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CREMONA

Traffico di migranti, in appello pene ridotte

Indagine della squadra mobile della polizia di Cremona: le persone erano rannicchiate in casse di legno o ammassate in furgoncini chiusi con il lucchetto per attraversare il confine di Ventimiglia, trattati «come carne da macello»

Francesco Pavesi

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fpavesi@cremonaonline.it

29 Gennaio 2019 - 18:36

traffico profughi

CREMONA - Per l’accusa, avevano messo in piedi un’organizzazione criminale con il fine di sfruttare i migranti disperati, disposti a pagare fino a mille euro per passare il confine ‘caldo’ della Francia, rannicchiati in casse di legno o ammassati in furgoncini chiusi con il lucchetto, «come carne da macello». Nell’ambito della massiccia indagine della squadra mobile di Cremona sul traffico di esseri umani — due anni di lavoro, 62 viaggi documentati — martedì 29 gennaio, la corte d’assise d’appello di Milano ha ridotto le pene inflitte ai 21 imputati (9 processati con il rito ordinario, 12 con l’abbreviato). Le pene oscillano tra i 5 e gli 8 anni di reclusione. La sentenza è arrivata dopo sei ore di camera di consiglio. A Ben Abid Samir, 40 anni, tunisino che si guadagnava da vivere con i traslochi, ritenuto uno degli autisti, la pena è stata ridotta da 5 anni e sei mesi a 4 anni, 5 mesi e dieci giorni di reclusione. Nei suoi confronti era già caduta l’associazione per delinquere. Samir resta in carcere. «Attendo di leggere la motivazione della sentenza tra 60 giorni», ha detto l’avvocato Consuelo Beber. Rimane agli arresti domiciliari il connazionale Kamel Chaabani, 49 anni, disoccupato, al quale la pena è stata ridotta da 7 anni e 6 mesi a 4 anni e 10 mesi di reclusione. Difeso dall’avvocato Guido Priori, era considerato un reclutatore e collaboratore dei capi della banda criminale. Nelle carte dell’indagine condotta dal vice commissario Gianluca Epicoco e dai colleghi, è riversata una terribile storia di sfruttati e sfruttatori: gli incontri alla Stazione Centrale o al vicino Mc Donald’s. Ma anche nei dintorni dei centri di accoglienza per migranti o della moschea di Cascina Gobba. I poliziotti hanno lavorato con «una abnegazione che va oltre la buona investigazione», commentò Ilda Boccassini, allora procuratore aggiunto della Dda di Milano.

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