Gli echi della Storia di ieri per capire meglio quella di oggi. Nel settantesimo anniversario dell’Indipendenza dell’India (15 agosto 1947) la regista anglo-indiana Gurinder Chadha ricostruisce, nel Palazzo del Vicerè (fuori concorso all’ultima Berlinale), la complessa situazione politica e diplomatica che sfociò nella Partizione, l’evento tragico che vide spaccarsi il Paese in due differenti Stati Sovrani, l’Unione indiana, a maggioranza indù con capitale Delhi, e il Pakistan, a maggioranza musulmana, con capitale Karachi.

Il vicerè Lord Louis Mountabatten (Hugh Bonneville), nipote della Regina Vittoria, spedito a Delhi per sei mesi, insieme alla figlia e alla moglie Edwina (Gillian Anderson), con lo scopo di garantire il passaggio dallo stato di colonia a quello di nazione indipendente, si ritrovò a gestire l’esplosione di violenza che vide contrapposti musulmani, induisti e sikh, dando poi luogo alla dolorosa divisione.

Una ferita che, come racconta il film, coinvolse gli oltre 500 membri dello staff del Palazzo, compresi i due innamorati protagonisti della vicenda, la musulmana Aaalia (Huma Qureshi) e l’induista Jeet (Manish Dayal), costretti a separarsi sull’onda dell’odio tra le loro rispettive comunità religiose: «Il soggetto si basa sulla mia storia familiare e quindi mi riguarda da vicino. Per questo il film nasce dall’esigenza di affrontare il tema della “partition”, ma anche di esplorare una parte così importante delle vite dei miei parenti. La cosa che mi ha più impegnata è stata il tentativo di bilanciare una narrazione “mainstream” che potesse raggiungere tutto il pubblico con una ricostruzione esatta di fatti che coinvolgono ancora adesso India e Pakistan, ma anche altri Paesi del mondo».

Sullo schermo scorrono i personaggi cruciali dell’epoca, Ghandi (Neeraj Kabi), Nehru (Tanveer Ghani) e l’islamico Jinnah (Denzil Smith), ma la chiave più efficace per muovere l’interesse della platea era ovviamente la storia d’amore: «La lente dei sentimenti permette di mostrare le ragioni delle due parti in causa nel modo migliore, mettendone in luce le consapevolezze, l’umanità, la tenerezza. La cosa buffa sono state le reazioni, in India volevano più amore, in Gran Bretagna più politica. Quel che conta, comunque, è che soprattutto in India il film abbia aperto discussioni e confronti e sia stato molto appoggiato dal governo».

In Pakistan, invece, Il Palazzo del vicerè (dal 12 nelle sale italiane con «Cinema» di Valerio De Paolis) non è stato distribuito nelle sale, «ma so che la gente lo ha visto in video e ne ha abbondantemente parlato».

Indiana, nata in Kenya e cresciuta a Londra, Gurinder Chadha ha potuto godere da sempre di un’ottica privilegiata: «Credo di essere stata fortunata, le mie radici mi hanno permesso di guardare il mondo da lati diversi. Quando hai un solo linguaggio e una sola provenienza tendi, invece, a valutare i fatti in un unico modo».

«Sognando Beckham»

Il film che ha lanciato Chadha, nel 2002, è Sognando Beckham, ritratto di ragazze indiane appassionate di calcio e del celebre campione, sospese tra modernità e tradizione. Contrasti che, guardati oggi, in tempi di crescente fanatismo religioso, fanno quasi nostalgia: «Non credo che, in fondo, nell’animo della gente, nulla sia cambiato, Londra è sempre stata il luogo della convivenza e dello scambio. Eppure mi rende molto triste vederla oggi, alle prese con l’ombra degli attacchi terroristici. Penso anche, però, che si tratti di eventi ciclici, destinati a passare».

Del successo italiano di Sognando Beckam, Chadha ha un ricordo preciso: «Vederlo doppiato nella vostra lingua mi colpì moltissimo. Non capivo nulla di quello che i miei personaggi dicevano, ma, allo stesso tempo, mi sembrava che tutto funzionasse perfettamente. India e Italia hanno valori comuni, le madri di Sognando Beckham avrebbero potuto benissimo essere italiane».

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