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Il congedo di Caldarola e il dramma di una sinistra necessaria che c’è sempre meno

La decisione annunciata da Peppino Caldarola di non scrivere più di politica, annunciata con un garbo che è pari alla determinazione, è qualcosa che impone qualche dolorosa riflessione a quelli della mia generazione (più o meno la stessa di Peppino) che sono cresciuti a pane de politica. O, come mi disse più di 50 anni or sono un vecchio compagno socialista di Napolisolo a politica perchè pane ce ne è poco“.
Naturalmente la prima sensazione è di profonda amarezza. La seconda è di un vuoto pratico. leggere Mambo la mattina ti stimolava le idee, ti dava spunti per ragionare e magari qualche volta ti faceva anche incazzare. Ma era di lì che dovevi partire per pensare alle cose della politica e soprattutto della sinistra, mai come ora, in una permanente difficoltà assai vicina al diventare definitiva.

Nello spiegare il suo addio al commento più o meno quotidiano Caldarola ne indica i motivi. “Non vedo – scrive – futuro con questa politica“. E qui il riferimento è allo stato generale, al basso livello, nel quale si dibattono quelli che una volta erano i partiti con naturale conseguente decadimento delle istituzioni. Subito dopo aggiunge: “La sinistra è diventata una piccola cosa devastata da risse, da pensieri talmente deboli che non durano 24 ore … Vedo ragazzi e ragazze senza lavoro e noi non diamo risposte. Vedo gente impoverita e spaventata e noi non diamo risposte“. Poi conclude amaramente: “Non era questa la parte finale della mia vita che mi ero immaginato”.

Come non condividere queste drammatiche considerazioni! E come non vedersele confermate da quello che ci circonda. Anche a sinistra, anzi a sinistra soprattutto. Penso allo svolgimento appena avviato del Congresso del Pd: almeno 8 candidati e non ancora una data che poi dovranno essere più date per l’avvio e il compimento del percorso congressuale. Il tutto mentre uno dei candidati alla segreteria, Marco Minniti, 62 anni buona parte dei quali vissuti da dirigente autorevole del Pci afferma di non essere mai stato comunista.
Un’affermazione (non è la prima in tal senso di esponenti del Pd provenienti dal Pci) che mi ha sconcertato. Quando l’ho letta mi sono ricordato di una vecchia Tribuna politica dei primi anni 70. Allora Pajetta rivendicava con orgoglio di aver sempre dato del “Lei” al suo partito. Era un modo di manifestare anche qualcosa più del rispetto nei confronti del Partito comunista italiano e della comunità e della storia che esso rappresentava. Parole che colpirono e per certi versi commossero anche me che di quel partito non facevo parte. Perchè i partiti e soprattutto coloro che di essi facevano parte meritavano e meritano rispetto. Mi chiedo, quindi, se negare di essere stato comunista non sia per un dirigente del Pci un modo di negare la propria storia e la storia di quella comunità. E mi chiedo, soprattutto, se questo non abbia contribuito all’indebolimento della politica, riducendo il ruolo dei partiti (articolo 49 della costituzione), compresa lo loro storia a strumenti usa e getta tarati sul breve periodo.

Anche a sinistra del Pd le cose non vanno bene. Le vicende di LeU che non è riuscita a farsi partito e che vede ogni giorno l’annuncio di piccole e, talvolta, divergenti se non contrapposte iniziative sono altrettanti gravi segnali della fragilità della sinistra. Per giunta in un momento nel quale la sinistra più che utile sarebbe assolutamente necessaria. Questo è il quadro, almeno così credo, nel quale si colloca l’amara decisione di Caldarola.

E qui mi viene da porre, soprattutto e me stesso un interrogativo. Con quale volto oggi la politica e in particolare quella della sinistra si presenta a un ventenne che in essa volesse impegnarsi? E giovani che fanno questa domanda se ne incontrano ancora: nei master universitari dedicati alla politica; nelle Università, persino in quel che resta dei partiti. Ma se devo guardarmi intorno vedo un grande vuoto. Ieri di punti di riferimento ce ne erano tanti: da Togliatti a Berlinguer; da Nenni a Craxi; da Moro ad Andreatta. E poi c’era Pannella. Oggi Salvini e Di Maio sembrano avere campo libero. E quella di Peppino (io mi auguro il contario) un’ultima uscita di sicurezza. Rispetto alla propria storia.

Foto in evidenza: Peppino Caldarola

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