Dopo poco più di un anno dalla precisazione del luglio 2016, con la quale Papa Francesco, attraverso una nota dell’allora direttore della Sala Stampa vaticana padre Federico Lombardi, chiariva che non erano affatto in vista i cambiamenti sull’orientamento degli altari preannunciati dal cardinale Robert Sarah, il Prefetto della Congregazione per il Culto divino ha ricevuto una nuova “correzioneˮ da parte del Pontefice. Questa volta con firma autografa.

L’oggetto della chiarificazione è il recente motu proprio Magnum Principium sulle traduzioni liturgiche, reso noto lo scorso settembre, con il quale Francesco ha modificato la normativa canonica relativa alla traduzione nelle varie lingue. Richiamandosi al Concilio Vaticano II, il Papa ha stabilito che la traduzione, approvata dalle conferenze episcopali nazionali, non vada più sottoposta ad una revisione da parte della Sede apostolica (recognitio), ma alla sua conferma (confirmatio), che non si configura più come un intervento alternativo di traduzione, ma come un atto con il quale il dicastero liturgico ratifica l’approvazione dei vescovi.

Lo scorso 12 ottobre alcuni siti web pubblicavano un commento restrittivo alla decisione papale che il cardinale Sarah aveva fatto proprio e inviato a Francesco. L’iniziativa personale del Prefetto - non si trattava infatti di un testo del dicastero - più che un contributo posto all’attenzione del Papa, veniva presentato da chi lo rilanciava come una messa a punto pubblica per ridurre la portata della decisione pontificia. Sostanzialmente il commento interpretativo inviato da Sarah, ritenendo in tutto e per tutto ancora in vigore le norme contenute nell’istruzione Liturgia authenticam (2001) presentava il recente documento papale sostenendo che esso «non modifica in alcun modo la responsabilità della Santa Sede, né, di conseguenza, le sue competenze in merito alle traduzioni liturgiche», di fatto mettendo sullo stesso piano recognitio e confirmatio.

Il Papa, vista l’immediata diffusione dello scritto che gli era stato inviato dal cardinale, ha ritenuto opportuno non soltanto rispondere nel merito, ma ha anche chiesto a Sarah di rendere subito pubblica sul web e a tutte le conferenze episcopali anche questa replica autorevole. Una risposta che conferma quanto c’è scritto nel motu proprio, respingendo l’interpretazione restrittiva e spiegando che con questo nuovo documento viene abrogata la prassi precedente.

«Innanzitutto occorre evidenziare - scrive Francesco nella lettera di risposta resa nota dalla Sala Stampa vaticana - l’importanza della netta differenza che il nuovo MP stabilisce tra recognitio e confirmatio, ben sancita nei §§ 2 e 3 del can. 838, per abrogare la prassi, adottata dal Dicastero a seguito del Liturgia authenticam (LA) e che il nuovo Motu Proprio ha voluto modificare. Non si può dire pertanto che recognitio e confirmatio sono “strettamente sinonimi (o) sono intercambiabili” oppure “sono intercambiabili a livello di responsabilità della Santa Sede”. In realtà il nuovo can. 838, attraverso la distinzione tra recognitio e confirmatio, asserisce la diversa responsabilità della Sede Apostolica nell’esercizio di queste due azioni, nonché quella delle Conferenze Episcopali. Il Magnum Principium non sostiene più che le traduzioni devono essere conformi in tutti i punti alle norme del Liturgia authenticam, così come veniva effettuato nel passato».

Per questo, continua il Pontefice, i singoli numeri di Liturgiam authenticam «vanno attentamente ri-compresi, inclusi i nn. 79-84, al fine di distinguere ciò che è chiesto dal codice per la traduzione e ciò che è richiesto per i legittimi adattamenti. Risulta quindi chiaro che alcuni numeri di LA sono stati abrogati o sono decaduti nei termini in cui sono stati ri-formulati dal nuovo canone».

Quanto alla responsabilità delle conferenze episcopali «di tradurre “fideliter”, occorre precisare che il giudizio circa la fedeltà al latino e le eventuali correzioni necessarie, era compito del Dicastero, mentre ora la norma concede alle Conferenze Episcopali la facoltà di giudicare la bontà e la coerenza dell’uno e dell’altro termine nelle traduzione dall’originale, se pure in dialogo con la Santa Sede. La confirmatio non suppone più dunque un esame dettagliato parola per parola, eccetto nei casi evidenti che possono essere fatti presenti ai Vescovi per una loro ulteriore riflessione. Ciò vale in particolare per le formule rilevanti, come per le Preghiere Eucaristiche e in particolare le formule sacramentali approvate dal Santo Padre. La confirmatio tiene inoltre conto dell’integrità del libro, ossia verifica che tutte le parti che compongono l’edizione tipica siano state tradotte».

Francesco spiega inoltre che il processo di tradurre i testi liturgici rilevanti (ad esempio formule sacramentali, il Credo, il Pater Noster) in una lingua, dalla quale vengono considerati traduzioni autentiche, «non dovrebbe portare ad uno spirito di “imposizione” alle Conferenze Episcopali di una data traduzione fatta dal Dicastero, poiché ciò lederebbe il diritto dei Vescovi sancito nel canone» e già prima dalla Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium al numero 36.

Risulta pertanto «inesatto» attribuire alla confirmatio la finalità della recognitio. Certo, conclude Francesco, la confirmatio «non è un atto meramente formale, ma necessario alla edizione del libro liturgico “tradotto”: viene concessa dopo che la versione è stata sottoposta alla Sede Apostolica per la ratifica dell’approvazione dei Vescovi, in spirito di dialogo e di aiuto a riflettere se e quando fosse necessario, rispettandone i diritti e i doveri, considerando la legalità del processo seguito e le sue modalità».

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