La politica non sia «né serva né padrona, ma amica e collaboratrice». Neanche «paurosa o avventata, ma responsabile e coraggiosa e prudente». Non lasci «ai margini alcune categorie, non saccheggi e inquini le risorse naturali». «Sappia armonizzare le legittime aspirazioni dei singoli e dei gruppi tenendo il timone ben saldo sull’interesse dell’intera cittadinanza». Papa Francesco inizia la sua visita a Cesena, prima di trasferirsi a Bologna, in piazza del Popolo, nome e luogo simbolo di incontro che richiama il bene comune, in cui «si impasta il bene comune».

Il Pontefice invita i politici a chiedere scusa quando sbagliano, poi «si vada avanti». Ribadisce con forza l’appello a rafforzare il dialogo tra giovani e anziani, la denuncia della corruzione definita un «tarlo». Il buon politico è anche «martire», che accetta di abbandonare le proprie idee per essere a servizio. 

 

Francesco è a Cesena e Bologna, oggi 1 ottobre 2017, nel terzo centenario della nascita del papa Pio VI, e a Bologna per la conclusione del Congresso eucaristico diocesano. Al suo arrivo all’eliporto, vicino l’Ippodromo di Cesena, il Papa è accolto, tra gli altri, da monsignor Douglas Regattieri, vescovo di Cesena-Sarsina. Subito dopo si sposta in auto a piazza del Popolo, dove incontra la cittadinanza. 

Il Papa si dice «lieto di iniziare la visita a Cesena, in questo luogo così significativo per la vita civile e sociale della vostra città. Una città - ricorda - ricca di civiltà e carica di storia, che tra i suoi figli illustri ha dato i natali anche a due Papi: Pio VI, di cui ricordiamo il terzo centenario della nascita, e Pio VII». Da secoli «questa Piazza costituisce il punto d’incontro dei cittadini e l’ambito dove si svolge il mercato. Essa merita dunque il suo nome: Piazza del Popolo, o semplicemente “la Piazza”, spazio pubblico in cui si prendono decisioni rilevanti per la città nel suo Palazzo Comunale e si avviano iniziative economiche e sociali». È un luogo «emblematico, dove le aspirazioni dei singoli si confrontano con le esigenze, le aspettative e i sogni dell’intera cittadinanza; dove i gruppi particolare prendono coscienza che i loro desideri vanno armonizzati con quelli della collettività; dove si apprende che, senza perseguire con costanza, impegno e intelligenza il bene comune, nemmeno i singoli potranno usufruire dei loro diritti e realizzare le loro più nobili aspirazioni, perché verrebbe meno lo spazio ordinato e civile in cui vivere e operare». È il posto in cui «si impasta il bene comune, si lavora per il bene comune».

La centralità della piazza «manda dunque il messaggio che è essenziale lavorare tutti insieme per il bene comune. È questa la base del buon governo della città, che la rende bella, sana e accogliente, crocevia di iniziative e motore di uno sviluppo sostenibile e integrale». E piazza del Popolo, «come tutte le altre piazze d’Italia, richiama la necessità, per la vita della comunità, della buona politica; non di quella asservita alle ambizioni individuali o alla prepotenza di fazioni o centri di interessi», sottolinea il Papa. bensì «una politica che non sia né serva né padrona, ma amica e collaboratrice; non paurosa o avventata, ma responsabile e quindi coraggiosa e prudente nello stesso tempo; che faccia crescere il coinvolgimento delle persone, la loro progressiva inclusione e partecipazione»; poi, anche «che non lasci ai margini alcune categorie, che non saccheggi e inquini le risorse naturali – esse infatti non sono un pozzo senza fondo ma un tesoro donatoci da Dio perché lo usiamo con rispetto e intelligenza. Una politica che sappia armonizzare le legittime aspirazioni dei singoli e dei gruppi tenendo il timone ben saldo sull’interesse dell’intera cittadinanza».

Questo è «il volto autentico della politica e la sua ragion d’essere: un servizio inestimabile al bene all’intera collettività. E questo è il motivo per cui la Dottrina sociale della Chiesa la considera una nobile forma di carità».

