«A chi parla di voto utile ricordo, a chi vota tutto a sinistra, che poi non può meravigliarsi se il 6 novembre la Sicilia avrà un presidente della Regione di destra, Se vogliamo fermare la destra, evitando un salto nel buio, il voto utile è quello a noi, il modo più credile e utile, fermando estremismo e populismo». Nella sua ora e un quarto trascorsa a Catania a sostegno del candidato alla presidenza della Regione Fabrizio Micari, il segretario del Pd Matteo Renzi cerca di evitare i temi nazionali e lancia il suo appello al «voto utile». Le urne si avvicinano e l’assenza del leader Pd in Sicilia era diventata un caso: impegnato nel suo viaggio in treno per l’Italia, che non venisse nella regione dove tra nove giorni si sceglie il nuovo governatore proprio mentre i leader degli altri schieramenti sono dati quasi tutti in arrivo, aveva fatto suonare il campanello d’allarme nei leader siciliani del partito. Renzi, però, parlando nella sala di un hotel del centro affollata di esponenti del Pd e di giornalisti, mette subito le mani avanti: «Mi hanno detto, non vieni ad aiutare Fabrizio? Ho detto non preoccupatevi: tutto il Pd è in Sicilia». Accanto ha il candidato governatore Micari che gli ultimi sondaggi disponibili danno ancora indietro nella corsa per Palazzo d’Orleans. E dunque ecco Renzi, «inseguito» dal cronometro dei suoi collaboratori che lo incalzano: «Presidente, perdiamo l’aereo». Il volo per Napoli è in partenza un’ora dopo.

Renzi si rivolge agli uomini del Pd, a quelli di sinistra e anche «ai tanti ex democristiani» che in Sicilia restano una pattuglia dai numeri importanti, perchè affidare la scelta «ad una persona saggia è meglio che il voto nel buio». Salvini, che sostiene il candidato del centrodestra Nello Musumeci, resterà in Sicilia per l’ultima settimana di campagna elettorale. E lui: «Pur di non andare al Parlamento europeo...». Sui 5 Stelle: «A Roma oggi l’hashtag è mannaggia, mannaggia a quello che ho fatto».

I temi nazionali non entrano nel discorso fatto ai suoi, accanto a Micari. Ai giornalisti che lo incalzano, in un caos di microfoni, telecamere e taccuini, risponde con poche, misurate parole. L’addio del presidente del Senato Grasso al Pd? «Pieno rispetto per la decisione, e proprio per il rispetto che si deve alla figura istituzionale del presidente del Senato credo sia profondamente sbagliato mettersi a fare polemica. Ciò che è importante è il tema di merito posto da Grasso, ovvero la fiducia sulla legge elettorale. Io la penso come il presidente Gentiloni, come il capogruppo Zanda e come il capogruppo Rosato». Bankitalia: «Ciascuno rimane con le proprie idee, ma il fatto che si possa essere di opinioni diverse non cambia nulla al desiderio di lavorare insieme per il futuro del Paese. Io sono uno di quelli che non le manda a dire. Ho argomentato le mie idee, la scelta è stata diversa da come avrei auspicato ma oggi il rispetto istituzionale prevede che si faccia gli auguri di buon lavoro al governatore Visco e si chiuda qui». Ma ne parla di malavoglia: «Il Paese reale parla di cose di cui la politica non parla quasi mai - argomenta -. Oggi per esempio le persone normali discutono di una pronuncia della Corte di Cassazione sul fatto che i genitori devono andare a prendere gli studenti delle scuole medie negli istituti. Tutti siamo genitori e abbiamo figli, e tutto questo fa discutere più della Banca d’Italia. Il Pd ha scelto oggi di presentare una proposta emendativa di legge per eliminare questo vincolo assurdo». Poi il capo scorta lo prende sotto braccio e, tra un selfie e un altro, il leader Dem si infila nell’auto che attraversa via Etnea, il salotto buono di Catania, per raggiungere in fretta l’aeroporto. Tornerà prima del 5 novembre? «Vediamo, prima devo incontrare Obama».

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