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Un’assemblea che somigliava a un Congresso. Articolo 1 prova a rilanciare una sinistra che sia alternativa alla destra

La prima cosa che colpisce nella riunione che a Roma ha tenuto Articolo 1 è che essa, pur essendo qualcosa a metà tra un’assemblea e una manifestazione, somigliava molto a un Congresso, magari un po’ alla vecchia. Una assemblea nella quale a tenere banco non erano i nomi di possibili capi di un’organizzazione politica, ma i suoi contenuti politici. Non a caso Bersani, nel suo intervento ha spiegato e detto a chiare lettere che piuttosto che scegliere un leader si dovranno eleggere dei dirigenti “in grado di tenere l’orecchio a terra e di ascoltare la gente, gli elettori, e di connettersi così con il popolo”. Ed è anche in questo che sta la forte differenza tra Articolo 1, che vuole ricostruire una sinistra socialista del lavoro ed ecologista in grado di essere l’alternativa alla più pericolosa destra di governo del dopoguerra, e il Pd, che si avvia a primarie nelle quali sinora il principale tema sembra essere quello di misurare quanto i candidati in campo siano o non siano distanti da D’Alema. E’ stata quella di Roma una manifestazione di alta intensità politica come hanno dimostrato l’appassionata relazione di Roberto Speranza e gli interventi di Pierluigi Bersani, Enrico Rossi, Federico Fornaro, nonchè di Stefano Fassina e di Alfredo D’Attorre.

La contrapposizione all’attuale governo della destra che Articolo 1 immagina di dover e poter costruire, assieme ad altri e soprattutto intercettando l’orientamento degli elettori che il 4 marzo hanno guardato altrove, in quanto poco convinti dalle scelte neoliberiste di chi, non soltanto in Italia, si dichiarava essere la sinistra è netta e a tutto campo. E parte dai contenuti. Non a caso Speranza ha detto che il decreto sicurezza è “il manifesto della peggior destra europea“. E nasce di qui l’esigenza di sfidare in campo aperto la maggioranza di governo attuale, “senza rassegnarsi alla saldatura con i Cinque Stelle e la peggior destra europea“. Nella quale trovano ancora spazio non soltanto la Meloni ma anche quel che resta di Berlusconi e del berlusconismo. Nè può non preoccupare il fatto che parte dell’establishment nazionale pensi che l’Italia possa andare avanti, ripulendo gli eccessi del salvinismo leghista con il recupero di Berlusconi e magari quel che resta del renzismo non si sa fino a quando ancora nel Pd.

Temi questi che sono tornati nel corso del dibattito. Enrico Rossi ha posto l’accento su due punti importanti per l’azione politica della sinistra nei prossimi mesi e nei prossimi giorni: 1) avere una propria proposta sull’immigrazione in grado di regolare e contenere i flussi senza mai degenerare nel razzismo. Ma per regolare e razionalizzare i flussi è necessario creare anche strumenti per organizzare una immigrazione legale; 2) salvaguardare l’unità del Paese dinanzi all’ipotesi di regioni che accentuino la propria autonomia a discapito di altre, in particolare di quelle del Mezzogiorno. In gioco è la tenuta dello Stato unitario.

Insomma, ricostruire la sinistra democratica ed essere alternativi ad una destra che sembra aver già fagocitato il movimento dei 5Stelle. Al quale Bersani ritiene tuttora importantissimo dedicare una sorta di strategia dell’attenzione a cominciare dai territori. Il riferimento è, per esempio, a quelle elezioni locali e regionali che rischiano (anche nell’Italia centrale, anche in Emilia Romagna) consegnare quegli organismi elettivi a maggioranze dominate dalla Lega. Per evitare questa deriva è fondamentale fare uscire i grillini allo scoperto. E questo non sarà facile né tantomeno scontato.

Naturalmente la sinistra democratica socialista riformista ed europeista non la può ricostruire da sola Articolo 1, che tuttavia si assume l’impegno a provare a farlo. E qui il campo si allarga. In Europa bisogna avere un solido ancoraggio ai partiti del socialismo e dell’ecologismo, tra i quali come è noto non mancano opinioni e organizzazioni diverse che tuttavia possono e debbono trovare una convergenza che sia la più ampia possibile e nella quale la tradizione socialista italiana ha da rivendicare il diritto a fare la sua parte. Il tutto mentre le elezioni di metà termine americane con il successo di giovani candidate e candidati democratici sono davvero un segnale incoraggiante.

Da noi, poi, c’è il problema del Pd, impegnato fino a marzo nelle sue primarie, per scegliere il segretario. Il tutto con le divisioni anche all’interno di quello che era il solido blocco renziano. Dopo che Matteo Renzi ha preso le distanze dal Congresso in corso e, forse, anche dal partito orientato a crearne uno nuovo. A proposito. E’ di oggi un’intervista di Luca Lotti che annuncia il suo sostegno a Martina e dice di non credere che Renzi farà un nuovo partito. Un quadro nel quale è molto difficile capire tra tatticismi e politicismi esasperati. Eppur bisogna provarci. Anche qui segnali poco incoraggianti, visto che persino l’occasione della celebrazione dell’anniversario della rivista “Italianieuropei” è diventata per alcuni l’occasione non per provare a confrontarsi sulla politica, ma per accusare questo o quel candidato alle primarie di essere più o meno vicino a D’Alema. Insomma: i nomi continuano a contare più della politica. Per ricostruire il cammino non sarà facile. Eppure bisogna andare a ricostruire. E presto!

Foto in evidenza: L’assemblea di Articolo 1-MDP “Ricostruzione”

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