Francesco esorta i ragazzi e i meno giovani «a prepararsi adeguatamente e impegnarsi personalmente in questo campo, assumendo fin dall’inizio la prospettiva del bene comune e respingendo ogni anche minima forma di corruzione». «La corruzione - afferma - è il tarlo della vocazione politica, non lascia crescere la civiltà e il buon politico ha anche la propria croce quando vuol essere buono perché deve lasciare tante volte le sue idee personali per prendere le iniziative degli altri e armonizzarle, accomunarle perché sia bene comune, in questo senso il buon politico sente di essere un martire, diciamo così al servizio perché lascia le proprie idee, ma le mette a servizio per andare verso il bene comune».

Il Pontefice esorta, come già altre volte, a un maggiore dialogo tra generazioni, in particolare fra giovani e anziani: anche perchè «l’anziano - evidenzia parlando senza leggere il testo scritto - con la sua saggezza, può correggere il politico che rischia di sbagliare, indicandogli la strada giusta. Oggi non è il tempo solo dei giovani, ma dei giovani e anziani insieme». È l’ora «del dialogo giovani-anziani. Per favore, andate su questa strada». Anche e soprattutto in politica. Questo «patto tra anziani e giovani è un tesoro da ripristinare». 

Il Papa prega perché Dio «susciti buoni politici che abbiano davvero a cuore la società, il popolo e il bene dei poveri». E rimprovera - parlando nuovamente a braccio - quanti anziché impegnarsi in politica o esprimere una critica aperta e costruttiva, stanno «al balcone, a balconare, aspettando che il politico fallisca; questo non costruisce niente. Criticare dal balcone - spiega - questo è il difetto, quando le critiche non sono costruttive: quando il politico sbaglia ci sono tanti modi di dirlo, “cosi” e così con la stampa o con la radio, ma dirlo apertamente».

Il Vescovo di Roma incoraggia ad «esigere dai protagonisti della vita pubblica coerenza d’impegno, preparazione, rettitudine morale, capacità d’iniziativa, longanimità, pazienza e forza d’animo nell’affrontare le sfide di oggi, senza tuttavia pretendere un’impossibile perfezione». Le vicende «umane e storiche e la complessità dei problemi non permettono di risolvere tutto e subito. Un sano realismo sa che anche la migliore classe dirigente non può risolvere in un baleno tutte le questioni. Per rendersene conto basta provare ad agire di persona invece di limitarsi a osservare e criticare dal balcone l’operato degli altri». Si troverà in tal modo la forza di assumersi le responsabilità che ci competono, comprendendo al tempo stesso che, pur con l’aiuto di Dio e la collaborazione degli uomini, accadrà comunque di commettere degli sbagli». E quando capita che «un politico sbaglia, chieda scusa - esclama il Papa di nuovo a braccio - e poi si vada avanti».

Cesena, «come tutta la Romagna, è stata tradizionalmente terra di accese passioni politiche», rammenta; ecco, «vorrei dire a voi e a tutti: riscoprite anche per l’oggi il valore di questa dimensione essenziale della convivenza civile e date il vostro contributo, pronti a far prevalere il bene del tutto su quello di una parte; pronti a riconoscere che ogni idea va verificata e rimodellata nel confronto con la realtà; pronti a riconoscere che è fondamentale avviare iniziative suscitando ampie collaborazioni più che puntare all’occupazione dei posti». Sottolinea Francesco: «Siate esigenti con voi stessi e con gli altri, sapendo che l’impegno coscienzioso preceduto da un’idonea preparazione darà il suo frutto e farà crescere il bene e persino la felicità delle persone».

La politica è sembrata «in questi anni a volte ritrarsi di fronte all’aggressività e alla pervasività di altre forme di potere - osserva - come quella finanziaria e quella mediatica. Occorre rilanciare i diritti della buona politica, la sua idoneità specifica a servire il bene pubblico, ad agire in modo da diminuire le disuguaglianze, a promuovere con misure concrete il bene delle famiglie, a fornire una solida cornice di diritti–doveri e a renderli effettivi per tutti». 

Infine, il Pontefice chiede di pregare «il Signore perché susciti buoni politici, che abbiano davvero a cuore la società, il popolo e il bene dei poveri». Prima di congedarsi da piazza del Popolo, Francesco rivolge un pensiero accorato a «chi sta soffrendo», poi scende dal palco per andare a salutare gli ammalati presenti.

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