Il pacchetto di norme antiscalata varato venerdì e l’attivazione concreta del «Golden Power» per Telecom dicono che ora il governo ha gli strumenti necessari per difendere le aziende ritenute strategiche dalla calata degli stranieri.

È un segnale politico forte anche se, alla prova dei fatti, il porto d’armi che l’Italia si è concesso potrebbe avere meno sostanza di quanto appare. Eppure, come in ogni conflitto, la deterrenza ha sempre un ruolo speciale e il match, non sempre pacifico, delle acquisizioni globali non è un’eccezione.

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Le muse della partitura orchestrata da Carlo Calenda parlano molte lingue e, fra queste, certamente il francese. In diversi quartieri governativi, già dall’autunno dello scorso anno, si accusava il disequilibrio fra le possibilità difensive dei cugini d’oltralpe e le loro libere incursioni da queste parti. Soprattutto si puntava il dito sulle calate di Vincent Bollorè, la conquista di Tim e l’assedio a Mediaset. Allo stesso tempo, si denunciava Parigi per un nazionalismo economico totalmente asimmetrico che, sfruttando la forza del capitale dei grandi gruppi finanziari, riusciva a proteggere i gioielli nazionali.

Le muscolare e reiterata attività del finanziere bretone in Italia ha certamente influenzato il clima, sebbene Calenda, che conosce a fondo i problemi dell’industria nazionale, una controffensiva la covasse da mesi. A proposito di Mediaset, un anno fa aveva definito «normale e positivo che uno straniero acquisti una azienda italiana», però riteneva che qualcosa non andasse e che l’operazione fosse legata a un contesto «molto opaco» con «intenzioni poco chiare». Il pasticciaccio di Macron su Stx e Fincantieri ha fatto rompere gli indugi, esigenza confortata dalla convinzione che il solito Bollorè - lo stesso che secondo fonti sinora smentite dai fatti manovrava per ampliare la propria influenza sulle Generali - stesse giocando con la governance di Tim per farsi «affari suoi» non meglio identificati.

Pure Matteo Renzi avvertiva del pericolo francese. C’è chi racconta di discorsi sul tema con l’assediato numero uno, Silvio Berlusconi, così le grandi manovre politiche hanno assunto un risvolto squisitamente economico. Improbabile davvero che Calenda ne sia stato coinvolto direttamente, viste le relazioni complesse con il segretario Pd. Il ministro dello Sviluppo ha trovato semmai un ambiente più favorevole per il governo, grazie alle esigenze intrecciate delle diverse forze politiche. E qui siamo. Alla deterrenza più che alla guerra. La misura anti scorrerie non influisce da sola su Mediaset o Vivendi. Dato il Golden Power, l’esito probabile del match con Bolloré è che il governo nominerà un rappresentante nei consigli di Tim, Tesly e Sparkle con funzione di notifica vivente: dovrà informare il riferimento pubblico che potrà successivamente agire per correggere questa o quella decisione. Riorganizzata la governance, potrebbe diventare anche superfluo punire gli azionisti di Telecom con una multa pesante.

Passate le elezioni, in primavera il clima potrebbe farsi meno acceso. In casa Tim si ribadisce la natura strategica della rete, ma si fa anche capire che il dialogo è la stella polare di questa navigazione. Su di esso avrà influenza il verdetto delle urne per Berlusconi e il suo ruolo in Mediaset, come quello dei Cinque Stelle che vorrebbero controllare Sparkle e tutto quello che può in termini di rete. Osservatori di mercato stimano che il diritto societario e le regole europee renderebbero comunque laborioso un intervento restrittivo del governo. Anche col porto d’armi, il buon senso e le difficoltà consigliano il dialogo. Un accomodamento fra gentiluomini con la pistola in tasca appare la soluzione capace di garantire a tutti la possibilità di fare il proprio come lo si crede giusto.

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