A Pesaro c’è una caserma dell’esercito, che a entrarci si resta sbalorditi. Portone blindato, veicoli mimetizzati, corpo di guardia con le mitragliatrici. Ma poi nel piazzale si sente musica rock per tutto il giorno, con mixaggio professionale. Entri in una palazzina, e trovi una tipografia. Giri l’angolo, e dietro una serie di porte sempre chiuse, c’è una redazione dove si disegnano fumetti: prima gli schizzi a mano, poi con un software apposito. E ancora: studi televisivi e radiofonici. Oppure l’area di analisti del web.

Benvenuti al 28° Reggimento Pavia, specializzato in «comunicazioni operative». Nella società della comunicazione, infatti, dove un video su Facebook può fare più danni di una cannonata, e dove la guerra di propaganda è violenta quanto quella reale, anche le forze armate si sono adeguate e sono pronte a combattere la guerra delle parole oltre quella tradizionale delle armi. Comunicazioni operative: fuori di gergo militare, significa che questi militari utilizzano ogni tipo di strumento - radio, tv, Internet, giornali, opuscoli, volantini, perfino fumetti - per «acquisire, accrescere o consolidare il consenso» tra le popolazioni nei territori lontani dove i nostri reparti conducono le loro missioni.

Dal Libano all’Afghanistan, al Kosovo, c’è sempre un nucleo di questi specialisti che si dedica a presidiare le menti e i cuori, prima che il territorio. È dal 2004 - dopo l’esperienza di Radio West ai primordi della missione in Kosovo - che l’Esercito ha creato questo reparto per preparare campagne di comunicazione. Non un lavoro asettico. Vengono addestrati anche a muoversi sul campo, con sociologi e antropologi che li assistono, per rapportarsi con la popolazione. Studiano lingue difficili. Ed è talmente delicata, la loro funzione, a metà strada tra «operazioni psicologiche» e marketing, pubbliche relazioni e contropropaganda, da essere inquadrati nel Comando forze speciali dell’Esercito.

Siccome sono innanzitutto soldati, tutte le loro apparecchiature sono montabili su una jeep e trasportabili in capo al mondo, in missioni dove impugneranno un fucile, ma è più importante che sappiano tradurre nella lingua e cultura locale un concetto e poi analizzare l’effetto che fa. Sono perciò pronti ad installare dal nulla una emittente radio; redigere stampare e diffondere piccole pubblicazioni in lingua locale (con maniacale attenzione alle sensibilità e fedi religiose onde evitare messaggi sbagliati); seguire sul web i commenti degli utenti e individuare una corrente ostile da rintuzzare. Inseriti nel contingente italiano di Unifil, i Caschi Blu che presidiano la zona di confine del Libano verso Israele, di recente hanno condotto una campagna di sensibilizzazione contro le mine improvvisate. Un fumetto di una decina di pagine, pensato specificamente per gli adolescenti libanesi.

«Il nostro scopo - spiega il comandante del Reggimento, colonnello Luca Felicissimo - è favorire la corretta comprensione della missione da parte delle popolazioni, creando un “canale comunicativo” trasparente. Ovviamente ci avvaliamo di metodologie e tecniche della comunicazione persuasiva». Sono soldati «sui generis», insomma. Tra loro, un reparto deve garantire la conduzione radiofonica. Ecco perché l’emittente trasmette di continuo, anche in questi giorni, sul piazzale della caserma. Non per intrattenimento, ma per addestramento.

«La radio in certi contesti continua ad essere un media particolarmente ficcante», dice ancora Felicissimo, che si trova a fare da comandante di una caserma e da producer multimediale. In certe terre molto arretrate, peraltro, hanno riscoperto il valore delle vignette. Se la parola è ridotta al minimo, capiscono anche gli analfabeti. Così, nel reparto disegnatori, dove si sta preparando un nuovo opuscolo, ogni scelta del prossimo fumetto viene soppesata, dallo storyboard alla grafica, i colori, le facce, i gesti, gli abiti, perchè l’obiettivo è essere convincenti, non cestinati. E poi, di contro, c’è il web.

Potenzialmente gli specialisti del 28° sarebbero in grado di condurre campagne di promozione sociale e culturale, ma anche, con le dovute accortezze, contrastare una vulgata sfavorevole. Potrebbero, un giorno che una missione militare fosse destinata al cuore dell’Africa, sfatare qualche mito che lì è dato per assodato e che attira migliaia di giovani africani verso le nostre coste. Un po’ come fa l’Oim, l’Agenzia delle Nazioni Unite per le migrazioni, che in Niger cerca di raccontare la vera tragedia di chi prova ad arrivare in Europa passando per la Libia.

Come in tante altre cose militari, le direttive generali vengono dall’Alleanza atlantica. Ma in questo campo gli italiani sono all’avanguardia. Non sarà solo merito delle «comunicazioni operative», ma è un fatto che i contingenti italiani sono molto apprezzati dovunque operino. E gli alleati se ne sono accorti. Così gli americani - che investono molto su questo tipo di comunicazioni - hanno deciso di inviare un loro ufficiale di collegamento a Pesaro; e un italiano del 28° Reggimento risiede stabilmente al comando di Tampa, in Florida, dove si pianificano le missioni statunitensi. Indubbio riconoscimento di questa eccellenza italiana con le stellette.

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