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L'inaugurazione

La nuova chiesa
del «Villaggio»
è un inno alla luce

L'inaugurazione
Chiesa Borgo Nuovo inaugrazione (Telearena)

Un traguardo storico per Borgo Nuovo. Nel giorno dell’Immacolata, i fedeli si sono riuniti per la prima volta nella «chiesa della luce».

È stata battezzata così dai suoi progettisti, gli architetti Carlo Ferrari e Alberto Pontiroli, che hanno disegnato il nuovo tempio del quartiere con l’attenzione puntata alla luminosità naturale del cielo, catturata dall’alto del grande lucernario, e riversata a cascata sull’altare, sul battistero e sulla platea.

La prima messa nell’edificio sacro con il parroco don Giorgio Fainelli e il vescovo Giuseppe Zenti  a celebrare insieme l’Eucaristia, circondati da centinaia di fedeli del borgo.

Un momento storico per il «Villaggio», che attendeva questo giorno da più di dieci anni. Ovvero dal 2007, come ricorda don Luciano Dalla Riva dell’Ufficio diocesano per il beni culturali ed ecclesiastici, «quando, attraverso un referendum, gli abitanti si erano espressi a maggioranza per la demolizione della vecchia chiesa, risalente agli ultimi anni Trenta, da sostituire con una nuova, in linea sia con le normative antisismiche, sia con le mutate esigenze di un rione in continua crescita».

«Borgo Nuovo», spiega don Fainelli, «è un quartiere in controtendenza. Se altrove la popolazione invecchia, qui nell’ultimo anno abbiamo celebrato trenta battesimi e sessanta prime comunioni, mentre i centri estivi sono frequentati settimanalmente da un centinaio di bambini e ragazzi, con una trentina di adolescenti a far loro da animatori».

«Qualche volta ci chiamano ancora il “Villaggio”», continua il parroco, «ma oggi il significato più veritiero di questo termine sta nella dimensione di paese vivo e vissuto, che ha allontanato il rischio di seguire il destino di altri quartieri, divenuti dormitori. Al contrario, a Borgo Nuovo si contano molti gruppi di volontariato, e sia i praticanti assidui sia quelli occasionali si stringono attorno alla parrocchia, rimasta l’anima del quartiere insieme alla piazza Dall’Oca Bianca, per la quale speriamo che il Comune abbia un occhio di riguardo».

Anticipa la risposta di Palazzo Barbieri l’assessore Filippo Rando, residente al Villaggio: «Senza scavalcare i miei colleghi con delega ai lavori pubblici e all’arredo urbano, assicuro che il rifacimento della piazza è una priorità di questa amministrazione, affinché la riqualificazione del cuore del borgo sia completa». La nuova chiesa, intitolata alla Beata Vergine Maria, con le opere parrocchiali adiacenti e la canonica, è sorta nell’arco di quattro anni. La spesa è stata cospicua e - pure quella - in controtendenza rispetto a tempi di crisi economica, nonché spirituale, in cui le chiese, più che essere costruite e riempite, si svuotano. Dalla Cei, tramite l’otto per mille, è arrivato il 75 per cento dei 4,7 milioni di euro necessari; la restante parte è stata coperta con fondi della parrocchia, aiutata dalla Fondazione Cariverona e dalla Regione per mezzo dell’Ater. I progettisti, Ferrari e Pontiroli, coadiuvati dal liturgista don Franco Magnani, hanno operato insieme a Luigi Albertini, direttore dei lavori, ed Ernesto Pisani, architetto che ha seguito la parte burocratica e relativa ai finanziamenti. Il cantiere è stato condotto da un’associazione temporanea di imprese formata da Fedrigoli e Lonardi. E, come svela lo staff, un contributo più che significativo l’hanno dato gli stessi parrocchiani. A cominciare dal sacrestano Tiberio Delaini, «aiutante straordinario», fino ai molti che si sono impegnati per tirare a lucido la chiesa. Durante l’inaugurazione, i fedeli avranno l’occasione di ammirare, oltre all’architettura in sé, la scelta di opere sacre collocate al suo interno: l’altare, l’ambone e il battistero, tutti in candida pietra d’Istria, opere dello scultore Hermann Josef Runggaldier, come pure il gruppo scultoreo che ritrae il battesimo di Gesù nel fiume Giordano. La suggestiva via Crucis / via Lucis, che racconta la passione di Cristo puntando l’attenzione sulla resurrezione, è opera dell’artista Gabriella Furlani, che ha dipinto inoltre la grande tela del Buon pastore per la cappella feriale. Altre opere provengono dalla chiesa precedente, in primis il rosone principale del maestro vetraio Salvatore Cavallini, riposizionato sulla facciata del nuovo tempio, e i 16 rosoni minori sulla vita di Maria, ai quali è stata dedicata un’intera parete.

Cosa manca? Solamente il crocefisso di Tito Amodei, una scultura in bronzo alta 4,5 metri, da appendere dietro l’altare: è in fase di ultimazione, arriverà per Pasqua.

Lorenza Costantino

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