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Enrico Rossi: la mobilitazione contro il veleno di un clima e di un senso comune razzista

Più di duemila le adesioni e non meno di 1500 i partecipanti alla manifestazione “Insieme contro il razzismo” lanciato con un appello in difesa della democrazia e dei diritti umani dal sindaco di Firenze Dario Nardella  e dal Presidente della Toscana Enrico Rossi. 

Di seguito l’intervento di Enrico Rossi.

 

Grazie di essere qui, associazioni tutte. Siete tanti, la piazza è piena e io voglio dire che c’è anche un altro valore: che siamo diversi, perché su questi temi è bene ritrovarsi in tanti e tra diversi. Quanti più siamo e quanto più diversi saremo e tanto più riusciremo a difendere i valori della Costituzione. Nessuno ha il monopolio di questi valori!

Nei momenti bui della storia della Repubblica, quando le cose sono sembrate volgere al peggio, c’è sempre stata questa risposta, cioè una risposta di popolo, che si è mobilitato e si è attivato per determinare che le cose andassero in positivo. È il popolo italiano che in molte occasioni della storia della Repubblica ha salvato la democrazia. È avvenuto tutto questo quando nel sentimento, nell’animo delle persone, dei cittadini è scattata la consapevolezza che fosse necessario mobilitarsi in prima persona per salvare la democrazia; ma qualcosa di più anche, per ritrovare la strada giusta dell’umanità e della ragione.

Oggi, di fronte a noi, il pericolo del razzismo, contro cui ci stiamo mobilitando, incombe ancora, incombe di nuovo, noi speravamo che quel periodo fosse consegnato alla storia, alla vicenda vergognosa – che Dario [Nardella, sindaco di Firenze] ricordava – delle leggi razziali del Fascismo, al Manifesto degli scienziati razzisti del ’38, a cui purtroppo dette un contributo anche un accademico fiorentino, Lidio Cipriani, alla rivista “La difesa della razza“, di cui fu caporedattore Giorgio Almirante, a cui anche in Toscana alcuni Comuni hanno deciso d’intitolare le strade.

Dopo il censimento – la parola è “censimento” – degli ebrei nel ’38, vennero promulgate a San Rossore le leggi razziali da un Re che, così, tradì la fiducia dei suoi sudditi e si piegò, ancora una volta, al fascismo, venendo meno ai suoi doveri.

Dalla Toscana furono deportati nei campi di sterminio ben 675 ebrei toscani. La grande maggioranza di loro non tornò. E si dice che tra gli ebrei toscani e di tutto il mondo, dell’Europa, valga il detto che prima cominciano con gli zingari e poi arrivano a noi, per secondi.

Lo ha detto anche il sindaco, la storia non si ripete mai né oggi siamo di fronte a questo pericolo. Io dico che 80 anni di lotte per la democrazia, di dibattito civile non sono passati invano. C’è un sedimento democratico dentro la società italiana, che obbliga tutti a misurarsi con questo sedimento.

Sentiamo però diffondersi idee di superiorità, “prima gli italiani“, sempre comunque; di disprezzo: “Purtroppo ci tocca tenere i Rom italiani“. Purtroppo? Purtroppo?! Sono cittadini italiani, quando sono cittadini, non “purtroppo“. Siamo uguali in base alla Costituzione. E poi ancora sentiamo una svalutazione dello straniero: “finisce la pacchia“, “faremo pulizia“.

Io penso che queste idee che nascono dentro un discorso politico e che si fanno strada anche nel senso comune vanno combattute con serenità, con fermezza, con la mobilitazione delle persone.

 


Nella foto: Piazza Ognissanti di Firenze piena di partecipanti alla manifestazione “Insieme contro il razzismo” dopo un appello del Presidente della Toscana Emrico Rossi e del sindaco di Firenze Dario Nardella

 

A me pare che alla questione sociale, che oggi è “la” questione del paese, alle fabbriche che chiudono, alla precarietà, al bisogno di protezione, al futuro incerto per tutti, per troppi, si propone la facile soluzione di liberarci di chi è straniero, di chi è diverso, perché in quanto tale, in quanto straniero, ci minaccia, ci toglie il lavoro, ci fa sentire insicuri. È un falso, è un errore. La questione sociale esiste ed esiste anche, sentito, il problema della sicurezza.

