«Ho avuto paura di morire, non lo nego. Ma Dio è stato grande. È grande… Io non ho fatto niente. Tutto quello che è avvenuto è stato un miracolo». Risponde così il sacerdote Maurizio Pallù a Vatican Insider che lo contatta al cellulare mentre si trova ad Abuja, dove è tornato ieri sera dopo il rilascio del gruppo di criminali locali che lo avevano sequestrato insieme a due ragazzi nigeriani lo scorso venerdì 12 ottobre. Già stamattina don Maurizio ha celebrato una messa con gli altri fratelli del Cammino neocatecumenale di cui fa parte che hanno accompagnato la tensione di questi giorni per la sua sorte con una catena ininterrotta di preghiera. Un'occasione, la messa, per «ringraziare il Signore» e festeggiare il suo 63esimo compleanno.

Don Maurizio, per lei non era il primo rapimento...

«Si non era la prima volta, già ad ottobre 2016 era successo. Ero con altre persone, ci hanno derubato dei pochi soldi che avevamo e di altri oggetti. Tutto però era durato al massimo un paio d’ore. Questa volta ci hanno trattenuto sei giorni».

Come è accaduto?

«Stavamo andando in macchina da Calabar a Benin City per partecipare ad una celebrazione dei vescovi per la riconsacrazione della Nigeria alla Vergine Maria. Ci tenevo tanto ad essere lì presente ma invece siamo stati bloccati nella foresta. Sono usciti da dietro gli alberi e hanno iniziato a sparare col mitra, ci hanno fatto buttare a terra… Abbiamo avuto molta paura, soprattutto i due ragazzi che erano con me, un funzionario della parrocchia e una studentessa, entrambi della Nigeria, entrambi molto giovani. Abbiamo camminato per alcune ore nella speranza che qualcuno ci notasse, invece siamo stati portati in un luogo isolato. Non abbiamo mangiato quasi nulla e bevevamo acqua sporca da terra».

Le è stato fatto del male?

«A me non è stato torto un capello. Il ragazzo invece è stato spesso percosso, con un bastone, anche in testa…».

Perché?

«Non so. Nel gruppo c’erano diverse persone, uno di questi era particolarmente violento. Si vantava di aver ucciso quattro persone nell’ultimo mese. Era carico d’odio, sembrava quasi posseduto dal demonio»

E a lei perché non hanno fatto nulla?

«Perché Dio ha addolcito il cuore dei miei rapitori. Io non ho fatto nient’altro che annunciargli l’amore del Signore. Erano tutti musulmani ma li ho chiamati “fratelli” e gli ho spiegato che il Signore ama tutti allo stesso modo. Alcuni non ascoltavano, il capo invece mi è sembrato colpito dalle mie parole. La carità, alla fine, riesce a toccare chiunque».

 

Crede che l’abbiano liberato per questo?

«Si. O meglio, sono certo che si è trattato di un miracolo».

Non è stato pagato alcun riscatto quindi?

«Non credo. Che io sappia no»

Si parlava però di un “sequestro economico”…

«Certo, è una cosa abituale in questa zona della Nigeria rapire persone per chiedere soldi».

In Italia il suo rapimento ha avuto grande risonanza. Anche il Papa ha pregato per lei.

«Lo so e sono commosso. Ho sentito questa vicinanza, come pure le preghiere dei fratelli e sono certo della intercessione della Madonna alla quale ho affidato da sempre la mia intera missione. Il miracolo è stato il suo».

Sarà stato inondato da telefonate da ieri sera…

«Eh si! Molti fratelli della Nigeria e della Toscana mi hanno contattato subito dopo il rilascio. Io stesso ho chiamato ieri notte ad alcuni di loro da un numero provvisorio mentre viaggiavo in macchina per annunciargli la mia liberazione. Anche Kiko (Argüello, iniziatore del Cammino neocatecumenale ndr) mi ha telefonato per incoraggiarmi e dirmi di offrire queste sofferenze per Cristo».

Tornerà in Italia?

«Vorrei proseguire la missione qui, dove Dio mi ha chiamato».

Neanche per un saluto? Ci dicono che molto presto sarà a Firenze...

«(Ride) Vedremo, si forse molto presto tornerò per salutare mia madre. Ma viviamo giorno per giorno, momento per momento. Ora ad esempio devo scappare perché ho una messa da celebrare».

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