I sacerdoti riscoprano sempre «la gioia di essere preti». A quelli sempre tristi «chiederei: “A colazione hai bevuto aceto?”». Papa Francesco nella sua visita a Cesena incontra il clero, i consacrati, i consigli pastorali, la curia e i rappresentanti delle Parrocchie in cattedrale. Dove rivolge una denuncia: la «situazione socioeconomica» di oggi ostacola il «bel rapporto» tra genitori e figli, che invece devono avere il tempo per giocare insieme.

Papa Bergoglio ricorda che per l’evangelizzazione «corresponsabilità è una parola-chiave». E quando «l’amore in Cristo è posto al di sopra di tutto, anche di legittime esigenze particolari, allora si diventa capaci di uscire da sé stessi, di decentrarsi a livello sia personale che di gruppo e, sempre in Cristo, andare incontro ai fratelli».

Le piaghe «di Gesù rimangono visibili in tanti uomini e donne che vivono ai margini della società: segnati dalla sofferenza, dal disagio, dall’abbandono e dalla povertà. Persone ferite dalle dure prove della vita, che sono umiliate, che si trovano in carcere o in ospedale». Ecco che «accostando e curando con tenerezza queste piaghe, spesso non solo corporali ma anche spirituali, veniamo purificati e trasformati dalla misericordia di Dio».

Al Papa «piace ricordare, a proposito di questo primo dovere della diaconia con i poveri, l’esempio di san Vincenzo de Paoli, che 400 anni fa iniziava in Francia una vera “rivoluzione” della carità. Anche a noi oggi è chiesto di inoltrarci con ardore apostolico nel mare aperto delle povertà del nostro tempo, consapevoli però che da soli non possiamo fare nulla». Pertanto, è necessario «riservare adeguato spazio alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio: la preghiera è la forza della nostra missione – come più recentemente ci ha dimostrato anche santa Teresa di Calcutta».

Francesco mette in guardia da un pericolo: «Oggi si possono vedere tanti volti attraverso i mezzi di comunicazione, ma c’è il rischio di guardare sempre meno negli occhi degli altri». Invece è «guardando con rispetto e amore le persone che possiamo fare anche noi la rivoluzione della tenerezza». Tra quanti «hanno più bisogno di sperimentare questo amore di Gesù, ci sono i giovani. Grazie a Dio, sono parte viva della Chiesa – la prossima Assemblea del Sinodo dei Vescovi li coinvolge direttamente – e possono comunicare ai coetanei la loro testimonianza: giovani apostoli dei giovani, come scrisse il beato Paolo VI nell’esortazione apostolica “Evangelii nuntiandi”».

La Chiesa «conta molto su di loro ed è consapevole delle loro grandi risorse, della loro attitudine al bene, al bello, alla libertà autentica e alla giustizia. Hanno bisogno di essere aiutati a scoprire i doni di cui il Signore li ha dotati, incoraggiati a non temere dinanzi alle grandi sfide del momento presente». Perciò Jorge Mario Bergoglio incoraggia a «incontrarli, ad ascoltarli, a camminare con loro, perché possano incontrare Cristo e il suo liberante messaggio di amore». Nel Vangelo e nella «coerente testimonianza della Chiesa possono trovare quella prospettiva di vita che li aiuti a superare i condizionamenti di una cultura soggettivistica che esalta l’“io” fino a idolatrarlo, e li apra invece a propositi e progetti di solidarietà».

Una Chiesa attenta ai giovani è una Chiesa «famiglia di famiglie. Vi incoraggio nel vostro lavoro con le famiglie e per la famiglia. È un lavoro che il Signore ci chiede di fare in modo particolare in questo tempo, che è un tempo difficile sia per la famiglia come istituzione e cellula-base della società, sia per le famiglie concrete, che sopportano buona parte del peso della crisi socio-economica senza ricevere in cambio un adeguato sostegno». Ma proprio quando la situazione è difficile, Dio «fa sentire la sua vicinanza, la sua grazia, la forza profetica della sua Parola. E noi siamo chiamati ad essere testimoni, mediatori di questa vicinanza alle famiglie e di questa forza profetica per la famiglia».

A questo punto Francesco torna a parlare a braccio, raccontando di nuovo una scena già rivelata in passato: «Quando io confesso e viene una donna o uomo giovane e mi dice che è stanco, che perde la pazienza con i figli perché ha tanto da fare, io prima chiedo quanti figli ha, poi faccio loro un’altra domanda: “Lei gioca con i suoi figli?”. Tante volte ho sentito una risposta, soprattutto dai papà: “Quando esco da casa ancora dormono, e quando torno sono già a letto”». Francesco allora denuncia: «Questa situazione socioeconomica chiude il bel rapporto tra genitori e figli. Bisogna lavorare che questo non succeda. Bisogna che i genitori perdano tempo con i loro figli, possano giocare con loro», esclama.

Poi prosegue: Cari sacerdoti», e si interrompe per scherzare: «Ma voi non avete figlie eh… (scoppiano risate, ndr) sì ce n’è uno greco-cattolico là che ne ha (altre risate, ndr)». Ai preti «è affidato il ministero dell’incontro con Cristo; e questo presuppone il vostro incontro quotidiano con Lui, il vostro essere in Lui. Vi auguro di riscoprire continuamente, nelle diverse tappe del cammino personale e ministeriale, la gioia di essere preti, di essere chiamati dal Signore a seguirlo per portare la sua parola, il suo perdono, il suo amore, la sua grazia». Francesco dice, di nuovo a braccio: «Tante volte vedo sacerdoti tristi, e a me viene da pensare: ma cosa hai mangiato a colazione, caffellatte o aceto?». I preti contagino tutti con «la gioia di finire la giornata stanchi, di non avere bisogna delle pastiglie per dormire».

Francesco «ringrazia di cuore di questo incontro e affido ciascuno di voi e le vostre comunità, i progetti e le speranze alla Vergine Santa, che voi invocate con un titolo molto bello: “Madonna del popolo”. Non populista!», scherza ancora.

Il Papa successivamente raggiunge in auto l’eliporto e parte alla volta di Bologna. Il vescovo di Cesena-Sarsina monsignor Douglas Regattieri riferisce ai microfoni di Teleromagna le parole che gli ha rivolto il Papa poco prima della partenza: «Mi sento un parroco. Eccellenza, non si meravigli se ho delle espressioni terra terra, ma io mi sento un parroco».

I commenti dei lettori