Ma la soluzione non può essere quella di indicare capri espiatori in quella o in quell’altra etnia. Questa non può essere la soluzione.Non si può, come abbiamo visto in questi giorni, licenziare, come è avvenuto alla ex Pirelli di Figline, mentre si è al lavoro arrivano a casa le lettere alla famiglia. Che mondo è questo? Che rispetto del lavoro, che rispetto della persona c’è in un comportamento di questo tipo? Questo è avvenuto non in chissà quale altra parte del mondo, ma qui a Figline, a 318 lavoratori – nostri concittadini, nostri fratelli, amici – con cui stiamo combattendo insieme una battaglia per non perdere posti di lavoro e produzione.

 

Nella foto: Sul palco di Piazza Ognissanti il sindaco di Firenze Dario Nardella e il presidente della Toscana Enrico Rossi

Noi pensiamo anche che non si può avere un’Europa che pensa solo ai profitti e che non pensa ai lavoratori, un’Europa che mette l’operaio di Termini Imerese contro l’operaio polacco, o un operaio di Figline contro l’operaio della Romania. Che Europa è questa? Non è l’Europa che hanno sognato a Ventotene. Noi abbiamo bisogno di un’Europa del lavoro e dei lavoratori e abbiamo bisogno di un’Europa che si faccia carico, tutta insieme, dei suoi problemi, come quello dell’immigrazione.

Ma, tuttavia, questo non può giustificare il venir meno della nostra umanità e lasciare in balia delle onde donne, bambini e fuggiaschi. Questa è a tutti gli effetti omissione di soccorso; e in un mondo in cui gli stati possono commettere il delitto di omissione di soccorso – è un delitto internazionale – vuol dire che siamo in un mondo brutto, cattivo, che s’imbarbarisce, che sta imboccando la strada della disumanizzazione.

Certo, l’immigrazione è anche un problema, a volte è difficile: per noi e per chi viene. Per entrambi, non bisogna dimenticarselo: non è una passeggiata. È un problema grande da affrontare per il nostro futuro.

Ma noi non possiamo non impegnarci su questa strada. Come sanno bene i sindaci – che voglio ringraziare tutti per il loro impegno. In 100 hanno aderito a questa manifestazione. Grazie per il vostro lavoro e per il vostro impegno quotidiano sul fronte dei problemi della Toscana. Esiste nell’immigrazione un mondo terribile, fatto di sfruttamento, che a volte assume le forme di un moderno schiavismo, di una moderna schiavitù. Anche in Toscana, dobbiamo dircelo, sono soprattutto gli invisibili, coloro che non hanno nessun permesso, non sono residenti, che sono facile preda del caporalato, anche qui in Toscana, sono preda della criminalità organizzata, sono preda di sedicenti imprenditori spregiudicati. Questa realtà va denunciata.

Si è creato e si vuol tenere nel paese una massa di manodopera di riserva a basso costo. Noi queste cose dobbiamo combatterle per dare dignità anche a questi lavoratori, per consentire attraverso il lavoro di potersi integrare in un percorso dentro la nostra società.

Contro queste aberrazioni si è battuto in Calabria Sacko Soumayla, il sindacalista del Mali che proprio per questo è stato ucciso.

L’integrazione non è facile, lo sanno anche qui da noi: richiede lavoro, sacrificio, disponibilità. Lo sanno tante maestre della Toscana, che a me è capitato di incontrare, vere e proprie eroine, lasciate spesso sole a insegnare l’italiano, lasciate spesso sole senza spendere le 10 euro per avere un’ora di mediatore culturale che le aiuti di fronte a una classe dove non si parla per la grande maggioranza italiano.

Ma l’immigrazione, bisogna anche dire con forza, con sentimento, con ragione, che anche da noi è già una ricchezza.

Ma dove li ha gli occhi chi vuole dipingere l’immigrazione come solo portatrice di problemi, di criminalità, come smantellamento della nostra cultura, impoverimento? Dove vivono? Dove vivono?

