In Iraq «c’è bisogno di un processo di riconciliazione nazionale e di uno sforzo congiunto di tutte le componenti della società, per giungere a soluzioni condivise per il bene dell’intero Paese». Lo ha detto il Papa nell’udienza ai membri del Sinodo della Chiesa Caldea, in corso a Roma dal 4 all’8 ottobre, sottolineando «la speranza per le notizie recenti che parlano di una ripresa della vita e dell’attività in regioni e città finora sottoposte a dolorosa e violenta oppressione». Il Patriarca Louis Raphaël Sako, che ha introdotto l’udienza, ha confidato a Francesco la preoccupazione «per l’aumento della tensione creatasi per il referendum tra il Kurdistan e il governo di Baghdad» esprimendo la speranza che «tutto si risolva con il dialogo, il rispetto del diritto di tutti e non con la guerra».

«Cari fratelli nell’episcopato, vi accolgo con gioia in questi giorni in cui siete riuniti nel Sinodo, mentre vi preparate ad affrontare questioni di primaria importanza per la Chiesa Caldea, tra cui le migrazioni forzate dei cristiani, la ricostruzione dei villaggi, il ritorno degli sfollati, il diritto particolare della Chiesa, la questione liturgica e la pastorale vocazionale», ha detto il Papa. «Colgo l’occasione per salutare, attraverso di voi, i fedeli dell’amata terra irachena, duramente provati, condividendo la speranza per le notizie recenti che parlano di una ripresa della vita e dell’attività in regioni e città finora sottoposte a dolorosa e violenta oppressione. Possa la misericordia di Dio lenire le ferite della guerra che piagano il cuore delle vostre comunità, affinché possano finalmente risollevarsi. Se infatti si è conclusa una pagina tragica per alcune regioni del vostro Paese, è da segnalare che resta ancora molto da fare. Vi esorto ad adoperarvi instancabilmente come costruttori di unità, anzitutto tra voi Pastori della Chiesa Caldea e con i Pastori delle altre Chiese, e inoltre favorendo il dialogo e la collaborazione tra tutti gli attori della vita pubblica, per contribuire a facilitare il ritorno degli sfollati e a risanare le divisioni e le contrapposizioni tra fratelli. Questo impegno è più che mai necessario nell’attuale contesto iracheno, di fronte a nuove incertezze sul futuro. C’è bisogno di un processo di riconciliazione nazionale e di uno sforzo congiunto di tutte le componenti della società, per giungere a soluzioni condivise per il bene dell’intero Paese. Il mio augurio è che non vengano mai meno la forza d’animo, la speranza e le doti di laboriosità che vi distinguono. Rimanga saldo il vostro intento di non cedere allo scoraggiamento dinanzi alle difficoltà che ancora permangono nonostante quanto è stato fatto nell’opera della ricostruzione soprattutto nella Piana di Ninive. Fin dall’antichità, quella terra, evangelizzata secondo la tradizione dall’apostolo Tommaso, è apparsa al mondo come terra di civiltà, terra di incontro e di dialogo. Perciò è di grande importanza che i cristiani, Pastori e fedeli, forti di tali radici, siano uniti nel promuovere rapporti rispettosi e dialogo interreligioso tra tutte le componenti del Paese».

In apertura dell’udienza il patriarca Louis Raphaël, aveva ringraziato il Papa «per la vicinanza alle difficoltà che la nostra Chiesa vive in Siria e in Iraq e che affronta un futuro ancora incerto. Con le altre Chiese ci stiamo adoperando per la ricostruzione dei villaggi nella piana di Ninive appena liberati per permettere ai fedeli di fare ritorno alle loro case e alle loro radici. La stessa Ninive che al tempo del profeta Giona fu preservata per la conversione dei suoi abitanti, è stata oggi distrutta. La nostra presenza in quella regione – ha proseguito il Patriarca Caldeo – è di fondamentale importanza per la testimonianza dei principi evangelici di cui dobbiamo essere portatori, ma anche e soprattutto per aiutare i nostri fratelli a rinsaldare i loro vincoli del vivere insieme come un solo popolo capace di costruire pace, assicurare la sicurezza e garantire il pieno rispetto della dignità della vita uomo. Ho partecipato agli incontri per il cosiddetto “Piano Marshall” per l’Iraq – ha sottolineato Louis Raphaël – cercando di capire tutte le sfumature a livello sociale e politico, a partire dall’importanza degli obiettivi da raggiungere e dalla certezza di quanto fondamentale sia ricostruire l’uomo prima della pietra. Senza questa priorità siamo certi che anche se tutto verrà ricostruito, potrà di nuovo essere distrutto. Perciò è necessario cambiare la mentalità e rinunciare a una cultura della vendetta, della violenza, del farsi giustizia da sé. Tutto ciò chiede a noi, Chiesa e pastori, unitamente alle autorità musulmane, un grandissimo impegno per educare alla pace, alla vita e al rispetto reciproco. Siamo una minoranza ma l’importanza non conta sul numero ma sull’effetto. In questi giorni – ha proseguito il Patriarca Caldeo – siamo molto preoccupati anche per l’aumento della tensione creatasi per il referendum tra il Kurdistan e il governo di Baghdad e viviamo attimo per attimo nella speranza che tutto si risolva con il dialogo, il rispetto del diritto di tutti e non con la guerra. Per tutto ciò affidiamo il nostro Paese e il nostro amato popolo iracheno alla continua preghiera di Santità Vostra e chiediamo ancora una volta la vicinanza come Padre perché i figli possano veder realizzato un futuro a loro promesso di vivere all’insegna della pace e della serenità».

Nel suo discorso, il Papa ha toccato anche questioni più squisitamente ecclesiali, raccomandando, in particolare, che «di fronte al calo delle vocazioni che la Chiesa patisce, dobbiamo evitare di accogliere nei seminari persone non chiamate dal Signore; occorre esaminare bene la vocazione dei giovani e verificarne l’autenticità. Il contrario – ha aggiunto il Papa – sarà una ipoteca per la Chiesa».

Jorge Mario Bergoglio si è soffermato poi sulla questione della diaspora: «Occorre fare tutto il possibile – ha detto – perché gli auspici del Concilio Vaticano II trovino realizzazione, facilitando la cura pastorale sia nei territori propri sia là dove le comunità orientali si sono da tempo stabilite, promuovendo al tempo stesso la comunione e la fraternità con le comunità di rito latino per dare ai fedeli buona testimonianza senza protrarre divisioni e dissapori. Il dialogo ecumenico e interreligioso dovrà sempre ripartire dalla nostra unità e comunione cattolica. In ciò vi sarà di supporto la Congregazione per le Chiese Orientali».

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