«Pagare le tasse è un atto dovuto per sentirsi cittadini», afferma il Papa all’Angelus e «il cristiano è chiamato a impegnarsi concretamente nelle realtà umane e sociali senza contrapporre “Dio” e “Cesare”, ma illuminando le realtà terrene con la luce che viene da Dio». Dunque, «è giusto sentirsi cittadini di uno Stato, ma siamo immagine di Dio», mentre «contrapporre Dio e Cesare è un atteggiamento fondamentalista».

Francesco rivolge un pensiero a Barcellona dove «ieri sono stati beatificati Matteo Casals, Teofilo Casajús, Fernando Saperas e 106 compagni martiri, appartenenti alla Congregazione religiosa dei Clarettiani e uccisi in odio alla fede durante la guerra civile spagnola». Quindi «il loro eroico esempio e la loro intercessione sostengano i cristiani che anche ai nostri giorni, in diverse parti del mondo, subiscono discriminazioni e persecuzioni».

Il Pontefice sottolinea che oggi si celebra la Giornata missionaria mondiale, sul tema «La missione al cuore della Chiesa». Ed esorta tutti a «vivere la gioia della missione testimoniando il Vangelo negli ambienti in cui ciascuno vive e opera». Al tempo stesso, «siamo chiamati a sostenere con l’affetto, l’aiuto concreto e la preghiera i missionari partiti per annunciare Cristo a quanti ancora non lo conoscono». Ricorda anche che è «mia intenzione promuovere un Mese Missionario Straordinario nell’ottobre 2019, al fine di alimentare l’ardore dell’attività evangelizzatrice della Chiesa ad gentes».

Nel giorno in cui ricorre «la memoria liturgica di San Giovanni Paolo II, Papa missionario, affidiamo alla sua intercessione la missione della Chiesa nel mondo».

Stamattina in un tweet il Papa ha puntualizzato che «la Chiesa è missionaria per natura: la missione è al cuore della fede cristiana». Poi in piazza San Pietro esplicita il senso di questa vocazione, lanciando un appello ai fedeli. «Vi chiedo di unirvi alla mia preghiera per la pace nel mondo: in questi giorni seguo con particolare attenzione il Kenya, che ho visitato nel 2015, e per il quale prego affinché tutto il Paese sappia affrontare le attuali difficoltà in un clima di dialogo costruttivo, avendo a cuore la ricerca del bene comune».

Ai fedeli riuniti in piazza San Pietro per la preghiera mariana, Francesco spiega il «mistero stupendo». E cioè «è Dio che ti ha dato tutto quello che sei e che hai, dunque la nostra vita, giorno per giorno, possiamo e dobbiamo viverla nel riconoscimento di questa nostra appartenenza fondamentale e nella riconoscenza del cuore verso il nostro Padre, che crea ognuno di noi singolarmente, irripetibile, ma sempre secondo l’immagine del suo Figlio amato, Gesù». Perciò, avverte il Pontefice, «l’affidamento prioritario a Dio e la speranza in Lui non comportano una fuga dalla realtà, ma anzi un rendere operosamente a Dio quello che gli appartiene». È per questo che «il credente guarda alla realtà futura, quella di Dio, per vivere la vita terrena in pienezza, e rispondere con coraggio alle sue sfide».

Francesco invoca la Vergine Maria affinché «ci aiuti a vivere sempre in conformità all’immagine di Dio che portiamo in noi, dando anche il nostro contributo alla costruzione della città terrena». Il Papa sottolinea come «il Vangelo di questa domenica ci presenta un nuovo faccia a faccia tra Gesù e i suoi oppositori». Il tema affrontato, sottolinea il Pontefice, è «quello del tributo a Cesare: una questione spinosa, circa la liceità o meno di pagare la tassa all’imperatore di Roma, al quale era assoggettata la Palestina al tempo di Gesù».

Le posizioni erano diverse, evidenzia Jorge Mario Bergoglio. Pertanto, «la domanda rivoltagli dai farisei (è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?) costituisce una trappola per il Maestro». Infatti, «a seconda di come avesse risposto, sarebbe stato accusabile di stare o pro o contro Roma», precisa il Papa. Ma «Gesù, anche in questo caso, risponde con calma e approfitta della domanda maliziosa per dare un insegnamento importante, elevandosi al di sopra della polemica e degli opposti schieramenti. Dice ai farisei: mostratemi la moneta del tributo». Essi, prosegue il Pontefice, gli presentano un denaro, e Gesù, osservando la moneta, domanda: di chi è questa immagine e l’iscrizione? I farisei non possono che rispondere: di Cesare. Allora Gesù conclude: «rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Quindi, commenta Francesco, «da una parte, intimando di restituire all’imperatore ciò che gli appartiene, Gesù dichiara che pagare la tassa non è un atto di idolatria, ma un atto dovuto all’autorità terrena; dall’altra – ed è qui che Gesù dà il colpo d’ala – richiamando il primato di Dio, chiede di rendergli quello che gli spetta in quanto Signore della vita dell’uomo e della storia».

Infatti, «il riferimento all’immagine di Cesare, incisa nella moneta, dice che è giusto sentirsi a pieno titolo – con diritti e doveri – cittadini dello Stato, ma simbolicamente fa pensare all’altra immagine che è impressa in ogni uomo: l’immagine di Dio. Egli è il Signore di tutto, e noi, che siamo stati creati a sua immagine apparteniamo anzitutto a Lui». Perciò, osserva il Papa, «Gesù ricava, dalla domanda postagli dai farisei, un interrogativo più radicale e vitale per ognuno di noi: a chi appartengo? Alla famiglia, alla città, agli amici, alla scuola, al lavoro, alla politica, allo Stato? Sì, certo. Ma prima di tutto – ci ricorda Gesù – tu appartieni a Dio».

Dopo l’Angelus, saluta «tutti voi, pellegrini provenienti dall’Italia e da vari Paesi». In particolare, «i fedeli del Lussemburgo e quelli di Ibiza, il Movimento Famiglia del Cuore Immacolato di Maria del Brasile, le Suore della Santissima Madre Addolorata. Benedico con affetto la comunità peruviana di Roma, qui radunata con la sacra Immagine del Señor de los Milagros». Infine saluta «i gruppi di fedeli di tante parrocchie italiane, e li incoraggio a proseguire con gioia il loro cammino di fede».

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