La proposta di legge sulla coltivazione e la somministrazione della cannabis a uso terapeutico passa alla Camera, ma scontenta tutti. Il testo - approvato con 317 voti favorevoli e 40 contrari, tra cui Lega e Forza Italia - stabilisce «criteri uniformi di somministrazione sul territorio nazionale, garantendo ai pazienti equità d’accesso, promuove la ricerca scientifica sui possibili impieghi medici e sostiene lo sviluppo di tecniche di produzione e trasformazione per semplificare l’assunzione».

La legge deve ancora ottenere l’approvazione del Senato ed è uno stralcio del più ampio progetto di regolamentazione legale della cannabis. Lo scorso settembre Daniele Farina, deputato di Sinistra Italiana, si è dimesso dall’incarico di relatore della legge per protestare contro le modifiche che il testo ha subito: si è votato infatti solo sulla parte che riguarda l’uso terapeutico lasciando alle commissioni Giustizia e Affari sociali la legalizzazione vera e propria, compresa la coltivazione a uso personale.

«Sono state armonizzate le leggi che già esistevano, senza specificare e chiarire come si può aumentare la produzione di cannabis terapeutica, che non basta per tutti i pazienti», commenta Marco Perduca dell’associazione Luca Coscioni, tra i promotori della legge. Resta dunque il nodo delle scorte in esaurimento: le prescrizioni aumentano, ma la cannabis non basta e a rimetterci sono sempre i pazienti. Da dieci anni in Italia i medici possono prescrivere «preparazioni magistrali con sostanze attive vegetali a base di cannabis per uso medico». Almeno sulla carta i pazienti possono scegliere tra cinque diversi preparati importati dall’Olanda - Bedrocan, Bediol, Bedica, Bedrobinol e Bedrolite, con prezzi che possono arrivare anche ai 50 euro al grammo - e la Fm2, l’unica varietà made in Italy prodotta dal 2014 dall’Istituto Farmaceutico militare di Firenze, con l’obiettivo di evitare i costi dell’esportazione e garantire che la materia prima sia sempre disponibile.

A giugno il ministero della Salute ha stabilito per decreto il prezzo della cannabis di Stato: il costo massimo deve stare tra gli 8,50 e i 9 euro per grammo. «Un provvedimento necessario per uniformare le spese a cui sono sottoposti i malati - spiega Pier Luigi Davolio, farmacista e vice presidente della Sirca, Società italiana ricerca cannabis -, ma con questo prezzo fisso le farmacie non guadagnano nulla: ecco perché per i malati è sempre più difficile trovare la cannabis, che non conviene più. Restano soltanto gli ospedali, ma le diversità legislative regionali rendono la situazione dei malati molto complessa».

Come precisa in una nota a La Stampa la Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico del Ministero della Salute «il prezzo non subirà modifiche perché è stato individuato sulla base del costo di produzione del prodotto nazionale, proprio per venire incontro ai pazienti che abitano in regioni che non hanno legiferato a favore della rimborsabilità di tali cure».

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Coltivazione della cannabis, preparazione e distribuzione alle farmacie sono infatti affidate allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze e, prevede la legge, «solo se necessario può essere autorizzata l’importazione e la coltivazione presso altri enti». Con l’aumento delle prescrizioni di cannabis a uso terapeutico registrato negli ultimi anni, l’Istituto farmaceutico di Firenze ha annunciato a maggio che la produzione sarà rinforzata con nuove serre e nuovi investimenti.

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«Il fabbisogno nazionale è cresciuto di 100 chili all’anno negli ultimi tre anni - continua nella nota il Ministero -. Ci basiamo sui consumi degli ultimi anni per prevedere circa 350 kg per il 2017 e 500 kg per il 2018. I dati sui pazienti dei primi sei mesi di osservazione sono disponibili, ma non consentono ancora di fornire dati conclusivi per motivi di riservatezza (dei pazienti non è noto il nome, perciò non esiste una lista)».

La possibilità di coinvolgere nella produzione privati e università resta quindi parecchio nebulosa, come l’investimento necessario per aumentare la produzione dell’Istituto militare fiorentino. «Non c’è nessuna indicazione su come potranno essere individuati altri soggetti che possono produrre cannabis a uso terapeutico. La risposta più efficace, efficiente, immediata e che non implica modifiche di legge è concedere ad altri la licenza per produrre cannabinoidi - conclude Perduca -. Ci sono enti pubblici e privati, nazionali e non, già pronti e in pochi mesi si sarebbe a regime. Così si mantiene intatto il monopolio di fatto dello Stato ed è il mercato a supplire le incapacità del pubblico».

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