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Deficit al 2,4 per cento dopo il decreto anti immigrati: è l’Italia peronista di Di Maio e Salvini. L’opposizione? La fanno i vescovi.

Non bastava il decreto Salvini che più antiucostituzionale non si può. E’ arrivata anche “la manovra del popolo” (definizione Conte-Di Maio) con relativo sfondamento del deficit al 2,4 per cento, quasi a invocare una bocciatura da parte della Commissione europea. Uno sfondamento che servirà (sono in molti a temerlo) a coprire i danni del rialzo dello spread piuttosto che il mitico reddito di cittadinanza. Il tutto mentre i tifosi grillini acclamano Di Maio con cori e bandiere all’uscita del Consiglio dei ministri. Quasi che piazza Colonna fosse qualcosa a metà tra il pratone di Pontida di bossiana memoria e la piazza Venezia che acclamava i discorsi dal famoso balcone. E’ l’Italia non so quanto populista ma certamente assai simile all’Argentina che acclamava Peròn e il peronismo agitando i fazzoletti bianchi e scandendo: Evita Evita.

E’ questa la immagine che ci consegna la convulsa giornata politica di ieri. Scandita prima dalla tenace resistenza del ministro dell’Economia fino all’ultimo sull’orlo delle dimissioni per non cedere agli ultimatum e ai ricatti gialloverdi. Dimissioni che alla fine non ci sono state dopo un faticoso pressing del Quirinale per evitare che a danno si aggiungesse danno: allo sfondamento del 2 per cento in funzione anti europea anche le dimissioni dell’unico ministro che avesse credito (ma fino a quando?) a Bruxelles.
Qualcosa che ricorda da vicino quando Carlo Azeglio Ciampi convinse in nome dell’amor di patria e del senso dello stato a non dimettersi il ministro degli Esteri Renato Ruggiero (2001, Governo Berlusconi) ormai in palese contrasto con l’asse Forza Italia-Lega che condizionava le scelte di quel governo. Ruggiero obbedì ma poco tempo dopo rassegnò le dimissioni. Uno scenario che potrebbe riproporsi a breve.

Quanto all’opposizione, certo il Pd per domenica ha da tempo preparato una manifestazione a Roma contro il governo a trazione leghista. Quasi un atto dovuto dinanzi alla maggioranza tutta a trazione leghista. Ma intanto proprio ieri l’ex segretario Renzi ha incassato l’ elezione (a risicatissima maggioranza) di un suo fedelissimo Davide Ermini a vicepresidente del Csm, sulla base di una convergenza di membri laici di Forza Italia e del Pd nonchè delle correnti più conservatrici della magistratura, sapientamente sollecitate e orchestrate da Cosimo Ferri già sottosegretario vicino a Forza Italia, ma in quota tecnica e poi berlusconiana e recentissimamente approdato a Montecitorio dalle liste del Pd.

E’ un quadro desolante aggravato dall’incombere del decreto cosiddetto sicurezza, a giudizio dei più con rilevanti criticità costituzionali, ma che, una volta se controfirmato e pubblicato in Gazzetta, sarà operativo anche prima di incorrere nel giudizio della Consulta. E va qui rilevato che per quanto riguarda la stampa l’opposizione più chiara a questa allarmante calamità viene dal mondo cattolico. La sta conducendo con opportuna determinazione “L’Avvenire“, il giornale dei vescovi.

Foto in evidenza: Luigi Di Maio esulta dopo l’approvazione della manovra economica da parte del Consilgio dei ministri

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