Rien ne va plus. Alle 7 si comincia. Alle 23 è tutto finito. C’è solo da vedere quanta gente andrà a votare. I sondaggi non entusiasmano. Salvini sembra già mettere le mani avanti: «Se la gente non andrà a votare significa che non desidera più autonomia. Noi continueremo a governare bene le Regioni come abbiamo fatto in questi anni». Vincere in Lombardia è più facile. Non c’è il quorum. Il governatore Roberto Maroni ha messo l’asticella molto bassa, al 34%. Intanto giura di avere già vinto: «Questa campagna apre prospettive esaltanti, ne sono certo, ma un risultato l’ha già ottenuto: far sapere a tutti che la Lombardia è davvero una Regione speciale».

In Veneto è più complicato. C’è il quorum da raggiungere. Il Governatore Luca Zaia in caso di vittoria «punto a rivendicare con il governo l’autonomia su tutte le competenze in gioco». E se per caso andasse male e non si raggiungesse il 50%? Sibila il Governatore: «Non mi dimetto. La mia carica non è in discussione». Tutti vincono nessuno perde in questo referendum ad alto tasso di sbadiglio. Che possano andare a votare in pochi lo sanno tutti. Che possa essere la costante delle elezioni degli ultimi 10 anni, non stupisce il Governatore della Liguria Giovanni Toti, di Forza Italia ma assai vicino alla Lega: «Bisogna essere seri. A votare ci va il 50% dei cittadini, oramai, a vedere le ultime elezioni amministrative. Per un referendum consultivo penso che ci si debba attendere una percentuale attorno al 34%, dopo di che sono ottimista e penso che ne andranno di più».

Di sicuro, comunque vada, c’è da aspettarsi polemiche con alto tasso di litigiosità. Il Pd lombardo giura che il 4% dei tablet per il voto elettronico addirittura non funziona e chissà come andrà a finire. Il segretario lombardo del partito Alessandro Alfieri si chiede come garantire il voto. Matteo Renzi da Firenze tira dritto contro i referendum: «Se se ne fa qualcuno in meno mi sento più rilassato. Salvini vorrebbe farne uno anche per uscire dall’euro. Qualcuno gli dica che non si può fare». Al Forum di Coldiretti sul Lago di Como va in onda il siparietto tra il ministro delle Politiche Agricole nonchè vicesegretario del Pd assai vicino a Matteo Renzi, il bergamasco Maurizio Martina e il segretario della Lega di lotta e di governo e di referendum, il milanese Matteo Salvini. Il primo ad attaccare è il ministro: «Chi voleva il referendum vero poteva lavorare senza spendere 50 milioni, come avvenuto in Lombardia, quindi arrivarci prima spendendo meno. Sono per una via concreta di discussione con lo Stato e sinceramente non mi ha convinto questa propaganda leghista». Il leader della Lega replica e gli tira l’affondo: «Il ministro Martina si occupi di stalle che fa una cosa buona. A detta di molti agricoltori è il ministro più inutile della storia degli ultimi anni».

Risponde il leghista Paolo Grimoldi che vorrebbe rimandare alle stalle il ministro Maurizio Martina: «Se passano si dimetta». Il Governatore del Friuli Debora Serracchiani del Pd, rivendica l’autonomia della sua regione a statuto speciale ma boccia quella che vorrebbero lombardi e veneti: «Tra i referendum sono quelli più inutili. Noi dobbiamo rispondere alle nuove paure delle persone tenendo assieme apertura e protezione». Comunque vada a finire, da domani si riprenderà a litigare. Nel mirino finiranno Luca Zaia e Roberto Maroni che già ringrazia: «Grazie anche a chi ha dissentito. Insieme abbiamo dato un buon esempio di democrazia: lottare per le proprie idee nel rispetto di quelle contrarie».

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