In Toscana nascono ogni anno 5430 bambini da genitori stranieri, diciamo così, residenti. Senza questi bambini saremo al crollo demografico in Toscana, senza questi bambini i nostri punti nascita dovrebbero essere chiusi, le scuole, gli asili nido, le scuole materne. 5430 bambini che nascono e, non avendo una legge sullo ius soli, rimarranno sempre emarginati fino all’età di 18 anni. Ci vogliamo pensare a questo? Io penso che più tardi ci penseremo e peggio sarà – per noi, per la nostra comunità, per le tensioni che si creano.

E, ancora, a me colpiscono i dati: ci sono in Toscana ben 400mila persone immigrate, regolarmente residenti, sono il 10% della popolazione, prendono meno di quello che danno in termini di sostanze date allo Stato. È una popolazione giovane, attiva, che vuole lavorare, vuole misurarsi, mette dinamismo, anche, dentro la nostra società.

Dove li abbiamo gli occhi? Dove li avete voi? Voi, dove li avete voi, voi che dite che l’immigrazione è solo un problema. Dove li avete gli occhi se non vedete questa realtà, se non vedete che queste 400.000 persone ci salvano dallo sprofondo demografico, che è l’inizio della fine.

Noi abbiamo, grazie alla nostra storia, grazie alla nostra ricchezza, grazie al lavoro, alla produzione, abbiamo la capacità di attrarre immigrazione. Nelle regioni meridionali dove questo non avviene ci si preoccupa dello sprofondo demografico. A Brindisi, dove sono stato, mi dicevano che da 80.000 persone in 20 anni diventano 60.000.

Ma quanti negozi chiudono, quante scuole chiudono? Vogliamo dircele queste cose? Non è solo etica morale è anche ragione. È uno di quei casi in cui l’etica corrisponde alla ragione, corrisponde anche ai nostri interessi. Ci sono in Toscana 35.000 società fondate da immigrati. È evidente che senza queste società la crisi avrebbe colpito di più anche tutti noi.

E poi, io non penso di essere romantico quando dico questo, né del secolo scorso: vivaddio c’è una nuova classe operaia interetnica che si sta formando nei cantieri sulla costa dove si producono yacht da 100 metri che comprano i nababbi del mondo.

C’è una classe operaia nuova che manda avanti le fabbriche nella zona del cuoio, gomito gomito con gli operai bianchi. È una classe operaia integrata che celebra il primo maggio nei loro costumi, ed è una festa bellissima a Santa Croce il primo maggio. E quella classe operaia produce sulla nostra storia le pelli più belle più morbide e più fini del mondo. Questa è la fondazione della nostra ricchezza, anche nel settore della moda. E lì lavora una manodopera immigrata.

C’è una manodopera immigrata che aiuta a produrre i nostri vini. C’è ad Arezzo una manodopera immigrata che ha aperto dei laboratori nel settore dell’oro. E poi c’è nelle nostre famiglie una manodopera immigrata che, di fronte alle carenze dello Stato, assiste i nostri genitori e la nostra famiglia.

Sono o non sono fratelli d’Italia questi? Sono o non sono sorelle d’Italia?

Questo è il punto che vogliamo porre a tutti. Noi in Toscana non ci facciamo impaurire. Esiste un’Italia nuova, esiste una  nuova con cui vogliamo fare i conti. Non ci fa paura. Noi pensiamo che la bussola sia la convivenza, l’integrazione, il rispetto della legge e della Costituzione. E noi, a partire da queste idee, vogliamo guardare con fiducia al futuro.

Noi non ci nascondiamo i problemi: li ho detti, sono seri e vanno affrontati. Ma siamo sicuri che niente può danneggiarci, che niente può farci di peggio che la diffusione di un clima e di un senso comune razzista. Sarebbe per noi una bomba sulla testa, sarebbe veleno, quando abbiamo bisogno proprio del contrario.

Per questo noi siamo antirazzisti: perché non vogliamo rinunciare ai nostri principi, perché non vogliamo rinunciare alla nostra umanità, perché vogliamo continuare a ragionare per costruire il futuro della nostra regione e del nostro paese.

Foto in evidenza: Più di 1500 persone a Firenze, in piazza Ognissanti, per la manifestazione “Insieme contro il razzismo”

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