Siamo usciti dal PD perché l’“ille dixit” e il “deus ex machina” non sono mai appartenuti al patrimonio della sinistra. I nostri riferimenti culturali e politici (Gramsci, Labriola, Desanctis, Bobbio, ecc.) sono refrattari rispetto a tali tentazioni.
Abbiamo, quindi, aderito ad un nuovo soggetto politico sorto con l’intento di recuperare lo spazio politico della sinistra, proponendo ai cittadini, frattanto confusi e diversamente collocati, i valori e le istanza di una sinistra di governo: ossia di una sinistra che non si fa solo carico di battersi contro le ineguaglianze sociali e per la dignità del lavoro, ma anche dei superiori interessi nazionali all’interno e non contro l’Europa.
Fin qui tutto bene. Ora, però, “Liberi e Uguali” deve risolvere alcune questioni vitali.

La prima: sono confluiti in questa nuova alleanza elettorale cittadini e forze che hanno storie e percorsi diversi. Le differenze sono di certo ricchezza creativa, ma il primo rischio da evitare è che esse si cristallizzino a difesa delle posizioni d’origine. Vi è bisogno, quindi, di una operazione culturale di reductio ad unum, intesa non in senso coercitivo ma quale risultato pur faticoso di un processo dialettico che porti a definire una, e soltanto una, linea politica chiara, netta, capace di recuperare quei consensi oggi ancora smarriti.
In difetto di ciò prevarrebbero le dissonanze che mal si concilierebbero con l’attesa di un “sol dell’avvenire” il quale, proprio per tale ragione, tarderebbe a sorgere.

La seconda questione è di carattere strategico.
E’ pur vero che le istanze di sinistra possono avere gambe anche dai banchi dell’opposizione. Ciò, come la storia dimostra, è possibile se si dispone di una forza “condizionante” come è stata il PCI con il suo milione e mezzo di iscritti e una valenza elettorale del 30%. Il che non è certamente il nostro caso. Si pone, quindi, il problema delle alleanze. E qui, se abbiamo salutato positivamente l’alleanza con il PD per le regionali del Lazio, qualche perplessità, pur nel rispetto della decisione assunta dall’assemblea lombarda del movimento, sorge non solo in alcuni di noi, militanti di base, ma anche in esponenti di primo piano di LeU, circa il mancato sostegno a Gori.

Nella foto: Vincenzo Pizzolo mentre interviene ad una iniziativa con Enrico Rossi

Domanda: sono state seriamente valutate le proposte di Gori? Ha Gori respinto le nostre istanze? Oppure è prevalsa una pregiudiziale a prescindere? E ancora, siamo sicuri che ciò che Gori avrebbe negato sia soltanto ipotizzabile che possa realizzarsi con Fontana governatore della Lombardia?
Il tema delle alleanze non è di poco conto, esso investe la strategia del Movimento.
Pongo, dunque, una semplice domanda a coloro che hanno respinto l’ipotesi di una alleanza a sostegno di Gori: se è vero che l’arancia non è una sfera perfetta, ma quale valore ha per l’uomo una sfera perfetta se non si fa arancia?
E’ da evitare la tentazione di dividersi tra coloro che si ritengono depositari del “Verbo” della sinistra e chi non ha paura della contaminazione. Che valore ha il “verbo” se non si fa carne, realtà utile per il Movimento e per il Paese? Sì, il rischio c’è ed è quello di preferire, per paura della contaminazione, la corsa solitaria analoga a quella dei grillini. E, parafrasando la scena finale del celeberrimo film “ Nous sommes tous des assassins”, chiediamo: ma se i grillini hanno torto, noi perché abbiamo ragione?
Eppure si dice che la Storia sia maestra di vita.

Commenti