proprietà. Così come fece la Roma di Sacerdoti con il mitico Campo Testaccio (oggi, purtroppo, l'area dove sorgeva è abbandonata al degrado). Proprio Sacerdoti costruisce le premesse per il primo scudetto giallorosso nel '41/'42.

Molti presidenti di oggi vorrebbero essere amati dai tifosi come sono stati i tre.  Addirittura Sacerdoti entra nell'inno della Roma cantato dal pubblico: "Semo giallorossi e lo sapranno tutti l'avversari de st'artranno. Fin che Sacerdoti ce stà accanto porteremo sempre er vanto Roma nostra brillerà".

Ascarelli muore otto anni prima dell'entrata in vigore delle infami leggi razziali, ma il regime cerca di cancellarne il nome e la memoria a partire dallo stadio che lui aveva realizzato e che, subito dopo la morte gli era stato intitolato. Nonostante questo, però, per i napoletani quell'impianto si chiamerà sempre "Stadio Ascarelli".

Jaffe e Sacerdoti si erano convertiti al cristianesimo nel 1937, un anno prima delle leggi razziali. Nonostante questo saranno emarginati e perseguitati, soprattutto dopo l'8 settembre 1943. Il fondatore del Casale non riuscirà a scappare e morirà in un campo di concentramento nazista, mentre Sacerdoti (finito al confino pur manifestando più volte la sua fede fascista) riuscì a nascondersi e a scampare alla deportazione. 

"Presidenti" racconta le loro vicende, ma anche l'Italia di allora attraverso il calcio che è una cartina di tornasole per capire il nostro Paese. Smulevich ci porta a scoprire l'entusiasmo di provincia dei "nerostellati" del Casale, il modo viscerale e appassionato con cui in due grandi città (Roma e Napoli) si palpita per il pallone sino dai primi passi. Proprio l'intrecciarsi della barbarie nazifascista con il divertimernto più popolare e più amato dagli italiani offre un punto di osservazione particolare di quella che è stata una grande tragedia. 

“Questo per dire – scrive Smulevich – che quella pagina, l’orrenda pagina del pregiudizio e della violenza fascista, riguarda un po’ tutti. E che rileggerla attraverso lo sport, linguaggio universale per eccellenza, può forse aiutare a fare chiarezza. E al tempo stesso contribuire ad aprire nuove strade, a rafforzare la sfida di una Memoria realmente viva nel cuore delle vecchie come delle nuove generazioni”.

 

 

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