«Possesso e distribuzione di materiale pedopornografico». Con queste accuse la polizia del Canada ha emesso un mandato di arresto per il diplomatico della Santa Sede, monsignor Carlo Alberto Capella, richiamato da Washington - della cui nunziatura era un «senior member» (membro di alto livello) - all'inizio di settembre, attualmente in Vaticano dove è indagato per pedopornografia.

Un comunicato della polizia di Windsor informa che l'inchiesta a cui fa riferimento il mandato d'arresto è stata condotta sul web e sui siti internet coinvolti, dopo una segnalazione del Centro nazionale di coordinamento contro lo sfruttamento dei bambini. Dall'indagine è emerso che il «sospetto» avesse scaricato e poi diffuso materiale di natura pedopornografica «mentre visitava un luogo di culto a Windsor, in Ontario» nel periodo tra il 24  il 27 dicembre 2016. La diocesi di London, sempre in Ontario, ha confermato tramite il suo portavoce di aver ricevuto una richiesta di aiuto per l'indagine e che l'assistenza è stata fornita in relazione alle possibili violazioni della legge sulla pornografia infantile fatte da monsignor Capella, il quale avrebbe utilizzato «un computer in una Chiesa locale».

Dal Vaticano informano che tra le mura leonine si è a conoscenza del mandato ma al momento non risulta pervenuta alcuna richiesta di arresto. Attualmente monsignor Capella risiede nel Collegio dei Penitenzieri, lo stesso appartamento a pochi passi dalla Casa Santa Marta occupato due anni fa dal polacco monsignor Jozef Wesolowski, nunzio nella Repubblica domenicana, morto per problemi cardiaci prima che iniziasse il suo processo per pedofilia.

La vicenda di Carlo Alberto Capella, 50 anni, ordinato sacerdote nel '93 nell'arcidiocesi di Milano, in servizio presso la sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato prima di divenire il numero tre nella nunziatura Usa, era stata resa nota da un comunicato della Sala Stampa vaticana dello scorso 15 settembre in cui si informava che il Promotore di Giustizia del Tribunale vaticano, Giampiero Milano, aveva deciso di aprire un fascicolo dopo che il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America aveva notificato, per via diplomatica, «la possibile violazione delle norme in materia di immagini pedopornografiche da parte di un membro del corpo diplomatico della Santa Sede accreditato a Washington».

Notificazione, questa, avvenuta il 21 agosto scorso ma resa pubblica dopo circa un mese. La Santa Sede aveva quindi richiamato il sacerdote la cui identità è stata presto rivelata dai media statunitensi. Inizialmente l'agenzia Associated Press spiegava che il prelato era sospettato di possedere, ma non di produrre o diffondere, pornografia infantile, comprese immagini di bambini nell’età precedente la pubertà. Ma nel rapporto della polizia del Canada adesso è incluso anche il reato di «distribuzione». Reato che, secondo la Legge dello Stato della Città del Vaticano n. VIII, dell'11 luglio 2013, recante “Norme complementari in materia penale”, è punita con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.500 a euro 50mila. Ancora l'AP riferiva che il Dipartimento di Stato americano, il 21 agosto, aveva chiesto al Vaticano di rimuovere l’immunità diplomatica del funzionario affermando, però, in seguito che la richiesta era stata respinta tre giorni dopo.

La Sala Stampa vaticana - chiedendo di mantenere il «massimo riserbo» sull’intera faccenda - sottolineava invece che, una volta ricevute le informazioni dal governo statunitense, la Segreteria di Stato non ha esitato a trasmetterle al Promotore di Giustizia il quale ha aperto un’indagine in merito, avviando anche una collaborazione a livello internazionale al fine di raccogliere elementi relativi a questo caso che torna a scuotere i più alti piani della diplomazia pontificia.

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