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Caso Russia, Tosi all’attacco di Polo

«La necessaria premessa non può che essere la seguente: non è stato il sottoscritto, bensì il sovrintendente Polo, che al rientro dalla missione di San Pietroburgo ha annunciato in “pompa magna” prima una coproduzione del nuovo allestimento areniano del Nabucco con il prestigioso Teatro Mariinsky, fatto poi seccamente smentito dalla stessa direzione del teatro, e poi annunciando anche la trasferta a novembre con l’Aida di Franco Zeffirelli». Lo dice in una nota il capogruppo della Lista Tosi, Flavio Tosi, ex sindaco e già presidente della Fondazione Arena, replicando a quanto detto dal sovrintendente Giuliano Polo su L’Arena di ieri relativamente alla mancata trasferta della Fondazione lirica in Russia, a San Pietroburgo.

«Generalmente queste comunicazioni hanno luogo quando i contratti sono stati sottoscritti da entrambe le parti. Va ulteriormente ribadito che il sottoscritto», aggiunge Tosi, «non ricopriva più il ruolo di presidente della Fondazione Arena dall’aprile 2016 e che in qualità di sindaco si era recato in Russia per rinnovare un protocollo che prevedeva degli scambi culturali tra le due città, Verona e San Pietroburgo (la cooperazione ha funzionato ottimamente nel settore delle grandi esposizioni, segnatamente con il prestigiosissimo Hermitage, dove per fortuna di Verona la responsabilità non faceva capo all’ex sindacalista Polo...)».

Nel protocollo, sottolinea, «veniva solo richiamata la trasferta con Aida, la cui definizione contrattuale ovviamente era completamente in capo alla Fondazione Arena e non certo al sindaco», puntualizza. «Ora la domanda più banale che sovviene ai più, e alla quale Polo dovrebbe dare risposta, è perché sia riuscito nell’impresa di fare saltare una trasferta che sarebbe costata ai russi circa il 40 per cento in meno rispetto a quella analoga ipotizzata nel 2014, almeno stando alle parole del sovrintendente. Colpa dei russi come lui afferma? O l’evento non era del tutto identico?».

Secondo Tosi «la realtà è che nella prima ipotesi era impegnato nella trasferta molto più personale della parte artistica (con assunzioni in capo a Fondazione Arena anche di un centinaio di lavoratori aggiunti) e si prevedeva l’opzione di più recite, il che avrebbe abbattuto i costi per serata in misura determinante. Nella seconda Polo», ribatte Tosi, «aveva inoltre cercato di porre a carico degli organizzatori il costo pieno anche del personale amministrativo, una richiesta surreale, non solo irricevibile. Onestà intellettuale», spiega, «e professionale farebbe sì che Polo, avendo ovviamente conoscenza delle vicissitudini economiche che hanno coinvolto quasi tutte le Fondazioni liriche, con un calo costante dei contributi pubblici e un assetto normativo da baraccone pubblico che scoraggia qualsiasi socio privato a investire, non la buttasse sulla sterile polemica». Conclude Tosi: «E forse gli dovrebbe essere anche ricordato che il suo attuale diretto superiore, il professor Fuortes, dichiarò poco tempo dopo il commissariamento, che non vi fu mala gestione e che la situazione della Fondazione Arena risultava essere migliore di quella di molte altre fondazioni liriche, tra l’altro anche di alcune fra quelle che già avevano usufruito delle risorse della legge Bray in misura molto rilevante (20-30 milioni). Per quanto riguarda la proposta del Comitato di indirizzo da me presieduto di porre la Fondazione in liquidazione coatta», conclude, «per farla rinascere con un modello più privatistico e sottratto alle ali più estreme dei sindacati (Fials e Cgil), Polo dovrebbe ricordare che quella richiesta fu inoltrata al ministero dopo mesi di trattative e di muro contro muro da parte delle sigle sopra citate».E.G.

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