Gli Stati Uniti sono contro l’indipendenza della Catalogna, perché la vedono come un passo per sgretolare l’Europa e la Nato, che farebbe solo gli interessi della Russia. Con la stessa ottica osservano i referendum avvenuti domenica in Lombardia e Veneto, e le prossime elezioni italiane, convinti che Mosca cercherà di influenzarle per favorire l’instabilità.

Durante l’incontro del 26 settembre a Washington con il premier Rajoy, il presidente Trump è stato molto netto: «La Spagna è un grande Paese e dovrebbe restare unito».

Nel corso della campagna elettorale lui aveva appoggiato la Brexit, perché anticipava il vento che poi lo avrebbe fatto vincere. Ora che è alla Casa Bianca, però, ha cambiato linea. Fonti bene informate dicono che i suoi consiglieri lo hanno preparato, e convinto che la destabilizzazione di un alleato come la Spagna, capace di minacciare anche la tenuta della Nato e dell’Unione Europea, non è nell’interesse nazionale degli Stati Uniti. Gli americani considerano il movimento indipendentista come portatore di una guerra ideologica senza vere ragioni pratiche, perché la Catalogna ha già quasi l’autonomia di uno Stato. Invece condividono la posizione del presidente della Commissione Ue Juncker, quando dice che un’Europa composta da 98 nazioni non converrebbe a nessuno. A nessuno, tranne alla Russia, che secondo gli osservatori Usa ha usato ancora il web, i social e le altre tecniche impiegate durante le presidenziali del 2016, per influenzare il voto del referendum a favore di Puigdemont.

I motivi della mobilitazione del Cremlino sono due: primo, continuare la campagna finalizzata a destabilizzare l’Occidente e incrinare le sue alleanze; secondo, creare un precedente favorevole agli interessi di Mosca. L’indipendenza della Catalogna infatti rischierebbe di avviare un contagio, che potrebbe colpire anche l’Italia e vari Paesi, frantumando l’Unione Europea e minacciando il futuro della Nato. Putin poi potrebbe usarla in Ucraina, sostenendo che la Crimea e il Donbass hanno lo stesso diritto di dividersi da Kiev. Per tutte queste ragioni, se mai qualcuno chiederà agli Usa di riconoscere la Catalogna, la risposta sarà un secco no.

Durante l’incontro fra Trump e Rajoy alla Casa Bianca il tema non è stato quasi toccato, perché la posizione era già decisa in anticipo. Il premier spagnolo si è limitato a illustrare la sua strategia basata sulle nuove elezioni, e l’importanza di dimostrare al mondo che la Spagna è unita, continua a mantenere i propri impegni, e viene appoggiata dagli Usa. Il grosso della discussione è stato invece dedicato ai due temi che premevano di più a Washington: il contributo di Madrid alle attività della Nato e alla lotta al terrorismo; e la collaborazione economica. Che poi sono anche i due punti principali del mandato con cui il nuovo ambasciatore in Italia Eisenberg è arrivato a Roma. Gli Usa chiedono agli alleati europei di aiutarli a garantire la sicurezza, e favorire la crescita. Le distrazioni indipendentiste di Barcellona, o la destabilizzazione dei due pilastri dell’alleanza atlantica, servono solo alla Russia. Quindi gli Stati Uniti appoggiano al cento per cento la linea di Rajoy, con l’unico dubbio che secondo loro avrebbe dovuto agire prima: aspettare il referendum, e sperare che il risultato fosse diverso da quello poi arrivato, è stato un errore. Bisognava lavorare in anticipo per dividere gli indipendentisti, e affermare che l’unità del Paese è irrinunciabile. Ora la situazione si è complicata ed è diventato indispensabile andare alle elezioni, perché altrimenti il «problema democratico» potrebbe minare la tenuta del Paese. Nella speranza che nel frattempo i tribunali vietino i partiti con una piattaforma indipendentista, favorendo invece i candidati disposti al dialogo con Madrid.

L’impegno attivo della Russia in Catalogna fa temere agli americani che l’Italia sarà il prossimo terreno di scontro. Già in passato fonti governative avevano manifestato preoccupazione per i contatti tra Mosca e il Movimento 5 Stelle, e ora si aspettano che il Cremlino farà il possibile per favorire un risultato destabilizzante. Le campagne lanciate attraverso il web, i social e le fake news, hanno dimostrato di essere insieme efficaci ed economiche. Quindi non c’è motivo per non ripeterle nel nostro Paese. Qualunque risultato che complichi la formazione di un governo a Roma, minacci l’Unione Europea o incrini la Nato, sarebbe comunque utile agli interessi nazionali della Russia.

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