«Il Catechismo della Chiesa cattolica è il testo di riferimento per le questioni che riguardano la dottrina della Chiesa». Il cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, lo ha ribadito durante il suo intervento all’incontro promosso dal Pontificio Consiglio per la Promozione della nuova Evangelizzazione per il 25° del Catechismo della Chiesa cattolica.

Citando le parole pronunciate da Giovanni Paolo II nel 1992: «Io lo riconosco come uno strumento valido e legittimo al servizio della comunione ecclesiale e come una norma sicura per l’insegnamento della fede», Schönborn ha elencato sette criteri «che sono stati direttivi per l’insieme del lavoro e per i singoli elementi». Il primo è «l’assunzione che la fede costituisca un’unità e che come tale la si possa anche esprimere». «La differenza fra dottrina della fede e teologia deve essere chiara, poiché il Catechismo riguarda solo la prima», è invece il secondo principio. Mentre il terzo è che «bisogna rispettare la gerarchia delle verità per vedere la dottrina della fede come un tutto organico», ha sottolineato il cardinale. Poi il quarto: «Il primato della grazia deve essere sempre direttivo». «La dottrina deve essere visibile nella sua struttura trinitaria», il quinto. «Tutto deve essere visto in ordine a Cristo», il sesto, e infine il settimo: «In tutte le esposizioni si deve rendere visibile l’unità interna di Scrittura e tradizione».

«C’è nella Chiesa, e ci sarà sempre, una pluralità legittima», ha detto ancora il cardinale Schönborn, «ma questa diversità, se non deve diventare opposizione e contrasto, è possibile solo sul fondamento di un’unità nella fede. L’unità nella fede viene prima delle teologie plurali, deve essere loro presupposta. Se non è più possibile parlare dell’unica fede in diverse teologie, allora le diverse teologie non stanno più insieme nella casa della Chiesa cattolica».

Da parte sua monsignor Rino Fisichella, presidente del Dicastero per la nuova evangelizzazione, ha affermato la centralità nel Catechismo della catechesi perché «sia un insegnamento che tende a sostenere l’identità del credente, soprattutto in riferimento al contesto storico e culturale in cui i battezzati sono inseriti». Fisichella in particolare ha evidenziato il legame con il Concilio Vaticano II, che «ricorda anzitutto ai vescovi il compito peculiare del loro ministero episcopale perché la Parola di Dio cresca in mezzo al popolo e l’intelligenza della Sacra Scrittura, nella costante tradizione della Chiesa, diventi il patrimonio di fede, di carità e di speranza dei fedeli».

«La catechesi fin dai primi secoli della nostra storia ha visto i vescovi come veri protagonisti», ha detto il vescovo citando tra gli altri sant’Agostino, sant’Ambrogio, san Giovanni Crisostomo, san Roberto Bellarmino e il loro insegnamento «comune nell’Oriente e nell’Occidente riguardo la catechesi». «Se a questo lungo elenco si aggiunge la recente tradizione del vescovo di Roma che ogni mercoledì tiene la sua catechesi per migliaia di persone, allora è opportuno chiedersi se non sia giunto il momento perché ogni vescovo riprenda nella propria cattedrale la sua funzione di primo catecheta per comunicare il patrimonio di sapienza e di spiritualità che arricchisce e rende salda la fede», ha detto il presule.

Lo sguardo dell’arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia, intervenuto all’incontro, si è spostato invece sull’attuale «contesto culturale ed ecclesiale in grande movimento, proprio del periodo storico che stiamo vivendo» per affermare che «il tempo trascorso non è stato ancora sufficiente per veicolare le spinte al rinnovamento teologico e pastorale promosse dal Catechismo della Chiesa Cattolica».

In esso, «la Chiesa ha indicato con saggezza e rigore un percorso esemplare per la catechesi e la formazione di catechisti, presbiteri, religiosi e religiose e laici e per ogni battezzato desideroso di approfondire il depositum fidei della Chiesa cattolica, viverlo e testimoniarlo con fedeltà», ha detto l’arcivescovo, secondo il quale «il relativismo e la superficialità propria del nostro tempo hanno inficiato in qualche modo anche la catechesi, con la tentazione di confinare in secondo piano i contenuti della fede, a vantaggio invece di un “esperienzialismo” di moda, che conduce semplicemente a confondere fede con emozione o con occasionale entusiasmo, secondo metodi poco attenti a ciò che la catechesi deve essere e offrire: la conoscenza e accoglienza organica e fondata dei contenuti essenziali della fede rivelata, pensata, celebrata e vissuta dalla Chiesa e nella Chiesa».

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