Nel 1992 il santo Papa Giovanni Paolo II, appena giunto in Senegal, affermò: «Vado incontro a un popolo in cui si professano varie religioni, ma che sa accettare le sue differenze e avere fiducia nel dialogo». E, rivolgendosi alle folle, disse: sono stati «il vostro interesse per le relazioni umane, le vostre qualità d’apertura, il vostro amore per la coesistenza armoniosa fra membri di fedi differenti» ad aver fatto guadagnare al Paese «la stima internazionale».

Rispetto e collaborazione

Da allora sono trascorsi 25 anni e, nonostante i molti rivolgimenti avvenuti nel mondo, «la qualità dei rapporti tra musulmani, cristiani e seguaci della religione tradizionale non è mutata: sotto questo profilo il Senegal, nell’Africa occidentale, resta esemplare», dice padre Bruno Favero, 59 anni, appartenente alla Congregazione dei Missionari Oblati di Maria Immacolata. Giunto in Senegal nel 1992, nel corso degli anni ha fondato missioni in diverse zone del paese. Dopo alcuni anni trascorsi nella regione rurale della Casamance, dal 2013 vive a Dakar: è responsabile della delegazione degli Oblati del Senegal, che riunisce 70 confratelli (in maggioranza senegalesi) e comprende sette missioni: due nella capitale e cinque nelle zone rurali.

La qualità dei rapporti

Il Senegal ha 14 milioni di abitanti: il 95% sono musulmani, il 5% cristiani e seguaci della religione tradizione; tuttavia vi sono zone, ad esempio la Casamance, nelle quali la presenza cristiana è più consistente (circa il 20%). «Le relazioni tra tutti i fedeli – prosegue il missionario – sono cordiali, franche, basate sul rispetto e sulla collaborazione, soprattutto nelle zone rurali. Nella capitale, dove abitano 4 milioni di persone, i rapporti sono più formali, c’è anche un po’ di indifferenza, come del resto accade nelle grandi città del mondo. Si vive comunque bene insieme, nel rispetto reciproco. Specie in alcune aree del Paese capita non di rado che i membri di una stessa famiglia siano cristiani e musulmani».

La mancanza di lavoro e l’emigrazione

Attualmente in Senegal a destare vera, grande preoccupazione – sottolinea padre Bruno – è la mancanza di lavoro, che coinvolge sia i cristiani che i musulmani. Sebbene non siano afflitte dalla povertà estrema (riscontrabile in altri Paesi africani colpiti da guerre ed epidemie), molte famiglie senegalesi riescono a mala pena a sopravvivere, soprattutto nelle campagne dove l’agricoltura è praticata con metodi arcaici e attrezzi rudimentali. «I giovani faticano molto a trovare un lavoro remunerato e dignitoso che consenta loro di vivere e mantenere le famiglie. E così iniziano a coltivare la speranza di raggiungere l’Europa. Negli ultimi vent’anni ho assistito a diverse ondate migratorie: recentemente il fenomeno si è acutizzato assumendo proporzioni molto preoccupanti. Noi missionari oblati, al pari di tutta la Chiesa cattolica senegalese, stiamo mettendo a punto diversi progetti e iniziative di formazione e qualificazione professionale al fine di contenere questo esodo, che priva il Paese di tanti giovani».

L’impegno della Chiesa

All’origine della pacifica convivenza tra cristiani e musulmani che caratterizza il Senegal, secondo padre Bruno, vi sono diversi fattori. Uno è il grande impegno profuso dalla Chiesa cattolica: con le proprie opere costruite a beneficio di tutti nel corso dei decenni – scuole, ospedali, centri di formazione e di assistenza ai più bisognosi – essa ha sostenuto, favorito e incoraggiato la coesione sociale. «Moltissimi senegalesi, ad esempio, hanno studiato negli istituti cattolici: cristiani e musulmani hanno quindi cominciato a conoscersi sui banchi di scuola e la conoscenza reciproca è la base di ogni felice convivenza tra persone di diversa fede».

Le Confraternite islamiche

In Senegal i musulmani appartengono a diverse Confraternite: le più importanti e con il maggior numero di fedeli sono due, racconta padre Bruno: «Una è la Confraternita Tidiane, fondata in Marocco e giunta in questo Paese molti secoli fa. L’altra, di origine locale, è quella Muride, nata all’inizio del Novecento del secolo scorso. Entrambe di ispirazione sufi, sono caratterizzate, tra l’altro, da una grande apertura verso i fedeli di altre religioni».

L’attività dei missionari oblati

Lo stato senegalese garantisce la libertà religiosa, non sono ostacolate né la predicazione né le conversioni. Nelle loro missioni i padri oblati si dedicano all’annuncio, alla catechesi, all’amministrazione dei sacramenti e sono particolarmente impegnati in campo educativo, sanitario e formativo: hanno aperto scuole (frequentate complessivamente da 2.500 studenti cristiani e musulmani), dispensari medici e avviato corsi di taglio, cucito, tintura e agricoltura destinati alla popolazione femminile e ai giovani. «Nelle nostre strutture – racconta padre Bruno – lavorano anche molte persone di fede islamica e la diversa appartenenza religiosa non è mai stata motivo di divisione: tutti manifestano grande spirito di collaborazione, le relazioni sono ottime».

L’amico musulmano

Callido Camara, musulmano (simpatizzante della confraternita Muride), 40 anni, sposato e padre di cinque figli, è falegname. Vive a Samine, villaggio nella regione della Casamance, dove anni fa ha conosciuto padre Bruno e altri missionari oblati: «Ho lavorato molte volte per loro e continuo a farlo: ne sono contento, anche perché ho la certezza di ricevere sempre il dovuto e giusto compenso. Padre Bruno è diventato un buon amico e quando è partito per Dakar la nostra amicizia non si è interrotta: ci sentiamo spesso al telefono e non manchiamo di farci visita.

Per quanto riguarda il mio villaggio, posso dire che i rapporti tra cristiani e musulmani sono sereni. Collaboriamo in molte attività riguardanti la vita della comunità. C’è rispetto reciproco, si condividono sia i momenti lieti (facciamo insieme anche dei tornei di calcio) sia quelli dolorosi: ad esempio, quando muore qualcuno tutti vanno a porgere le condoglianze alla famiglia: non si fanno distinzioni in base della fede professata. Per quanto mi riguarda, non solo frequento diverse famiglie cristiane ma ho anche amici cristiani (colleghi di lavoro, ex compagni di scuola)». Pensando più in generale al Senegal, afferma: «Le relazioni sono generalmente buone. Si vive tutti insieme e ognuno contribuisce come può al bene del Paese».

La testimonianza al mondo

Padre Bruno si dice convinto che le persone autenticamente religiose (di fede diversa) che vivono e lavorano insieme nella concordia «possano mostrare e insegnare al mondo la strada maestra della collaborazione e della solidarietà, perché le religioni non possono mai essere motivo di divisione fra gli esseri umani». Riflettendo su questo tema, Callido aggiunge: «Sono rattristato per la situazione venutasi a creare, per gli attentati, per la brutta immagine che ha oggi l’Islam a motivo di alcune persone. Dal mio punto di vista la religione non deve diventare un ostacolo ma un aiuto alla convivenza e alla solidarietà. Nella nostra zona possiamo dare l’esempio a molti perché qui tutti si rispettano e cercano di lavorare insieme».

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