Dei tredici paesi dove la persecuzione contro i cristiani nel mondo è più drammatica, undici hanno fatto registrare un peggioramento della situazione negli ultimi due anni. E negli altri due - l’Arabia Saudita e la Corea del Nord - non è successo solo perché erano impossibili ulteriori peggioramenti. Il tutto mentre in Occidente l’indifferenza rispetto a questo fenomeno sembra farsi ancora più marcata. Si può riassumere così la fotografia contenuta nel nuovo rapporto «Perseguitati e dimenticati» che l’Aiuto alla Chiesa che Soffre dedica alla condizione tra il 2015 e il 2017 dei «cristiani oppressi in ragione della loro fede».

L’indagine analizza la situazione in ciascuno dei fronti più caldi per i cristiani in Medio Oriente, in Africa e in Asia, mettendo in fila notizie note sulle stragi con una serie di testimonianze specifiche raccolte sul campo dall’Acs. In questi due anni - denuncia il Rapporto - «i cristiani hanno subito crimini contro l’umanità: alcuni sono stati impiccati o crocifissi, altri violentati, alcuni rapiti e mai ritrovati».

Tre i principali volti della persecuzione: da una parte certamente l’estremismo islamico che in Paesi come l’Iraq e la Siria con l’Isis ha avuto un intento genocida, puntando all’eliminazione completa di ogni presenza cristiana. I numeri citati dall’Acs dicono che si è andati poco lontano da questo obiettivo: ad Aleppo oggi i cristiani sarebbero appena 35mila, il 75% in meno rispetto al 2011; una diminuzione molto più accentuata rispetto a quella della popolazione complessiva, calata del 25%. Quanto all’Iraq i cristiani sarebbero ormai meno di 200mila, con un ulteriore passo indietro rispetto ai 275mila di due anni fa.

Anche ora che l’Isis appare ormai sconfitta in questi due Paesi, il futuro dei cristiani resta lo stesso a rischio. Così se oggi qualcuno di loro prova a tornare in luoghi come la Piana di Ninive - commenta l’Acs - non è grazie ai governi e alla comunità internazionale, che continuano a latitare, ma solo per gli sforzi delle organizzazioni legate alla Chiesa nell’assistenza alle comunità di rifugiati. Senza questo tipo di azioni già oggi non avremmo più alcuna presenza cristiana in Iraq.

L’estremismo islamico si fa sentire pesantemente anche in altri contesti: l’Egitto insanguinato dagli attentati contro i copti, la Nigeria delle violenze di Boko Haram, il Pakistan dove il caso di Asia Bibi è solo la punta dell’iceberg; ma preoccupa sempre di più anche da un paese come la Turchia, al punto che l’Acs giudica adesso il grado di persecuzione su un livello «da moderato ad alto».

C’è poi un altro volto dell’ostilità contro i cristiani in forte crescita ed è quello del nazionalismo religioso. Qui il riferimento principale è all’India di Narendra Modi, dove gli attacchi nei confronti delle chiese e dei cristiani sono in continua crescita: 316 quelli registrati nella prima metà del 2017, un numero già molto vicino a quello dell’intero 2016. Senza dimenticare, infine, la terza forma di persecuzione: quella dei regimi totalitari che promuovono l’ateismo di Stato.

L’Acs cita in proposito il nuovo giro di vite contro le cosiddette Chiese sotterranee in Cina e il caso della Corea del Nord, paese quest’ultimo tornato al centro dell’attenzione del mondo per i suoi testi nucleari ma sostanzialmente ignorato quando le notizie parlano di torture messe in atto contro i cristiani nei campi di detenzione.

«Il tempo di salvare i cristiani dalla persecuzione è ora o mai più - conclude il rapporto dell’Acs - E i cristiani non devono più essere sacrificati sull’altare delle opportunità strategiche e dei vantaggi economici». Quest’appello molto forte è risuonato oggi anche in una sede istituzionale come Palazzo Lombardia a Milano, durante la presentazione del Rapporto avvenuta alla presenza del governatore lombardo Roberto Maroni e del presidente di Acs-Italia Alfredo Mantovano. È stata l’occasione anche per dare voce a un rappresentante autorevole di una comunità che vive in prima persona queste sofferenze, come il patriarca dei copti cattolici Ibrahim Isaac Sidrak. «Ci sono grandi paesi che hanno interesse a strumentalizzare il fanatismo in Egitto continuando a fornire soldi e armi per distruggerci - ha denunciato il patriarca Sidrak - Anche ad al Azhar, purtroppo, le infiltrazioni dei salafiti non sono affatto finite. Ma noi andiamo comunque avanti con il lavoro educativo attraverso le nostre centosettanta scuole, frequentate in maggioranza da musulmani. Convinti che in un Paese come il nostro, dove il 70% della popolazione è formata da giovani, nelle scuole si gioca la battaglia vera».

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