In un’Europa indebolita dalla Brexit, sorpresa dal risultato del voto tedesco e alle prese con l’incognita dell’odierno referendum catalano spicca la volontà politica della Francia di rilanciare in avanti la costruzione di una casa comune.

Con il discorso della Sorbona, Macron ha presentato un progetto che offre soluzioni comuni ai problemi che più assillano i cittadini dell’Ue: la reciprocità nel commercio per sanare le ferite della globalizzazione che alimentano le diseguaglianze, una procura europea per difenderci meglio dal terrorismo jihadista, una polizia di frontiera e procedure condivise sull’asilo ai profughi per governare i flussi migratori, una difesa integrata per affrontare la proliferazione delle minacce strategiche, una task force per combattere le frodi alimentari e garantire la salute collettiva.

È un’agenda che trasforma Parigi nel possibile laboratorio di risposte efficaci all’ondata di movimenti, gruppi e partiti di protesta che proliferano nel Vecchio Continente.

Proprio in ragione della difficoltà da parte dei partiti tradizionali di cogliere le vere ragioni dello scontento popolare: il disagio causato dalle diseguaglianze, la paura legata a terrorismo e migrazioni. Ma le novità in arrivo da Parigi non riguardano solo i contenuti, bensì anche il metodo di operare. Nel summit di Lione infatti, Macron ha proposto all’Italia di lavorare ad un «Trattato del Quirinale» sul modello dell’accordo dell’Eliseo che nel 1963 portò alla nascita dell’asse franco-tedesco. E’ un passo che lascia intendere quanto Macron ritenga necessario rafforzare il ruolo degli Stati nazionali nel quadro dell’edificazione di un’Europa più integrata. È una nuova declinazione delle cooperazioni rafforzate e merita attenzione. Un segnale in questa direzione Macron lo aveva già inviato alla volta di Berlino quando, poco dopo l’insediamento all’Eliseo, propose alla cancelliera Angela Merkel la creazione di gruppi di lavoro comuni su ogni dossier cruciale all’integrazione. Da allora dozzine di alti funzionari francesi e tedeschi lavorano, stabilmente, fianco a fianco dando vita ad una struttura amministrativa di alto livello che consente ai due Paesi di studiare, sin dalla genesi, soluzioni comuni alle sfide dell’Ue.

Ciò significa che la nuova Europa di Macron sta già muovendo i primi passi e la proposta del «Trattato del Quirinale» può estendere tale network anche all’Italia. Sta dunque al nostro Paese vedere l’occasione offerta da Macron con gesti, simbolici e politici, capaci di testimoniare la volontà di raccogliere la sfida. La creazione di gruppi congiunti di lavoro italo-francesi, sul modello di quelli franco-tedeschi, potrebbe essere un passo nella direzione giusta.

Anche per disinnescare tensioni e rivalità sui terreni dove i rispettivi interessi causano scintille: dal Maghreb alle telecomunicazioni, dall’industria alla finanza. Senza contare che l’Italia dispone di competenze sui temi della sicurezza capaci di fare la differenza: trasformando ad esempio il Comitato di analisi strategica anti-terrorismo – che consente alle forze di sicurezza italiane di cooperare in tempo reale – in un modello da ripetere anche fra i partner europei, per superare le carenze di collaborazione fra partner nella lotta ai jihadisti. Poiché l’Europa è diventata una regione capace di generare crisi a velocità imprevedibile, le opportunità che Macron offre ai partner dovrebbero essere colte con altrettante rapidità. Per tentare di innescare un volano di costruzione europea talmente sorprendente da potersi trasformare nell’antidoto al populismo che bussa alle nostre porte.