Salta la trattativa per la «nuova Ilva». Il governo ha sospeso il tavolo al ministero dello Sviluppo economico e l’incontro tra l’azienda acquirente e i sindacati per siglare un’intesa vincolante è stato rinviato.

Lo stop alla proposta sul lavoro di Am Investco - la cordata Arcelor Mittal-gruppo Marcegaglia che si è aggiudicata il gruppo siderurgico dopo una gara pubblica - arriva direttamente dal ministro Carlo Calenda, mentre a Taranto, Genova e Novi le fabbriche sono bloccate dagli scioperi. Il problema non sono i numeri degli esuberi, ma «manca il pezzo degli impegni che l’acquirente ha preso nei confronti del governo che riguarda i livelli salariali e gli scatti di anzianità», spiega Calenda. In pratica la proposta della cordata prevede 4 mila esuberi, come già indicato dal piano presentato a giugno: i lavoratori rimarranno in capo all’azienda in amministrazione straordinaria e verranno impiegati nelle opere di bonifica. Verranno riassunti invece gli altri 9885 lavoratori.

Ed è qui il problema sollevato prima dai sindacati e ora dal governo, perché la proposta prevede di non tenere conto di inquadramento e anzianità. Verranno quindi applicati ai 10 mila lavoratori contratti ex novo, senza più le tutele dell’articolo 18 e gli integrativi aziendali, che produrrebbero un forte taglio dei salari. Per Calenda la proposta è «irricevibile» e chiede ad Arcelor Mittal di «rispettare gli impegni assunti».

I rappresentanti del colosso industriale si dicono però «contrariati» per la decisione di non aprire il tavolo: la loro posizione è che nulla era stato promesso a livello retributivo. Ora i rappresentanti del gruppo sono tornati a Londra, non avendo il potere per trattare, e consulteranno l’azionista per decidere come muoversi. Tuttavia lo sconcerto degli acquirenti è considerato «incomprensibile» dal ministero, soprattutto perché il 21 settembre - come spiegano dal Mise - c’è stato un incontro tra Calenda e Aditya Mittal, in cui si sarebbe chiarito «che non c’era alcuno spazio per mettere in discussione gli attuali livelli retributivi e di inquadramento».

Esultano intanto i sindacati, che vedono riconosciute le proprie richieste. Le sigle avevano già alzato un muro contro gli esuberi e i nuovi contratti proclamando lo sciopero. Più di mille metalmeccanici di Genova ieri sono scesi in strada sin dalla prima mattina, mentre a Taranto i lavoratori hanno dato vita a presidi. A Novi Ligure (Alessandria) le tute blu si sono ritrovate a fare picchetti davanti ai cancelli. A tratti si è respirata un’aria particolarmente tesa, con l’accensione di fumogeni rossi e molti caschi indossati dai lavoratori.

«La grande partecipazione allo sciopero deve indurre Arcelor Mittal alla modifica del piano industriale, ripartendo dall’accordo di luglio, dove si garantivano i livelli occupazionali e retributivi», chiedono la segretaria generale Cisl, Annamaria Furlan, e il segretario generale Fim Cisl, Marco Bentivogli.

Francesca Re David, segretario generale della Fiom-Cgil, ritiene che «l’impegno del governo è importante, ma non sufficiente. Noi non vogliamo nessun esubero». E in più chiede che ora la Cassa depositi e prestiti, che faceva parte della cordata perdente per l’acquisto dell’Ilva, torni in campo: «Un intervento pubblico, un controllo diretto o anche indiretto dello Stato, si impone». Dalla Uilm, Rocco Palombella, spiega che sull’Ilva il governo «ha preso una posizione molto forte» nei confronti del gruppo Am Investco, recependo «la presa di posizione del sindacato, le sue critiche, le sue preoccupazioni e la lotta dei lavoratori. Per noi però resta il tema degli esuberi, non ne abbiamo concordato nessuno e sono irricevibili».

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