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LUCA BARBARESCHI. L'INTERVISTA

«Il guaio di un pensiero troppo corretto»

«Abbiamo deciso di disconoscere la nostra cultura»

Nicola Arrigoni

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fguerreschi@laprovinciacr.it

22 Gennaio 2019 - 18:04

«Il guaio di un pensiero troppo corretto»

CASALBUTTANO - Saranno forse i 62 anni, ma Luca Barbareschi appare più morbido nell’eloquio, e non per questo meno risoluto e tranchant nei giudizi e nei toni. Personaggio, attore e produttore, deputato della Repubblica nella coalizione di centro-destra, ebreo, orgogliosamente ebreo: «La mia origine l’ho tenuta per me, per molto tempo. Mia madre era ebrea. Invecchiando mi sono avvicinato alla cultura ebraica con sempre più interesse e dedizione ed inevitabilmente è emersa anche nel mio essere personaggio pubblico. Mi piace dell’ebraismo la capacità di rispondere a una domanda con un’altra domanda, la consapevolezza che gli uomini siano dei in esilio in questo mondo, la continua tensione a conoscersi e a migliorarsi, la necessità e la volontà di esercitare con la dialettica il cervello che essendo un muscolo ha bisogno di essere allenato per non atrofizzarsi. Mi piace l’idea di poter scrivere da destra a sinistra, ho voluto che i miei figli avessero un’educazione legata alla cultura ebraica. Se penso ai greci che scrivevano indifferentemente da sinistra a destra, usando entrambi gli emisferi, capisco anche per questo perché sono i più grandi di tutti».

Cultura ebraica che si riflette potentemente anche nel testo Il penitente di David Mamet, in scena alle 21 al Bellini di Csalbuttano sabato 19 gennaio 2019. Al fianco di Barbareschi ci sono Lunetta Savino, Massimo Reale e Duccio Camerini. Traduzione e regia sono dello stesso Barbareschi.

«Ne Il penitente interpreto la parte di uno psichiatra che subisce un violento processo mediatico in seguito ad un’affermazione: l’aver detto che l’omosessualità è un adattamento, tradotto dai media in ‘aberrazione’. Giornali e tv si scatenano contro di lui che diventa il colpevole, omofobo, nonché l’ispiratore del delitto compiuto da un omosessuale ispanico che viene eletto dai media a vittima».

Nulla di più attuale…
«Soprattutto perché al di là della gogna mediatica, ciò che va in scena è il pensiero politicamente corretto che segna il tramonto dell’Occidente. Quando abbiamo concesso di realizzare la fatwa contro Rushdie per i Versetti satanici, da lì, dal non intervenire, dal non difendere la possibilità di dire ed esercitare la libertà del dubitare, propria dell’Occidente, da lì abbiamo cominciato a chinarci per accogliere la supposta islamica. Non abbiamo capito e non ci siamo opposti al medioevo islamico».

Ma qui parla l’ebreo, più che l’attore?
«Forse, ma non si tratta di ebreo e non ebreo, anche se credo che l’origine dell’antisemitismo strisciante parta da una consapevolezza: gli ebrei sono più colti, studiano di più, ad una domanda intelligente rispondono con un’altra domanda intelligente per non mortificare l’interlocutore. Questo vuol dire non accontentarsi di facili soluzioni, non semplificare tutto».

Esattamente il contrario di quello che sta accadendo?
«Esattamente il contrario del pensiero politicamente corretto che porta a delle vere e proprie aberrazioni e banalizzazioni. Basti pensare che negli Stati Uniti hanno deciso di cancellare lo studio delle Metamorfosi di Ovidio perché possono turbare sessualmente le ragazze di vent’anni. Se a vent’anni non hai una tua identità sessuale vuol dire che non sei cresciuta… E poi per tornare all’ebraismo, l’arte è ispirata da Dio, non ha bisogno di essere giustificata, non si sottopone al giudizio di giusto e sbagliato. Non dimentichiamo che le università americane hanno ridotto la formazione dei ragazzi ai test, alle crocette. Noi ci siamo adeguati, quando un nostro liceo vale mille volte di più di un’high school americana. E la cosa vale anche per le università. Per inseguire una correttezza del pensiero che non metta in crisi abbiamo deciso di disconoscere la nostra cultura e il nostro sapere. Di questo, alla fine, parla Il penitente di David Mamet».

Sul banco degli imputati ci sono comunque i media.
«E la semplificazione del pensiero che sta raggiungendo una banalità esponenziale nella Rete, che non è un luogo democratico, tutt’altro. Chi dice che la Rete è lo spazio della democrazia mente, forse sapendo di mentire. Questo è quello che vogliono farci credere perché così l’algoritmo può governarci più facilmente. La Rete come luogo di libertà è un’ipocrisia messa in atto per controllarci e guidarci nelle nostre scelte. Oggi il pensiero è sempre più residuale».

Ed è con scelte come Il penitente che lei lo difende?
«Credo anche con le scelte produttive a livello sia cinematografico che teatrale. Ho prodotto il film dedicato a Mia Martini che ancora prima che un film su una bravissima cantante è un film sulla maldicenza che l’ha portata alla morte. Se parli con una persona, questa non resiste più di cinque minuti e comincerà a criticare qualcuno… siamo in questa situazione. Ho messo sotto contratto Fausto Brizzi, anch’egli vittima di una gogna mediatica, produrrò Thank of Vaselina, il film tratto dallo spettacolo della compagnia Carrozzeria Orfeo ed è sempre mio il film affidato a Roman Polanski sull’affare Dreyfuss, uno dei primissimi esempi dei danni prodotti dal pensiero politicamente corretto, dalla incapacità di opporsi, di mettere in dubbio, di esercitare una dialettica costruttiva».

Ancora una volta si torna alla cultura ebraica, una costante per Barbareschi, deputato della destra?
«Sì, ma fra le due cose non trovo una connessione, salvo che non si voglia legare la destra attuale con il nazismo, con cui non ha nulla a che fare. Quando fui deputato fra le prime cose che mi chiese Gianfranco Fini era avere contatti con lo Stato di Israele, una richiesta lungimirante. Poi Blair e Sarkozy si inventarono le Primavere arabe per fini di dominio sui territori e di influenza e i danni li paghiamo ancora oggi. Come si può bombardare la Libia e credere nella nascita di un regime democratico, in una realtà governata da una cultura tribale? I processi di cambiamento in questi casi sono lunghi, e non rispondono agli interessi di una politica bieca. E poi in America gli ebrei sono tendenzialmente di destra. La posizione degli ebrei è quella di appoggiare i governi e gli Stati che operano in maniera equilibrata, viene da dire giusta. Per questo credo che l’ebraismo non potrà mai essere identificato con una parte politica».

Anche se uno Stato sì…
«Israele è lo Stato ebraico, frutto dell’intelligenza di un popolo, luogo di eccellenza in molti campi. Per questo non può avere confini liquidi. E’ quel farabutto di Arafat che ha ingannato i palestinesi, che si è fottuto 3mila miliardi… ma anche questo nel pensiero politicamente corretto non si può dire. Come non si può dire che i leader di Hamas sono psicopatici, come non si può dire che la metà degli israeliani sono arabi perfettamente integrati… E’ quando ci precludiamo di dire, sapendo, nel segno di un pensiero politicamente corretto che iniziano i guai».

Vedere Il penitente per ‘credere’ e discutere.

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Commenti all'articolo

  • Aletti.renzo

    22 Febbraio 2019 - 22:25

    È tutto tremendamente vero!

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