Alla fine il premier Paolo Gentiloni ha proposto di confermare per altri sei anni il mandato di Ignazio Visco a governatore della Banca d’Italia. Dopo la mozione parlamentare targata Pd che chiedeva più o meno esplicitamente un cambio della guardia, dopo giorni di interrogativi su quale sarebbe stata la decisione finale del governo, ieri l’inquilino di Palazzo Chigi ha inviato la lettera con la sua proposta al Consiglio superiore di Bankitalia, che si riunirà oggi per produrre un parere non vincolante. Alle 11 il Consiglio dei ministri deve deliberare il nome, poi sarà il capo dello Stato Sergio Mattarella a disporre il decreto necessario. Ma la strada di un Visco bis è segnata.

Una scelta che trova concorde il Quirinale, preceduta e seguita però da polemiche nel mondo politico. Il primo a prenderne le distanze è lo stesso segretario del Pd, Matteo Renzi, che prima ancora della notizia ufficiale, nella notte, dagli schermi di «Porta a porta» mette agli atti che confermare Visco «è una scelta che non avrei fatto, non condivido ma andiamo avanti lo stesso», anche se «non è una sconfitta» per lui, che pure da giorni alza la voce contro il governatore uscente. Una decisione che non approva, insiste, perché «il management in questi sei anni non è stato all’altezza, sfido a dire il contrario», tanto che «Banca d’Italia in questi anni è stato un limite, non un asset» per cui «spero che i prossimi sei anni siano migliori di quelli trascorsi: peggiori è un po’ più difficile. Ci interessa più il futuro dei risparmiatori che dei governatori», in fondo «neanche il presidente degli Stati Uniti resta in carica dodici anni». Una contrarietà espressa già dalla famosa mozione che, nonostante i rimproveri arrivati da più parti, Renzi rivendica: «Il 75 per cento del Parlamento l’ha votata: il Pd ha fatto benissimo a presentarla».

Nei confronti di Gentiloni tenta però di minimizzare l’impressione di un contrasto, insistendo su «massima stima e rispetto» ma con «un’opinione diametralmente opposta su Bankitalia». Mentre nei riguardi del governatore in via di riconferma, nel corso di una visita sul treno del Pd, garantisce «tutto il nostro rispetto istituzionale», pur senza rinunciare a tenere il punto: «Chi sbaglia paga» e «in questi sei anni il sistema di vigilanza non ha funzionato».

Una divaricazione all’interno del Pd che non può naturalmente passare inosservata agli occhi delle altre forze politiche. Le reazioni si concentrano così non solo sulla scelta del governo - «un errore gravissimo» secondo il M5S; «premiato chi ha sbagliato», il commento del forzista Maurizio Gasparri – ma anche e soprattutto sulla differenza tra la posizione del capo del partito, sostenuto dai suoi fedelissimi («non sono contento ma sostengo la scelta di Gentiloni», interviene il capogruppo Rosato) e il premier.

«Un nuovo, brillante successo del segretario Renzi», commenta maliziosamente Massimo D’Alema, mentre il compagno di partito Roberto Speranza accusa Renzi di aver gettato «una delle massime istituzioni del Paese nel fango della campagna elettorale nel tentativo di inseguire Grillo: perché se gli italiani pensano alle banche, gli vengono in mente la Boschi e Banca Etruria». Evoca la stessa vicenda il grillino Alessandro Di Battista («Renzi e Boschi si sono legati al dito il commissariamento di Banca Etruria»), mentre il collega Toninelli definisce premier e segretario «fenomeni del bluff» che si giocano le parti del poliziotto buono e cattivo. «Sfasciacarrozze», l’epiteto che il capogruppo azzurro Brunetta riserva al leader dem.

Martedì prossimo, il 31, Visco sarà alla giornata annuale del risparmio: sarà l’ultimo giorno del suo primo mandato e, a questo punto, la vigilia dell’inizio del secondo. «Si è ripristinato un percorso istituzionale corretto, tuttavia – resta preoccupato Bersani – quando un’istituzione combina un pasticcio la traccia rimane».

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