Shakespeare, Cecov, Goldoni e Pirandello, per andare sul sicuro in momenti tempestosi. E’ dunque un atto di coraggio, quello dello Stabile di Torino: aprire la stagione, martedì 10, (anteprima lunedì 9, repliche fino al 29 ottobre) con «Disgraced», atto unico di Ayad Akhtar, autore nato nel 1970 a New York, di origine pakistana, musulmano, vincitore del Pulitzer nel 2013, rappresentatissimo in America, meno in Europa ma molto in Germania, pressoché sconosciuto in Italia. Anche se curiosamente, in contemporanea con Torino, un’altra versione del testo va in scena a Genova, per il Teatro della Tosse. Si comincia a intravedere il tentativo di riportare in palcoscenico la contemporaneità, credendo nel teatro come mezzo capace di interpretarla. «Ma qui si va oltre - dice Martin Kušej, il regista, austriaco, dello spettacolo torinese - si parte dalla cronaca, e dalla politica, per arrivare a una situazione esistenziale, allo studio di personaggi universali». Cosa che fanno i classici. Infatti una delle interpreti, Anna Della Rosa, parla di «tragedia greca», dell’arte come «porta di accesso a quel che più profondamente riguarda la vita».

Uno «stato di grazia creativa», lo definisce Filippo Fonsatti, direttore dello Stabile di Torino, con Lamberto Vallarino Gancia presidente, Mario Martone direttore artistico fino al 31 dicembre 2017 e Valerio Binasco dal 1° gennaio 2018, responsabili di una stagione che si annuncia ricca di produzioni, questa con la Fondazione Crt. E dunque ecco in «Disgraced» pareti bianche, e carbone. Una scenografia dove il colore è metafora del racconto: prima la separazione è netta, poi le tinte si impastano, niente è più distinguibile. In scena 5 personaggi: Paolo Pierobon è Amir, avvocato di successo, di cultura americana ma nato in una famiglia musulmana, combattuto tra le sue due identità. Sua moglie Anna Della Rosa-Emily è l’artista wasp, bianca e anglosassone, affascinata dall’Islam. Elia Tapognani-Abe, è il giovane cugino di Amir che gli chiede di intercedere in tribunale per un imam accusato di terrorismo; e intanto indovina chi viene a cena? Una coppia formata da Astrid Meloni-Jory, che nell’originale è una giovane afroamericana, e da Fausto Russo Alesi-Isaa, mercante d’arte, ebreo.

Una mescolanza di radici e personalità che va a poco a poco disgregandosi, l’integrazione degenera. Racconta Meloni: «Martin, il regista, ci ha detto: io sono interessato all’essere umano, a come reagisca in situazioni estreme. Noi personaggi ci troviamo tutti in queste situazioni estreme, e per questo non dovremmo essere giudicati». «Recitando, non possiamo barare - aggiunge Pierobon, lo sguardo di Kušej è molto attento al suono, a quello che fa il corpo». E Russo Alesi: «Cerchiamo un millimetrico equilibrio». E Tapognani: «E’ come se il regista dirigesse una partitura musicale». E Il regista: «Grazie a questo testo, che drammatizza le arti figurative, gli attori sono da osservare come opere d’arte esposte. Intanto, quanta polvere di carbone hanno dovuto mangiare...».