A sentire i Renzi-boys il gioco è quello classico del cerino: quell’apertura di Roberto Speranza che dalle colonne di Repubblica chiede al segretario Pd di incontrarsi per discutere di legge elettorale e di bilancio, altro non sarebbe che il tentativo di tirare addosso al Pd la responsabilità della rottura. Tutti sanno che senza coalizione il rischio di sconfitte nei collegi e alle urne per colpa delle divisioni a sinistra è alto e ognuno dei contendenti prova a gettare la croce addosso all’altro. A sentire gli uomini di Mdp, se domani si mette la fiducia sul “Rosatellum” la questione è chiusa: perché senza voto disgiunto, negando la possibilità all’elettore di votare un altro partito, non si può costruire la coalizione se non alle condizioni di Renzi. Ecco il perché dell «incontriamoci subito» di Speranza. Tradotto, se le regole saranno queste, inutile andare a parlare da una posizione di debolezza.

«Ma dopo tutto quello che ci avete detto, che Renzi era il male assoluto, eccetera, ora volete dialogare?», risponde il leader Pd da Lucia Annunziata su Rai 3. «Però io guardo il bicchiere mezzo pieno, l’apertura. Se è seria parliamo, ma di cose concrete». E qui il segretario Pd provoca sui punti già criticati da Bersani e compagni, 80 euro, jobs act. «Preferenze? Si è fatto un accordo tra tanti partiti, anche di opposizione, rimetterlo in discussione sembra un tentativo di ripartire da capo».

Ed ecco uno stop alle richieste del “rosatellum”, che arrivano oltre tempo massimo. Anzi, Ettore Rosato pone come condizione per incontrarsi che Mdp voti la legge. I renziani ricordano che quando l’accordo fu chiuso al tavolo con gli altri partiti, Mdp non ha voluto sedersi: la prima bozza fu sottoposta anche a loro, che la rifiutarono: perché non c’erano le preferenze e il voto disgiunto, non graditi a Forza Italia. E toccare oggi quei punti equivarrebbe a smontare la nuova intesa trasversale sulla legge elettorale. Che verrà votata giovedì al Senato con la fiducia prima dell’arrivo della manovra.

Il problema per Renzi è che i potentati dentro il Pd non gradiscono che si chiuda la porta senza appello agli ex compagni di strada, nel timore che questo giochetto porti tutti a sbattere alle urne: così si spiega il tweet con cui esce allo scoperto, cosa che fa raramente, Dario Franceschini. «La proposta di Speranza e la risposta di Renzi ricostruiscono un filo di dialogo. Nessuno lo spezzi o vincerà la destra», è l’avvertimento al segretario. Pari a quello del Guardasigilli Orlando, l’altro capocorrente di peso nel Pd, che chiede di fissare «sin dalle prossime ore un incontro dei vertici dei nostri gruppi con quelli Mdp».

Frattura a sinistra difficile da ricomporre, anche per la vicenda Bankitalia, su cui il leader Pd tira dritto. «Uso la clava perché sono un uomo libero». Dice di non avere nomi, «vorrei che chiunque fosse scelto sia il migliore candidato possibile. È una valutazione che deve fare il presidente del Consiglio». Poi attacca la Boldrini per aver ammesso le mozioni dei 5stelle e della Lega, (e lei gli replica «non si può chiedere a chi presiede la Camera di impedire alle opposizioni di esprimersi»). Ma garantisce che la mozione Pd era concordata e condivisa, «Gentiloni ed io l’abbiamo saputo più o meno nello stesso momento».

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