HOMEContattiDirettoreWebTvNewsNews SportCultura ed Eventi

 

 

Lavello ricorda Pietro Sauna, il fruttivendolo che lottò contro la mafia

11/03/2018



Pare facesse molto freddo quella mattina del 4 febbraio 1995. Ed erano le cinque e mezza quando Pietro Sanua venne assassinato; un colpo di lupara in pieno volto. Guidava il suo furgoncino Mercedes diretto al mercato di Corsico, in provincia di Milano; di fianco, vent’enne, suo figlio Lorenzo.
A distanza di ventitré anni, il sole di marzo riscalda la piazzetta di Lavello e il suo Mercato Comunale a lui oggi intitolato; alla presenza di suo figlio Lorenzo, del sindaco della città Sabino Altobello, del vice presidente nazionale di Libera Don Marcello Cozzi, del prefetto di Potenza dr.ssa Giovanna Stefania Cagliostro e del vice presidente della Confesercenti di Milano Ferruccio Patti.

È solo nel 2010 che il nome del sindacalista Pietro Sanua è ufficialmente entrato nell’elenco delle vittime di mafia, ma in questo 10 marzo il suo nome riecheggiava più forte che mai. Un nome che ancora oggi, a distanza di anni, non riesce a trovare la giustizia che merita: un caso, all’epoca, chiuso troppo in fretta; un assassinio archiviato con un giro di pagina, quando si pensava e diceva che a Milano la mafia non poteva mai esistere. Lasciatosi alle spalle una povera Basilicata quando aveva solo tredici anni, Pietro Sanua s’era trasferito nella provincia di Milano per fare il commerciante ambulante e per diventare, poi, il presidente provinciale dell’Associazione Nazionale venditori ambulanti della Confesercenti. Difendeva i diritti dei lavoratori, perché quella attività sindacale era la naturale conseguenza della sua responsabilità. A gran voce, pochi mesi prima della sua uccisione, aveva denunciato alla Commissione di Palazzo Marino il racket dietro al mercato dei fiori e alla spartizione delle postazioni dei chioschi all’esterno dei cimiteri; una gestione che, inevitabilmente, coinvolgeva anche i ‘colletti bianchi’. E, leggendo la sua storia, pare avesse avuto un diverbio con il boss della 'ndrangheta Salvatore Morabito, per questioni di lavoro all'interno dell'Ortomercato di via Cesare Lombroso a Milano, zona di dominio della cosca calabrese. La lotta per la Verità e per la Legalità gli costarono la vita. Voleva che le cose cambiassero, che si cominciasse a parlare di diritti per tutti. Ma la mafia volle che la sua morte fosse un chiaro messaggio alle istituzioni e alla società civile: evidentemente, c’era qualcuno che non voleva alcun cambiamento, in una Milano – o un Nord – dove la mafia veniva rinnegata.


Oggi, però, quel messaggio sporco di sangue s’è trasformato in un esempio di lotta e il prossimo 21 marzo – nella Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie – ci sarà anche il nome del lucano Pietro Sanua a ricordare all’Italia la forza della Memoria. Perché – come detto da Don Marcello Cozzi – “la Memoria è Responsabilità: non è invitare alla rassegnazione o un semplice ricordo. È impegnarsi insieme per costruire una società che i mafiosi di ogni tipo, compresi i ‘colletti bianchi’, non macchino di illegalità e non marchino con il sangue di vittime innocenti”. Non è più il colpo di una lupara, ma il giro della droga, dell’usura, del gioco d’azzardo. È una strage silenziosa, subdola; è un cancro che continua a divorare questa società italiana e che, con la corruzione, ingloba anche le istituzioni. Ad oggi, sono circa mille le vittime innocenti di mafia: dietro ogni singolo numero, ci sono uomini e donne, ci sono storie, ci sono sogni spezzati. “Il ricordo – ha continuato Don Cozzi – è un voler affiancare, un voler sostenere i famigliari di quelle vittime. E senza giustizia, quel dolore non andrà mai più via”. Le parole di Lorenzo Sanua, di un figlio, sono cariche di orgoglio: intitolare il mercato comunale di Lavello a suo padre, a un venditore di frutta e verdura che ha lottato per i diritti dei lavoratori, significa rendere concreta quella Memoria, significa rendere tangibile quella Responsabilità per le future generazioni. Ed è sempre toccante vedere scritto su un cartellone bianco, a caratteri cubitali, le parole di Peppino Impastato: “La mafia uccide, il silenzio pure”; ancora più bello quando quel cartellone è sorretto dalle piccole mani di un bambino.

Marialaura Garripoli



ALTRE NEWS

CRONACA

23/04/2024 - Tito: in controsenso in autostrada, intervento della polizia
23/04/2024 - Impiantato all’ospedale di Matera il pacemaker più piccolo al mondo
23/04/2024 - Multa al carro funebre senza assicurazione e non revisionato
23/04/2024 - Basilicata: ecco il nuovo Consiglio regionale

SPORT

23/04/2024 - Futsal Senise: due giovani talenti convocati al torneo delle regioni
23/04/2024 - Rotonda, mister Pagana: ‘Abbiamo tenuto testa ad una delle più forti del girone’
22/04/2024 - A S. Arcangelo la finale tra ACS 09 e Tito con in palio la '' Promozione ''
21/04/2024 - Per il Rotonda sconfitta indolore a Nardò

Sommario Cronaca                                  Sommario Sport

Non con i miei soldi. Non con i nostri soldi
di don Marcello Cozzi

Parlare di pace in tempi di guerra è necessario, ma è tardi.
Non bisogna aspettare una guerra per parlarne. Bisogna farlo prima.
Bisogna farlo quando nessuno parla delle tante guerre dimenticate dall'Africa al Medio Oriente, quando si costruiscono mondi e società sulle logiche tiranniche di un mercato che scarta popoli interi dalla tavola dello sviluppo imbandita solo per pochi frammenti di umanità; bisogna farlo quando la “frusta del denaro”, come ...-->continua



 



Agoraut - Associazione culturale di informazione territoriale - P.Iva: 01673320766 - Copyright© lasiritide.it - Webmaster: Armando Arleo